8 1/2
(Italia/Francia 1962, 1963, bianco e nero, 138m); regia: Federico Fellini; produzione: Angelo Rizzoli per Cineriz/Francinex; soggetto: Ennio Flaiano, Federico Fellini; sceneggiatura: Tullio Pinelli, Brunello Rondi, Ennio Flaiano, Federico Fellini; fotografia: Gianni Di Venanzo; montaggio: Leo Catozzo; scenografia e costumi: Piero Gherardi; musica: Nino Rota.
Guido Anselmi è un regista cinematografico con prove di successo alle spalle, ma ora è alle prese con una crisi d'ispirazione che tiene in stato di stallo il suo prossimo film e rende ansioso il produttore. Presso la stazione termale in cui Guido consuma la propria afasia, lo raggiunge Carla, amante formosa e premurosa. Non è l'unica donna nella vita del regista. Compare a sorpresa anche Luisa, la moglie ormai affaticata dalla vaghezza del marito e dal logorio del loro matrimonio. È poi la volta della bellissima Claudia, un'attrice che Guido ha idealizzato come una sorta di musa. Mentre la lavorazione del film continua a non ingranare, attorno a Guido gravita una varia umanità che comprende critici, tecnici, cardinali, sensitivi… La noia quotidiana è ravvivata dall'affiorare improvviso, dolce o angoscioso, dei ricordi e delle allucinazioni che formicolano nella mente del regista: filastrocche d'infanzia, il rigore del collegio cattolico, la selvaggia Saraghina che sulla spiaggia incendia i desideri erotici, un harem in cui Guido può fare il gallo incontrastato, l'incontro in un cimitero con i genitori defunti... La produzione, spossata, organizza una conferenza stampa: il regista, in preda al panico, si rifugia sotto un tavolo ed estrae una pistola. Si sente uno sparo, tutto sembra perduto. All'alba i personaggi si ritrovano attorno a un'astronave costruita per il film da realizzare e, incalzati da Guido, danno vita a un girotondo a passo di marcetta.
Considerato alla stregua di quei capolavori della letteratura contemporanea in cui la difficoltà di trovare un linguaggio e il senso dell'arte diventano l'oggetto stesso dell'opera, 81/2 figura spesso al primo posto tra i film più amati dai fan di Federico Fellini. Poco dopo la sua apparizione, è diventato uno dei più solidi miti del cinema d'autore, il testo di maggiore trasparenza sulla latente autoriflessività del linguaggio cinematografico (sulla quale si concentrarono da subito le attenzioni della semiologia). È anche il film che segna una sorta di zenit creativo del rapporto tra il regista e il gruppo di collaboratori che aveva selezionato nel corso della sua carriera. Il più dotato tra gli operatori del cinema italiano del dopoguerra (Gianni Di Venanzo) porta a un radicalismo sperimentale e a una liquida fluidità il dinamismo della macchina da presa e la modulazione di luminosità degli sfondi e dei contrasti di luce in primo piano (caratteristici della sua tecnica); il costumista e scenografo Piero Gherardi mette al servizio dell'inquadratura una sorprendente estenuazione grafica di ambienti e abiti (questi ultimi variazioni continue, in bianco e nero, dello stesso modello per ciascun personaggio); l'autore delle musiche, Nino Rota, compone temi che diverranno una sorta di inno destinato a contrassegnare l'immaginario felliniano; e i collaboratori alla sceneggiatura (Flaiano, Pinelli, Rondi) attingendo al plurilinguismo e al flusso di coscienza caratteristici della letteratura d'avanguardia del Novecento, ripropongono sul grande schermo l'esperienza di quella analisi infinita della soggettività tipica della modernità, senza mai stravolgere completamente il realismo di un racconto gremito di memorabili caratteri e apparizioni. 8 1/2 non è solo un teorema impeccabile sul caos creativo e materiale che contrassegna l'avvio delle riprese di un film, ma anche la documentazione rivelatrice del periodo di incubazione che dà vita alla sua ideazione. L'autore "mostra che un regista è prima di tutto un tizio che dalla mattina alla sera viene seccato da un mare di gente che gli pone domande alle quali non sa, non vuole o non può rispondere", scrisse Truffaut; ma ci racconta anche come, nell'impossibilità di mettere ordine nel "delirio senza senso e senza scopo" della propria vita, l'unica possibilità sia di partecipare a questo "fantastico balletto cercando soltanto di intuirne il ritmo" (sono parole dello stesso Fellini).
La recente riscoperta, grazie a materiale fotografico inedito, di un finale diverso da quello attuale, che riprendeva fedelmente la conclusione della sceneggiatura (tutti i personaggi in un treno, in un viaggio spettrale verso un indefinibile aldilà), lascia intuire fino a che punto dietro l'invenzione estetica del regista in difficoltà si agitasse il pozzo buio di una crisi profonda, riscattata dalla malinconia lunare e circense del finale come dall'improvviso virtuosismo di un autentico acrobata del proprio inconscio. È una festa struggente al termine di un'esplorazione di sé tanto spietata quanto favolosa, condotta con un sentimento misto di stupore e rimpianto, avida contemplazione e oscuro senso di disfatta. Il soprassalto dell'infanzia, l'accavallarsi degli affetti, la paura della propria impotenza creativa e sentimentale e l'ombra della fine scandiscono con una libertà sconosciuta questo resoconto multiforme e torrenziale in cui un regista, che non sa quale film farà, si riprende con la macchina da presa, facendolo. È anche una delle poche convincenti realizzazioni della massima utopia del cinema moderno: che si possa fare un film solo trasmettendo passo passo la curiosità, il disincanto, la solitudine, l'ironia di un personaggio che dice: "io".
Interpreti e personaggi: Marcello Mastroianni (Guido Anselmi), Claudia Cardinale (Claudia), Anouk Aimée (Luisa Anselmi), Sandra Milo (Carla), Rossella Falk (Rossella), Barbara Steele (Gloria Morin), Guido Alberti (Pace), Madeleine Lebeau (attrice), Jean Rougeul (Fabrizio Carini), Caterina Boratto (la signora delle Terme), Annibale Ninchi (padre di Guido), Giuditta Rissone (madre di Guido), Mario Pisu (Mozzabotta), Jacqueline Bonbon (ballerina), Ian Dallas (Maurice), Tito Masini (cardinale), Edra Gale (Saraghina), Rossella Como, Polidor.
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Sceneggiatura: in '8 1/2' di Federico Fellini, a cura di C. Cederna, Bologna 1963.