ADALARDO, abate di Corbie
Figlio del conte Bernardo, il famoso fratello di Pipino il Breve, crebbe col fratello Wala alla corte francese, e fu educato coi cugini Carlo e Carlomanno. Ma, alla morte di quest'ultimo (772), scoppiarono dissensi gravi nella famiglia carolingia e i due figli di Bernardo, caduti in disgrazia di Carlomagno, dovettero ritirarsi nell'abbazia di Corbie. Negli anni seguenti, A. soggiornò a lungo, non sappiamo se volontariamente, a Montecassino; poi, ritornato a Corbie, la nascita principesca e le doti personali lo fecero eleggere abate. Riconciliatosi anzi con Carlomagno, ricomparve a Corte, e fu una figura eminente dell'accademia palatina, prendendo, nella corrispondenza con gli amici, lo pseudonimo di Antonio. Il re, apprezzandone la saggezza e l'abilità, lo inviò, nel 796, in Italia, come guida e ministro del figlio Pipino, dichiarato re d'Italia. E nelle mani dell'abate di Corbie rimase, al tempo di Pipino e poi di Bernardo, suo figlio e successore, il governo del regno. Con la caduta di Bernardo, caddero in disgrazia anche A., il fratello Wala e altri loro parenti, tutti esiliati. A. ricuperò poi il favore di Ludovico il Pio. Rientrato a Corbie nell'821, vi morì il 2 gennaio 826. Pochissimo sappiamo ed abbiamo della sua attività letteraria: solo qualche frammento di lettere e sermoni. L'opera sua principale, sull'amministrazione dell'impero carolingio, ci è nota attraverso l'analoga opera di Incmaro, che la sfruttò largamente.
Bibl.: Vita Adalardi, del suo scolaro Pascasio Radberto (in J. Mabillon, Acta SS. Ord. S. Ben., IV, pp. 1 e 308); Histoire litt. de la France, IV, pp. 484-490; M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur d. Mittelalters, I, Monaco 1911, pp. 344, 353, 407, ecc.; Schubert, Geschichte d. christlichen Kirche im Frühmittelalter, Tubinga 1921, p. 362.