ABBREVIAZIONE
(dal lat. abbreviatio; fr. abréviation; sp. abreviacion, abreviatura; ted. Abkürzung; ingl. abreviation).
Epigrafia. - Le parole che figurano nei testi epigrafici, non sono sempre scritte in tutte lettere: molte sono abbreviate. Questo uso, più ristretto nei tempi più antichi, anzi quasi nullo, andò in progresso di tempo accentuandosi; esso fu suggerito certamente dal desiderio di guadagnare spazio e tempo, in parte rispose al capriccio del lapicida. Il sistema nelle abbreviazioni più comune è quello di tralasciare una o più lettere di una parola fino ad eliminarle tutte meno la prima. Queste iniziali o gruppi di lettere furono dai Romani dette dapprima notae (Festo, p. 184), poi ebbero il nome di sigla (Giustino, Epist. ad antecess., 8; cfr. Cod. Iust., I, 17, 2, 22), denominazione che tuttora conservano. Le abbreviazioni limitate alla sola prima lettera di una parola sono molto comuni: notissima è quella che leggesi in testa a quasi tutte le iscrizioni sepolcrali romane D. M. S., che risolvesi D(is) M(anibus) S(acrum). Talvolta l'abbreviazione è indicata con una sbarra retta sulla lettera: &mis3;5, o con una sbarra ondulata: &mis3;3, o anche con una sbarra retta che taglia orizzontalmente la lettera: &mis3;2, ovvero obliquamente &mis3;4. È naturale che avvenga, con questo sistema semplicistico, che una stessa sigla sia adoperata a rappresentare parole diverse: così la sigla M, con le varianti indicate, fu usata come abbreviazione di molte parole, fra le quali le più comuni sono: M(anes), M(arcus), m(aritus), m(ater), m(aximus), m(emoria), m(enses), m(eritus), ecc. Questa diversità di significato di una stessa sigla costituisce una vera difficoltà nella lettura delle epigrafi, che non si supera se non con la pratica. La risoluzione delle sigle non è arbitraria: essa è dettata in primo luogo dal contesto, e per quasi tutte le sigle si ha la risoluzione sicura, quando le corrispondenti parole sono date per intero in qualche altro testo epigrafico. Un'altra forma di abbreviazione si ha indicando le sole due prime lettere di una parola (es. FEcerunt), oppure indicando, oltre la lettera iniziale, o le due o tre prime lettere, un'altra lettera a caso: DP = d(e)p(ositus), MANB = man(i)b(us).
La maggior parte delle abbreviazioni consiste in un gruppo di più lettere, che sono, generalmente le lettere iniziali della parola; come, ad esempio: CL, CLA, CLAUD, per significare Claudius o Claudia; PR, PRAE, PRAEF, per esprimere praefectus. Quando, poi, una parola, la cui abbreviazione al singolare termina con una consonante, deve indicarsi al plurale, si raddoppia la consonante tante volte quante sono le persone menzionate. Per esemplo: AUG = Augustus, AUGG - Augusti (duo); D • N = dominus noster, DDD • NNN = domini nostri (tres). Comunissima è la sigla COSS per indicare i due consules.
Un altro modo di abbreviare le parole è quello di sopprimere qualche elemento di una lettera per unirla ad un'altra e anche ad una terza per mezzo di un elemento comune. Si ottiene così un gruppo di lettere, legate fra loro, costituenti un nesso. I nessi erano già in uso nell'età repubblicana, in ispecie nelle monete (es. NT = nt, MB = mb). Il monogramma si distingue dal nesso, perché non fa parte di una parola, ma sta a sé. Risulta dall'intreccio o legamento delle lettere componenti una o più parole, o dalle sole iniziali, ed è di solito usato a significare i nomi proprî di persona. Quando fa parte di una frase, dicesi compendium scripturae (es. il monogramma costantiniano ☧ = Χριστός). L' ignoranza del sistema delle sigle e dei nessi può ingenerare confusione ed errori nella lettura delle epigrafi e deviare dalla retta interpretazione dei testi epigrafici. Grande confusione si ebbe nel Medioevo, quando ad esempio la sigla V•C (vir clarissimus) fu interpretata vicarius generalis; nota è la falsa lettura dell'iscrizione cristiana: AEL I O•M•XI cioè Aelio, m(ensium) (undecim), che si spiegò per: Aelio, martyri Christi.
