Ferrara, Abel
Regista cinematografico statunitense, nato a New York il 19 luglio 1951. Nella sua opera, caratterizzata da un profondo senso di angoscia e disperazione, ricorre spesso, anche per l'influenza dello sceneggiatore Nicholas St. John, una forte componente religiosa nell'elaborazione dei temi della predestinazione, della colpa, della Grazia. I suoi film, dall'impianto visivo sempre sospeso tra la dimensione reale e quella onirica, lasciano affiorare l'atmosfera tragica all'interno della struttura del noir. Martin Scorsese, per un verso, e John Cassavetes, per un altro, risultano i due più importanti modelli di riferimento del suo cinema: il primo per il modo in cui il regista fa esplodere all'improvviso una violenza tenuta faticosamente repressa e per la sua impietosa analisi dei complessi rapporti tra i componenti di famiglie italoamericane; il secondo nella di-sposizione della messinscena in cui appare fondamentale il lavoro con attori 'costretti' continuamente a mettersi in gioco anche attraverso l'improvvisazione. Il suo nome è stato valorizzato dalla critica europea (soprattutto dai "Cahiers du cinéma") all'inizio degli anni Novanta in occasione dell'uscita di film come King of New York (1990) e Bad lieutenant (1992; Il cattivo tenente).
Di origini italo-irlandesi, cresciuto nel South Bronx, si trasferì all'età di 13 anni a Peekskill, sempre vicino a New York, dove, qualche anno dopo, conobbe St. John, un integralista cattolico che sarebbe divenuto sceneggiatore di tutti i suoi film fino al 1996. All'inizio degli anni Settanta realizzò alcuni cortometraggi in 16 mm, prima dell'oscuro esordio nel lungometraggio con Nine lives of a wet pussy (1977), hard-core a episodi (sette di dieci minuti ciascuno), la cui realizzazione F. ha successivamente sempre tenuta nascosta, alimentando dubbi sulla sua paternità. Con quest'opera comunque è iniziata la proficua e ininterrotta collaborazione con il musicista Joe Delia. Nell'horror Driller killer (1979) sono invece emersi il respiro angoscioso e l'esplorazione labirintica di New York che caratterizzeranno i suoi futuri film. È proprio la centralità della metropoli statunitense a fare da sfondo a Ms. 45, noto anche come Angel of vengeance (1981; L'angelo della vendetta), intenso noir urbano che recupera il ritmo dei b-movies e lo spirito astratto di Jean-Pierre Melville nel descrivere la vicenda di una giovane sarta muta che uccide il suo stupratore e decide di vendicarsi poi contro il genere maschile. La stessa ambientazione ha fatto da cornice a Fear city (1984; Paura su Manhattan), thriller notturno che esplora i bassifondi newyorkesi. A metà degli anni Ottanta ha lavorato per la televisione firmando nel 1984-85 due episodi della popolare serie Miami Vice, prodotta da Michael Mann, e in seguito The gladiator (1986) e Crime story (1986; Crime story ‒ Le strade della violenza). Ha diretto quindi China girl (1987), personale rivisitazione del Romeo and Juliet shakespeariano con coreografie ispirate a West side story (1961) di Robert Wise e Jerome Robbins, e Cat chaser (1989; Oltre ogni rischio), thriller tratto da un romanzo di E. Leonard, manipolato dalla produzione e abbandonato da F. durante il montaggio. L'opera che ha ulteriormente perfezionato il suo stile istintivo inconfondibile è King of New York, ritratto di un boss alla ricerca della propria redenzione, caratterizzato dai toni impressionisti della fotografia di Bojan Bazelli e dalle atmosfere da tardo noir anni Cinquanta alla Robert Aldrich e alla Samuel Fuller. Ancora più estremo è risultato il successivo Bad lieutenant, opera volontariamente sgradevole sulla figura di un tenente drogato che resta traumatizzato per aver assistito allo stupro di una suora. A partire da questo film F. ha cominciato a collaborare con il direttore della fotografia Ken Kelsch, con il quale ha costruito una struttura visiva dove le ossessioni cattoliche si materializzano in dirompenti visioni (come quella di Cristo in Bad lieuten-ant). Dopo la parentesi di Body snatchers (1993; Ultra-corpi ‒ L'invasione continua), remake di Invasion of the body snatchers (1956) di Don Siegel, e Snake eyes noto anche come Dangerous game (1993; Occhi di serpente), crudele e angosciante sperimentazione di 'cinema nel cinema' in cui viene progressivamente annullata la distanza tra il set e la realtà, ha realizzato The addiction (1996) e The funeral (1996; Fratelli), le sue opere più sofferte e intime. The addiction, sulla metamorfosi di una studentessa di filosofia morsa da una vampira, è un horror metropolitano decadente e brutale in cui il male sembra materializzarsi nel bianco e nero espressionista della fotografia di Kelsch. In The funeral, corale ritratto di una famiglia di mafiosi italoamericani all'epoca della Depressione, F. esaspera la dimensione tragica, alternando momenti di riconciliazione ed esplosioni di brutale violenza. Oltre ai ricorrenti motivi religiosi, The funeral affronta nella forma più compiuta i temi del male, della separazione e della morte, contrapponendo all'oscurità degli ambienti il pallore dei volti. Dopo la separazione da St. John, F. è stato autore di Love on the A train, episodio del film collettivo Subway stories: tales from the underground (1997; Subway stories ‒ Cronache metropolitane) e soprattutto di The blackout (1997; Blackout), film quasi 'fisico' nel rappresentare la dipendenza (dalla droga, dalla passionalità sentimentale) e la disperazione dei protagonisti, e New Rose Hotel (1998), tratto dal romanzo di W. Gibson, in cui vengono associate, intenzionalmente, musica e immagini al di fuori dei legami narrativi e moltiplicati i punti di vista dei protagonisti. Ha poi realizzato 'R Xmas (2001; Il nostro Natale), lucida variazione sul noir e altro esempio di disgregazione familiare con echi di quella travagliata onnipotenza che attraversa King of New York e Bad lieutenant.
Abel Ferrara, a cura di P. Bay, Roma 1997.
Abel Ferrara ‒ La tragedia oltre il noir, a cura di G.A. Nazzaro, Roma 1997.
S. Danese, Abel Ferrara. L'anarchico e il cattolico, Recco 1998.
A. Pezzotta, Abel Ferrara, Milano 1998.