A
- È la prima lettera dell'alfabeto romano e di quasi tutti gli altri. Essa deriva, come la maggior parte delle altre lettere, dal fenicio, attraverso il greco. Il nome che ha in greco, alpha (ἄλϕα), non è se non la trascrizione della parola fenicia alph "toro", con cui si crede venisse denominato il segno grafico per la sua somiglianza, nella scrittura fenicia, con una testa di toro , donde anche il nome che esso ha in ebraico (aleph) e in arabo (alif). La recente scoperta d'iscrizioni fenicie ancora più antiche di quelle finora conosciute (v. alfabeto), in cui la forma dell'a è alquanto diversa , ha reso meno sicura questa spiegazione del nome, ma essa rimane sempre la più verosimile. Dall'antica forma dell'A in fenicio derivano, oltre quelle del greco e degli alfabeti dipendenti da esso, quelle degli altri alfabeti semitici (l'aramaico, l'ebraico, il punico, l'etiopico, il siriaco, l'arabo), mediante un processo di semplificazione dei tratti, che corrisponde al carattere corsivo che la scrittura va assumendo durante il proprio sviluppo; si giunge alla forma più semplice, quella dell'alfabeto arabo, in cui l'A è rappresentata da un tratto verticale (∣). Nel fenicio, e così nelle altre lingue semitiche, la prima lettera non esprime un suono vocalico, bensì, come del resto tutte le altre lettere dell'alfabeto semitico, una consonante, la più lieve delle gutturali, corrispondente alla leggiera emissione di fiato che precede qualunque vocale in principio di parola (spirito dolce del greco), o in principio di sillaba preceduta da altra sillaba terminante in vocale (iato), o finalmente anche in fine di una sillaba con distacco netto. In tutti questi casi la lettera semitica si suole trascrivere col segno ' (p. es. ebraico bě 'ēr "pozzo", pronunziato bě-ēr). In processo di tempo, l'ortografia di varie scritture semitiche si è servita di questa consonante, che per la tenuità del suo suono tende a confondersi colla vocale che la segue, per indicare appunto una vocale, generalmente la ā lunga (così sempre nell'arabo), ma anche talvolta altre (così sporadicamente nell'ebraico e nel siriaco, normalmente nel neopunico, nei dialetti talmudici, nel mandeo). La A maiuscola dell'alfabeto latino, nei testi epigrafici degli ultimi tre secoli della Repubblica e nei primi dell'Impero, pur conservando pressoché intatti i suoi elementi costitutivi, appare tratteggiata in modi diversi, e cioè:
a) in forma capitale elegante (vedi n. 1-2), costituita cioè da tre o due aste eseguite con grande regolarità e talvolta ben rifinite;
b) in forma capitale rustica (n. 3), costituita da due sole aste (senza cioè il tratto mediano), leggermente incurvate, specialmente quella di destra, la quale termina con un leggiero ripiegamento della sua estremità inferiore;
c) in forma corsiva (n. 4), come nei graffiti murali, nelle tavolette cerate e in generale nelle iscrizioni a sgraffio o a pennello. Essa ha i suoi tratti irregolari e slegati, con quello di sinistra spesso fortemente ripiegato a destra o a sinistra.
Vi sono inoltre forme ed esecuzioni di A di tipo ibrido, che vengono definite semicorsive.
Queste varie forme passano nella scrittura latina del Medioevo: la corsiva quasi esclusivamente nei documenti, le altre quasi esclusivamente nei testi librarî.
Fra il III e il IV secolo d. C. si formano due nuove specie di A: l'onciale (n. 5) di tipo maiuscolo pei libri, la minuscola corsiva (n. 7) pei documenti.
La A onciale è di forma rotondeggiante ed eseguita in due tempi; la minuscola corsiva, simile a due c accostate, appare rimpiccolita nei suoi tratti e si presta a collegamenti, sia a sinistra che a destra.
Nelle scritture posteriori del Medioevo la A maiuscola restò in uso per le iniziali e le intitolazioni solenni, mentre la minuscola corsiva ebbe maggior fortuna e conservò pressoché immutate la sua forma ed i suoi elementi essenziali, pur modificandosi nel tratteggiamento e nell'esecuzione, come si vedrà raffrontandola nei testi semionciali (n. 6), merovingici (n. 8), insulari (n. 9), visigotici (n. 10), minuscoli precarolini dell'Italia settentrionale (n. 11), beneventani (n. 12), minuscoli (n. 13-14), gotici (n. 15) e umanistici (n. 16).
Fonetica. - Nella pronunzia della vocale a la lingua è in opposizione bassa, di riposo, l'apertura delle labbra è media.
In italiano le oscillazioni di timbro dell'a sono molto limitate, cosicché si parla di una sola vocale a. Invece altre lingue (francese, inglese, ecc.) distinguono abbastanza nettamente un'a anteriore (tendente ad e) e un'a posteriore (tendente ad o).
Si ha anche la vocale nasale corrispondente: p. es., quella che si ha nel francese chanter.