Bibl.: Elenchi completi delle sigle epigrafiche latine disposte in ordine alfabetico possono consultarsi negli indici dei varî volumi del Corpus Inscriptionum Latinarum, e nelle appendici dei manuali di epigrafia latina (R. Cagnat, Cours d'épigraphie latine, 4ª ed., Parigi 1914; S. Ricci, Epigrafia latina, Milano 1898; F. Grossi-Gondi, Trattato di epigrafia cristiana, Roma 1920, ecc.).
Paleografia. - Si distinguono comunemente due grandi categorie di abbreviazioni o abbreviature:1. per troncamento; 2. per contrazione. Una parola si dice abbreviata per troncamento, se manca della lettera o delle lettere finali. Quando invece si scrive la sola lettera iniziale, si ha quel tipo particolare di troncamento che prende il nome di sigla. Dicesi abbreviatura per contrazione quella della parola di cui sono scritte la prima o le prime lettere e l'ultima o le ultime, e spesso anche una lettera o alcune lettere intermedie. Vi è, finalmente, un tipo di abbreviatura, che chiameremo intermedia, in quanto rappresenta un anello di congiunzione fra il troncamento e la contrazione: il troncamento sillabico.
Le abbreviature latine non sono forme capricciose e arbitrarie di singoli scrittori, ma l'applicazione di un sistema che era regolato da norme generali. Per le affinità della loro struttura e per il fatto stesso che i contemporanei le scioglievano rapidamente, si può esser certi che esse erano governate da principî convenzionali comuni. Il troncamento è la più antica forma di compendio: si trova fin dai primi testi epigrafici greci e latini. Dalle iscrizioni passò ai manoscritti e ai documenti. La contrazione invece si può considerare l'abbreviatura medievale per eccellenza. Essa deriva dalla scrittura tachigrafica romana, detta tironiana, formata di segni letterali, derivati da un forte sviluppo corsivo delle lettere dell'alfabeto latino. Sviluppatasi in questa scrittura, usata nell'ultimo periodo della repubblica e nel primo secolo dell'impero, la contrazione penetrò nella scrittura comune. I più antichi esempî di contrazione giunti a noi si trovano in codici giuridici del IV e del V secolo: qualcuno di essi potrebbe forse risalire anche al III. Mentre nei codici letterarî e nei codici tecnici non giuridici di tale periodo l'unica abbreviatura usata è il troncamento, nei codici giuridici si trovano compendî oltreché per troncamento, anche per contrazione, note tironiane, segni derivati dalle tironiane, cioè quel complesso di forme abbreviative che s'incontra nei manoscritti e nei documenti medievali. A tutto questo complesso di abbreviature si dà il nome di notae iuris: i più antichi saggi rimontano al sec. III, ma la loro origine sembra risalire al II. Molte abbreviature scomparvero ben presto dall'uso, alcune sopravvissero fino a epoca tarda.
Il Traube ritiene che l'origine della contrazione si ricolleghi ai nomina sacra, cioè ai nomi e appellativi di Dio, che nei testi biblici erano scritti compendiosamente, cioè abbreviati per contrazione, perché, come dice uno scrittore del sec. IX, nomen Dei non potest litteris explicari. I nomi sacri dei testi greci nel sec. IV erano quattro: ???ΘC??? (Θεός), ???IHC??? (‛Ιησοῦς), ???XPC??? (Χριστός), ???ΠNA??? (Πνεῦμα). Quando la Bibbia fu tradotta dal greco in latino, quei nomi sacri sarebbero passati nella scrittura latina e avrebbero d to luogo ai compendî: (???DS??? Deus), ???IHS??? (Jesus), ???XPS??? (Christus), ???SPS??? (Spiritus). Da questi primi nomi si sarebbero in séguito formate le contrazioni di tutti quei vocaboli che hanno significato sacro. Nel sec. V, infatti, comparirebbero i primi esempî dei compendî: ???DMS??? e ???DNS??? (dominus), ???SCS??? (sanctus); tra il V e il VI, ???CLRS??? (clericus), ???DIACS??? (diaconus), ???EPS??? (episcopus), ecc. Nel sec. VI, poi, s'incontrerebbero i primi compendî di- vocaboli profani foggiati alla maniera di quelli sacri: ???NI??? (nosiri), ???NO??? (nostro), ???NM??? (nostrum). La contrazione deriverebbe, secondo questa teoria, dai nomìna sacra, cioè da una tradizione cristiana orientale, passata alla latinità attraverso i testi greci nel sec. IV. Ma lo Schiaparelli ha dimostrato che in testi documentarî ed epigrafici greci, anteriori a quelli citati dal Traube, si trovano esempî di contrazioni usate per nomi varî. Essi rappresentano un principio abbreviativo più antico, che si sviluppa in maniera particolare nei testi biblici e acquista valore sacro. Nei testi latini, questo principio si trova già accolto nella tachigrafia antica, cioè fin dal sec. I, in testi epigrafici pagani e nelle tavolette cerate di Frisia (sec. I). Possono quindi chiamarsi nomi sacri solamente i quattro più antichi, ma non tutte le contrazioni.
