ABDIA (ebraico ‛Obhadhyāh; nei Settanta 'Οβδειού, "Οβδειού, ovvero 'Αβδειού, ecc.)
Profeta a cui è attribuito il più breve degli scritti raccolti nella collezione dei cosiddetti profeti minori, nella quale, secondo l'ordine del testo masoretico e della Vulgata, esso occupa il quarto posto (v. Bibbia).
Della persona dell'autore non si sa assolutamente nulla, quantunque il suo nome, portato da altri personaggi, appaia altre volte nella Bibbia. Il suo scritto comincia con le parole Visione di Abdia, senza fornire altre indicazioni; dai 21 versetti, di cui esso consta, non risulta chiaramente neppure l'epoca alla quale si possa far risalire lo scritto.
Il suo argomento è una predizione di vendetta divina contro il popolo degli Edomiti, il quale era stato sempre ostile al suo fratello Giacobbe (il popolo d'Israele), e aveva anche prestato man forte ai suoi nemici "gli stranieri [che] deportavano i suoi beni e i forestieri [che] penetravano entro le porte di lui" ed erano arbitri di Gerusalemme (verss. 10-11). Senonché "il giorno di Jahvè è vicino", e mentre gli Edomiti saranno in quel giorno come stoppia bruciata dal fuoco, il popolo di Giacobbe invece ritornerà in possesso dei territorî perduti (verss. 15 segg.). Si noti che il vers. 17 di A. è in parte contenuto anche in Gioele, III, 5 (Vulg., II, 32), come pure buon numero dei versetti di A. sono ripetuti alla lettera in Geremia, specialmente in XLIX, 7 segg.
Sull'unità ed epoca di questo breve scritto vi sono opinioni diverse fra gli studiosi moderni. Alcuni ritengono che esso tutto intero risalga ai tempi di Joram, re di Giuda (circa 850 a. C.), scorgendo nell'espugnazione di Gerusalemme descritta da A. la conquista che fecero di questa città gli Arabi e i Filistei ai tempi di Joram secondo il breve accenno di II Cronache, XXI, 16-17. Altri ritengono che nello scritto siano da distinguersi due parti: la prima (verss.1-9 [10]) risalirebbe oltre l'epoca della caduta di Gerusalemme per mano di Nabuchodonosor, la seconda (10 segg.) sarebbe un'aggiunta fatta alla prima per applicarne il contenuto a questo avvenimento. Altri infine, più numerosi, stimano che tutto lo scritto sia posteriore all'esilio di Babilonia, e non pochi vi scorgono delle piccole aggiunte o rimaneggiamenti.
Riguardo alle relazioni fra il testo di A. e quello di Geremia, sembra certo che la disposizione mostrata da A. sia più ordinata, più logica, e quindi anteriore al testo di Geremia, che perciò dipenderebbe da A. Non è, tuttavia, impossibile che ambedue abbiano attinto a una fonte più antica.
Nel vers. 20 è nominato il paese di Sefarad, come dimora dei prigionieri di Gerusalemme. Alcuni lo identificano con lo Šparda delle iscrizioni persiane, che sarebbe stato in Galazia o Bitinia; altri invece con Šaparda, che secondo le iscrizioni di Sargon si trovava nel stid-ovest della Media. È chiaro che, se una di queste due identificazioni fosse dimostrata, lo scritto di A. si riferirebbe ai tempi posteriori alla caduta di Gerusalemme per mano dei Caldei.
Bibl.: Oltre alle opere di carattere più generale (v. bibbia), cfr. Peters, Die Prophetie Obadja's untersucht und erklärt, Paderborn 1892; Condamin, L'unité d'Abdias in Revue Biblique, IX (1900), p. 261 segg.; Halévy, Le livre d'Obadia in Revue sémitique, XV (1907), p. 165 segg.; Van Hoonacker, Les Douze Petits Prophètes, Parigi 1908, p. 285 segg.; Theis, Die Weissagung Abdias, Treviri 1917; Lanchester, Obadiah and Jonah, Cambridge 1918.