Nella lingua indoeuropea comune esistettero a breve ed a lunga (ă ed ā) che si sono di regola conservate nelle fasi antiche delle singole lingue. Però è da notare il passaggio di ă in o nelle lingue baltiche e nelle slave (paleoslavo vonja "odore, alito", che è da mettere in rapporto con il greco ἄνεμος "vento", latino animus), oltre ad alcune modificazioni che la vocale ha subìto nello svolgimento delle singole lingue quando si è trovata in determinate condizioni, ad es. nel latino; dove, per effetto dell'accento di intensità iniziale in sillaba atona, a volte è scomparsa (conicio da con-iacio), a volte si è mutata in e (in sillaba chiusa) ed in i (in sillaba aperta), p. es. factus: confectus, cano: cecini, e nell'antico alto tedesco, dove a partire dall'VIII secolo un'a si muta in e per azione metafonetica di i (kraft "forza", plur. krefti). Le modificazioni più notevoli di ā sono: il mutamento in ē (η) in una parte del dominio linguistico greco, cioè nel gruppo dialettale ionico-attico, mentre negli altri dialetti ā si è mantenuta (ion.-att. ϕηγός, dor. ϕᾱγός, lat. fāgus), e nell'attico stesso poi η così sorto è ridiventato ᾱ dopo ρ, ι, ε; il passaggio in ō nel germanico comune (got. brōpar, ant. alto ted. bruoder, ted. mod. bruder di contro all'ant. ind. bhrātar-, lat. frāter).
Nelle singole lingue ă ed ā sono pure sorte per trasformazione di altre vocali. In particolare: nell'antico indiano e nell'iranico si sono confuse in ă e ā tutte le vocali a, e, o, ā, ē, ō dell'indoeuropeo comune (ant. ind. dadárša, iran. dell'Avestā dādarəsa, greco δέδορκα; ant. ind. bháranti, iran. delle iscrizioni barantiy, greco ϕέρουσι, dor. ϕέρουτι, got. baírand). In germanico a è sorto già in un periodo assai antico da o in sillaba tonica (got. ahtau; ant. alto ted. ahto, ted. mod. acht, di contro a greco ὀκτώ, lat. octo); e lo stesso nel gruppo baltico (lit. asztůnì "otto").
Inoltre la vocale a è sorta dalla vocale irrazionale ə dell'indoeuropeo in tutte le lingue derivate, fatta eccezione del gruppo indoiranico dove si ha un i (greco πατήρ, lat. pater, got. fadar, ant. ind. pitár-; greco στατός, lat. status, ant. ind. sthitás). In antico indiano e in greco essa continua le nasali sonanti í í, le quali in latino sono continuate da em, en, e in germanico da um, un (così ant. ind. śatám, iran. satəm, greco ἑκατόν, lat. centum, got. hund; a-privativo nell'antico indiano, greco ἀ-, lat. in-, got. e ted. mod. un- risalgono a un í, il cui grado forte è ne: ant. ind. a-jñātas, greco ἄγνωτπος, lat. īgnōtus da *in-gnōtos; got. un-kunps). Infine il suono a si è sviluppato pure nella continuazione delle liquide sonanti, particolarmente in greco; ad es. greco καρδία "cuore", lat. cor, cordis.
La tonica latina, sia lunga sia breve, persiste nelle lingue e nei dialetti romanzi, salvo non molte alterazioni.
La più notevole è il mutamento di a in e che ha avuto luogo nell'a tonica francese in fine di sillaba: il latino tale ha dato tel, nasu(m) nez, cantare chanter, ecc. Non rare sono anche le alterazioni davanti ad l, davanti ad r, davanti o dopo palatale, per esempio alteru(m), milan. olter; largu(m), romagn. lèrg; jacet, fr. gist, gît.
Anche l'a atona resiste abbastanza bene. L'ha perduta il francese: lat. planta, fr. plante (pron. plant, conservando nella grafia e la traccia della fase intermedia, in cui si pronunziava come si pronuncia oggi nei monosillabi me, te, ecc.).
Numerazione. - In varî sistemi di numerazione orientale aleph equivale ad 1; così pure nella numerazione greca (α′ = 1, ˌα = 1000, αM = 10.000).
Musica. - Per i Tedeschi e per gl'Inglesi, che hanno conservato l'antica notazione musicale per mezzo delle lettere, A designa la sesta nota dell'ottava, cioè il la.
Astronomia. - Secondo il metodo del Bayer (1603) α (alfa) indica la stella principale di ogni costellazione; più tardi si adoperò a per designare la venticinquesima.
Filosofia. - A designa la proposizione universale affermativa, secondo la formula:
Asserit A, negat E, verum generaliter ambo;
Asserit I, negat O, sed particulariter ambo.
La formula A = A esprime il principio d'identità.
Simbolismo. - Come prima lettera dell'alfabeto simboleggia il principio; quindi nella formula alfa e omega (ἀ καὶ ὠ), unita ad omega (l'ultima lettera dell'alfabeto greco), indica la totalità (v. alfa e omega).
Calendario. - La lettera domenicale A indica gli anni che incominciano con una domenica (v. calendario).