L'imperatore Teodosio prima (348), e l'imperatore Giustiniano dopo (530 e 533), vietano l'uso di siffatti compendî e specialmente delle note giuridiche. Viene in tal modo limitato l'abuso che se ne faceva nei codici giuridici. Infaiti, tra il VI e il VII secolo, le notae appaiono quasi dappertutto notevolmente diminuite e conseguentemente di uso incerto e limitato. Più vive e vitali si conservano nelle sole scuole scrittorie delle isole britanniche, nelle quali il sistema abbreviativo era la continuazione e in parte lo sviluppo di quello delle note giuridiche. Una vera rinascita dello studio e dell'uso delle note tironiane e giuridiche, e quindi della Contrazione, si ebbe tra l'VIII e il IX secolo. Rimontano precisamente a questo periodo raccolte e compendî di notae. Notevole influenza esercitò nel continente il sistema abbreviativo irlandese-anglosassone, anche nei luoghi in cui le scritture insulari non avevano esercitato alcun influsso. La rinascita incominciò lentamente, e andò sempre più intensificandosi fra il X e l'XI secolo, quando i compendî si fecero sempre più frequenti e costanti, crescendo di numero e divenendo, al tempo stesso, più complicati e difficili. La decadenza del sistema abbreviativo medievale incomincia nel sec. XIV.
Il compendio è quasi sempre accompagnato da segni abbreviativi o da lettere che indicano la parte che manca alla parola. I segni abbreviativi sono: il punto, la lineetta dritta, ondulata, arricchita talvolta di svolazzi, orizzontale, verticale, oppure obliqua, e la letterina soprascritta. Quanto alla posizione, il punto è quasi sempre accanto all'ultima lettera del compendio, la lineetta può essere sopra, sotto o accanto all'ultima lettera. La letterina soprascritta, come segno abbreviativo, indica la soppressione di una o più lettere (p. es., r̄ō = ratio). Questi segni, o hanno valore generico, cioè indicano solamente che la parola è abbreviata, o hanno valore relativo, se convenzionalmente indicano quali lettere mancano nel compendio. La lineetta, p. es., a seconda della posizione che prende rispetto alla lettera p, dà luogo a scioglimenti diversi ed ha perciò valore relativo: &mis3;7 (= per, par, por); p̄ (= prae); &mis3;6 (= pro). Vi sono finalmente segni particolari con valore determinato (per esempio: &mis3;9 = et, ÷ = est). Essi sono convenzionali o derivati dalla tachigrafia antica.
Bibl.: A. Cappelli, Lexicon abbreviaturarum. Dizionario di abbreviature ecc. nel Medioevo, Milano 1912; A. Chassant, Dictionnaire des abréviations latines et françaises, ecc., Parigi 1877; Lindsay, Contraction in early Latin minuscule Mss., in St. Andrews University Pubblications, Oxford 1908; id., Notae latinae, Cambridge 1915; id., Ancient notae, in Classical Quarterly, XI (1917); Th. Mommsen, Notarum laterculi, in Keil, Grammatici latini, Lipsia 1864, IV; Paoli, Le abbreviature nella paleografia latina del Medioevo, Firenze 1891; L. Schiaparelli, Segni tachigrafici nelle notae iuris, in Archivio storico italiano, LXXII (1914), id., Le notae iuris e il sistema delle abbreviature latine medievali, ivi, LXXIII (1915); id., Intorno all'origine e ad alcuni caratteri della scrittura e del sistema abbreviativo irlandese, ivi, LXXIV (1916); id., Avviamento allo studio delle abbreviature latine nel Medioevo, Firenze 1925; L. Traube, Nomina sacra, in Quellen und Untersuchungen zur lateinischen Philologie des Mittelalters, Monaco 1907.
