TIMARCHIDES, 2° (v. vol. VII, p. 857)
Nella ricostruzione della famiglia di artisti cui appartiene anche T., 1° (v.), l'attività del nipote T., 2° è intrecciata a quella del cugino Polykles, 3°, che viene citato insieme a Timokles (v.) tra i protagonisti della rinascita della plastica in bronzo negli anni 156-153 a.C. (Plin., Nat. hist., XXXIV, 52 «revixit ars»). Subito dopo si pone il trasferimento a Elatea, nella Focide, dei tre giovani discendenti di Polikles, 1°. Nel Tempio di Asclepio di quella località, la statua barbata del dio era opera di T., 2° e del fratello Timokles (Paus., X, 34, 6). Nei dintorni di Elatea, il periegeta attribuisce agli stessi il simulacro di Atena Krànaia (Paus., X, 34, 7-8), della quale furono recuperati frammenti alla fine del secolo scorso: «sta come preparato a battaglia, e sullo scudo è lavorata la copia (μίμημα) di quanto vi è ad Atene sullo scudo di quella che gli Ateniesi chiamano la Parthènos». Ne risulta che i fratelli avevano unito elementi di due capolavori fidiaci, la Pròmachos e la Parthènos, in un esperimento eclettico che nobilitava il motivo precederitemente noto dalle monete di Elatea di un'Atena in assalto. A conferma e integrazione delle notizie di Pausania sulla presenza di questa bottega a Elatea, è venuta in luce nello stesso sito la base con la firma di Polykles, 3°. L'associazione di questo Polykles, 3° con T., 2° viene comprovata dall'epigrafe ateniese che li affianca quali magistrati monetali nel 148/147 a.C. Dopo il 146 si pone la statua del pugile Agesarco, eseguita a Olimpia da T., 2° con Timokles.
Seguendo le orme di Timarchides, 1°, i figli Polykles, 3° e Dionysios si trasferirono a Roma, dove realizzarono per Quinto Cecilio Metello Macedonico un'altra immagine della dea nel medesimo Tempio di Giunone Regina, dove già si trovava il capolavoro del padre, e la statua di culto di Giove Statore nell'edificio adiacente: i lavori non si protrassero oltre il 131, quando Metello ricoprì la censura. Di ritorno in Grecia, Dionysios lavorò con T., 2° a Delo, per la statua colossale di C. Ofellio Fero, la cui famiglia si era trasferita nell'isola dopo il 130 a.C.
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