GIĀMĪ, ‛Abd ar-raḥmān ibn Aḥmad
Poeta persiano, nato nel territorio di Giām presso Harāh nell'817 èg. (1412 d. C.), morto a Harāh nell'898 (1492).
La sua feconda produzione comprende un gruppo di poemi liriconarrativi, designati sotto il nome comprensivo di Haft Awrang (Le sette stelle dell'Orsa), o, in un gruppo dei soli ultimi cinque, Panǵ Ganǵ (I cinque tesori): essi sono Silsilat adh-dhahab (La catena d'oro; poema etico-didattico), Salamān u Absāl (ed. Falconer, Londra 1850, trad. ridotta Fitzgerald, Londra 1879; poema allegorico), Yūsuf u Zulaikhā (ed. e trad. tedesca di Rosenzweig, Vienna 1824; trad. francese di Bricteux, Parigi 1927; la storia di Giuseppe e della moglie di Putifarre, tema già verseggiato da Firdusi), Leilā u Maǵnūn (trad. Hartmann, Lipsia 1807; storia romanzesca d'amore). Tuḥfat al-aḥrār (Il dono fatto ai liberi, ed. Falconer, 1848) e Subḥat al-abrār (Il rosario dei pii): ambedue di contenuto miscellaneo, mistico, filosofico e gnomico; Khirad-nāmeh-i Sikandarī (Il libro sapienziale di Alessandro; episodî della leggenda orientale di Alessandro). Di Giāmī è inoltre il Bahāristān (Il verziere), raccolta di racconti e massime morali sul modello del Gulistān di Sa‛di (trad. Massé, Parigi 1925), le Nafaḥāt al-uns (Effluvî di amor divino; biografie di ṣūfī), e tre raccolte di liriche amorose e mistiche.
Per la sapiente e smagliante trattazione di temi come quelli di Giuseppe, di Alessandro, di Salamān e Absāl, cari all'epica narrativa e didattica d'Oriente, Giāmī è l'ultimo rappresentante della letteratura persiana classica.
Bibl.: La più ampia trattazione, con saggi del testo e traduzione, in E. G. Browne, A history of Persian Literature under Tartar Dominion, Cambridge 1920, pp. 507-548; inoltre H. Ethé, in Grundriss d. iranischen Philologie, II, pp. 305-307 e passim; I. Pizzi, Storia della poesia persiana, Torino 1894, II, pp. 328-395.