A Clockwork Orange
(GB 1971, Arancia meccanica, colore, 136m); regia: Stanley Kubrick; produzione: Stanley Kubrick per Warner Bros./Hawk/Polaris; soggetto: dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess; sceneggiatura: Stanley Kubrick; fotografia: John Alcott; montaggio: Bill Butler; scenografia: John Barry; costumi: Milena Canonero; musica: Walter Carlos.
Londra, futuro davvero karasciò. Alex è un giovanotto, accompagnato dai drughi Dim, Georgie e Pete di cui è il leader indiscusso, dato che col gulliver che si ritrova ne pensa sempre una più del diavolo, soprattutto quando si tratta di organizzare una bella nottata di ultraviolenza. Stasera, ad esempio, si beve un po' di lattepiù al Korova Milk Bar, poi si bastona ben bene un malenco barbone, con Billyboy e i suoi boys ci si pesta a dovere, una corsa a luci spente sulla Durango 95, e infine una visita alla casa dolce casa di uno scrittore, per gonfiarlo di rucchi e fare un po' di dolce su e giù alla sua devotchka. Right? Right. Per il resto, Alex vive con Mà e Pà nel casamento municipale 18 A, Zona Nord, e nella sua cameretta si riposa slusciando la Nona Sinfonia dell'amato Ludwig van. Ma la rivolta serpeggia: una brutta notte Alex ammazza una ricca ptitsa, e i suoi drughi lo lasciano solo a vedersela con la polizia. Alex viene condannato a 14 anni, nella Staja 84-F. Ma il nuovo governo vuole svuotare le carceri dai criminali comuni, per far posto ai prigionieri politici. Bisogna estirpare definitivamente il male insito nell'individuo, e pare che il trattamento Ludovico ottenga risultati sorprendenti. Alex si porta volontario, malgrado il parere del cappellano, che gavotta di libero arbitrio. Durante il trattamento, Alex ‒ imbottito di farmaci ‒ viene sottoposto a un bombardamento di immagini ultraviolente, accompagnate dalla Nona di Ludwig van. Il risultato è stupefacente: un solo pensiero cattivo, e Alex si ritrova in preda a terribile nausea. Purtroppo, d'ora in poi anche le note di Ludwig van provocano impulsi suicidi. Comunque, ora Alex è buono buono, e libero. Ma fuori tutto è cambiato: Mà e Pà non lo vogliono più in casa, il barbone e i suoi compari lo conciano per le feste, Dim e Georgie sono diventati poliziotti e ora l'ultraviolenza la esercitano legalmente. Intontito di botte, Alex cerca rifugio in una casa dolce casa. Dato che il gulliver funziona a rilento, non capisce che è finito proprio nella casa dello scrittore dissidente: la moglie è morta, lui è sulla sedia a rotelle, e coglie l'occasione per mettere in crisi il governo vendicandosi: fa ascoltare ad Alex un po' di Nona a tutto volume, e il nostro si tuffa dalla finestra. Quando si risveglia all'ospedale tutto ingessato, Mà e Pà sono lì a ueueare scusa, il Ministro degli Interni ha già predisposto il ripristino del libero arbitrio e ha pronto un lavoro in cui Alex potrà sfoggiare le risorse del suo gulliver. Mentre rimbombano le note del caro ritrovato Ludwig van, il futuro si presenta nuovamente radioso e karasciò, tutto un dolce su e giù ultraviolento. Col beneplacito del governo.
Girato subito dopo il monumentale 2001: A Space Odyssey, il film di Stanley Kubrick può sembrare l'esatto rovescio dell'opera precedente. 2001 comportò infiniti rimaneggiamenti di sceneggiatura, la lavorazione in teatro di posa si protrasse per un anno e mezzo e il film costò dieci milioni di dollari; A Clockwork Orange fu realizzato a costi ridotti, girando quasi interamente in ambienti reali e usando come sceneggiatura lo stesso romanzo di Anthony Burgess, sulla cui base regista e attori davano libero corso all'improvvisazione. Tanto il futuro di 2001 assumeva le sembianze di una tecnologia asettica e disumanizzata proiettata nel cosmo, tanto l'avvenire piccolo borghese dell'Inghilterra di A Clockwork Orange promette solo fatiscenti periferie metropolitane, tra ascensori rotti, graffiti osceni, barbarie di ogni sorta. La scimmia preistorica, divenuta feto astrale alla fine di 2001, non sfocia nel superuomo, ma regredisce fino a ritrovare le proprie origini, neonato bestiale 'senza legge' (A-lex). E se 2001 era quasi privo di dialoghi, A Clockwork Orange è sommerso dalla spettacolare logorrea di Alex, che con il suo 'nadsat' (un misto di neologismi, inglese cockney, russo, espressioni forbite e scatologia infantile) raddoppia e al contempo raffredda ironicamente l'azione, prefigurando il sardonico narratore di Barry Lyndon (1975) e dando al film la grottesca tonalità di una satira (o "fiaba", come lo stesso Kubrick amò definirlo) memore di Swift e di Voltaire. Tutto finisce in farsa, compresa la stessa violenza, che malgrado la sua distanziata coreografia non mancò di destare uno scandalo senza precedenti, al punto da convincere il regista a interrompere la distribuzione inglese del film (che fu riproiettato sugli schermi solo dopo la sua morte).