Musica. - In tutte le epoche la necessità di indicare con brevi e compendiosi segni un passaggio di note, un movimento ritmico, un colorito, ha suggerito ai maestri di musica il ripiego dell'abbreviazione. Questa ha dunque importanza notevole nello sviluppo della notazione musicale. Nella scrittura musicale antica, assai parca di segni complementari, le abbreviazioni non abbondano. Possono però essere considerate tali, nella notazione che fiorì nei primi secoli del Medioevo e che venne detta neumatica, le legature di due o più suoni che vengono segnate con brevi tratti di penna. Così la clivis, il podatus, il torculus, il porrectus, ecc., dando, con poche, rapide linee l'immagine della legatura che deve essere eseguita, possono legittimamente entrare nella categoria delle abbreviazioni; e ugualmente possono entrarvi i segni di abbellimento usati nella scrittura stessa, e che rispondono ai nomi di quilisma, oriscus, pressus, ecc., come anche quelli che riproducono i suoni liquescenti, quali il cephalicus, l'ancus, ecc. Assai maggiore significazione di abbreviatura hanno poi, nella notazione neumatica, le lettere dette romaniche o romaniane (c., t., a., m., ecc.), le quali, poste sui segni neumatici, stanno a indicare variazioni di movimenti, di coloriti, di sonorità, e rappresentano, in iscorcio, le parole celeriter, trahendo, altius, mediocriter, ecc. E sono ugualmente segni di abbreviazione gli episema romaniani, che, collocati in forma di piccole linee orizzontali e verticali sulle note della scrittura stessa, servono a indicare particolari effetti di "ritardando"; e anche la mora vocis, la quale, nelle edizioni benedettine di Solesmes, indica, con l'applicazione di un semplice punto, il raddoppiare del valore di una n0ta (v. notazione e abbellimento).
Nella scrittura quadrata, succeduta alla neumatica, le abbreviazioni sono pure poche, e consistono principalmente, come nella precedente scrittura, nelle legature, le quali prendono proporzioni e forme assai complesse. Possono, però, esser poste tra le abbreviazioni di quella scrittura i segni di misura, che (come le due o tre lineette occupanti due o tre spazî del rigo, il circolo, il semicircolo, il punto) indicano le misure perfette e imperfette della lunga, della breve e della semibreve. E con ancor maggiore diritto possono essere considerate come ingegnose abbreviazioni della scrittura quadrata le lettere NNP, NNI, NL, NLI, TP, TL, Q, O, ecc., le quali, essendo adoperate nella notazione musicale italiana del Trecento a indicare la misura, stanno a rappresentare le espressioni: modo perfetto e modo imperfetto della massima, modo perfetto e imperfetto della lunga, tempo perfetto e imperfetto della breve, misura quaternaria, misura ottonaria, ecc. E sono pure da citare, in quella scrittura, i segni del ritornello e della ripresa, i quali cominciano ad apparire allora insieme con le prime grandi forme del contrappunto.
Ma i segni di abbreviazione cominciano ad abbondare quando la scrittura quadrata cede definitivamente il posto alla scrittura rotonda, cioè quando, verso il 1600, albeggia la musica moderna. Allora si diffonde progressivamente l'uso d'indicare con segni speciali i varî effetti di colorito e i varî movimenti del tempo; e da tale uso sorge tutto un sistema di abbreviazioni che è, poi, quello ancora oggi accolto nelle moderne edizioni musicali. Una delle più notevoli tra tali abbreviazioni è quella del basso continuo, nella quale poche cifre poste sul basso strumentale stanno a rappresentare interi accordi. Insieme col basso continuo sono infine da ricordare, dopo il 1600, i segni degli abbellimenti, che con pochi tratti di penna vogliono rappresentare passaggi, talvolta lunghi, di note d'ornamento (v. abbellimento); e, poi, i molti e molti altri segni sorti per soddisfare alle varie esigenze dell'esecuzione moderna, e che hanno rapporto o con i diversi gradi di sonorità e di acutezza ai quali può giungere il suono, o coi procedimentí riguardanti i diversi modi di esecuzione, o con i coloriti, le sfumature, gli effetti varî che sono stati creati dalla moderna tecnica. Di tutti questi segni si trovano copiosi prospetti nelle grammatiche musicali e nei metodi di pianoforte; e da essi togliamo l'annesso prospetto riassuntivo.