Burgess stesso si pentì del successo del libro e del film, e rimproverò a Kubrick di non aver tenuto conto del capitolo finale, che in un incongruo moralismo vedeva Alex tornare nei ranghi della vita borghese. Il regista preferì invece mettere sullo stesso piano la violenza privata e la violenza di Stato, presentandole come il complice nodo su cui prospera e declina la nostra civiltà. Alex è al contempo un uomo libero e uno schiavo, una vittima e un carnefice, e lo spettatore non può che provare un'ambiguo sentimento di simpatia/repulsione per il protagonista. In un mondo di manichini, il suo allegro furore nichilista privo di vincoli morali non trova contraddittori degni di considerazione, e lo stesso cappellano ‒- il cui discorso sul libero arbitrio riflette le convinzioni di Kubrick ‒ è ridotto a una caricatura. Rifiutandosi ostinatamente di sciogliere l'aporia, privando lo spettatore di qualsiasi messaggio consolatorio, A Clockwork Orange è una straordinaria ‒ perché onesta ‒ riflessione cinematografica sulla violenza.
Il film assunse presto la dimensione del mito, grazie ai costumi (in particolare quelli di Alex e dei suoi drughi: bombetta, tuta bianca, anfibi, occhi finti e sanguinolenti a mo' di gemelli, bastone, maschere, finti nasi fallici e pinocchieschi), alle scenografie (il Korova Milk Bar, con le sue bianche statue di donne nude, il cui seno si offre all'avventore spillando niveo lattepiù), il montaggio pop-art e 'musicale', l'uso stravolto ‒ geniale contrappunto ‒ di brani di musica classica (Purcell, Rossini, Beethoven) e di musica leggera (Singin' in the Rain), le riprese che vedono susseguirsi lentissimi carrelli, rapidissimi zoom, ralenti, accelerazioni, obiettivi deformanti, cinepresa tenuta a mano (dallo stesso Kubrick), il tutto sotto l'algido bagliore di una fonte di luce quasi sempre in campo.
Interpreti e personaggi: Malcolm McDowell (Alex DeLarge), Patrick Magee (Mr. Alexander), Michael Bates (guardiano capo), Warren Clarke (Dim), John Clive (attore della prova di guarigione), Adrienne Corri (Mrs. Alexander), Carl Duering (Dr. Brodsky), Paul Farrell (vagabondo), Clive Francis (Joe, l'inquilino), Michael Gover (direttore del carcere), Miriam Karlin (donna dei gatti), James Marcus (Georgie), Michael Tarn (Pete), Richard Connaught (Billy boy), Aubrey Morris (Deltoid), Godfrey Quigley (cappellano del carcere), Sheila Raynor (madre di Alex), Madge Ryan (Dr. Branom), Anthony Sharp (ministro), Philip Stone (padre di Alex), Pauline Taylor (psichiatra).
P. Strick, Kubrick's Horrorshow, in "Sight & Sound", n. 1, winter 1971/72.
G. Gow, A Clockwork Orange, in "Films and Filming", n. 209, February 1972.
J. Burgess, A Clockwork Orange, in "Film Quarterly", n. 3, spring 1972.
R. Benayoun, Stanley Kubrick le libertaire, in "Positif", n. 139, juin 1972.
D. Daniels, A Clockwork Orange, in "Sight & Sound", n. 1, winter 1972/73.
G. Gambetti, A. Frezzato, E. Comuzio, L'arancia meccanica, in "Cineforum", n. 119, gennaio 1973.
G. Cremonini, Stanley Kubrick. 'Arancia meccanica', Torino 1996.
M. Ciment, Kubrick, Paris 1999 (trad. it. Milano 1999).
Sceneggiatura: S. Kubrick, 'A Clockwork Orange'. A Screenplay, London 1972.