Ferrara, Abel
Ferrara, Abel. – Regista statunitense di origine italiana (n. New York 1951). La sua irriducibile identità di cineasta ‘maledetto’ e ossessionato dai temi della redenzione e della perdizione si è venuta costruendo, nel solco del nuovo cinema americano e della sua vocazione indipendente dai film hollywoodiani, fin dagli anni Ottanta, innovando e sovvertendo i generi del gangster-movie e del melodramma urbano. Agli inizi del 21° secolo si è evidenziata la sua tensione religiosa, in un corpo a corpo con la convulsa corruzione e dissoluzione del mondo contemporaneo, in cui il denaro, il sesso e la droga appaiono a F. come un inferno da attraversare. Sono questi meandri infernali che vengono esplorati con sempre maggiore qualità allucinatoria da F. in film come R Xmass (2001; Il nostro Natale), in cui la ricorrenza religiosa, e i suoi sentimenti, vengono immersi in un interno familiare sui generis, una famiglia di spacciatori eroinomani. In Mary (2005) gli interrogativi sulla fede come sacrificio e atto d’amore si intrecciano con quelli sul cinema nelle vicende di un regista alle prese con un film che vuole indagare sul legame tra Cristo e la Maddalena, e dell'attrice che la interpreta e che viene spinta sui luoghi della passione, anche teatro di carneficine nel conflitto arabo-israeliano. Go-Go Tales (2007) si immerge nella notte torbida di un locale di lap-dance destinato alla chiusura, tra giochi d’azzardo, spettacoli erotici, intrighi malavitosi, che servono però a evidenziare la lotta disperata per dare un senso alla vita. In Napoli Napoli Napoli (2009) F., di origini campane, esplora il microcosmo di un ‘Bronx napoletano’, tra carcere e droga, emarginazione e battaglia quotidiana per la sopravvivenza, lavorando sia con attori professionisti sia con autentiche detenute tossicodipendenti di una prigione femminile, e contaminando il suo stile con un documentarismo aspro, coadiuvato dallo sceneggiatore-produttore G. Di Vaio, cresciuto in ambienti di malavita. In 4:44, last day on hearth (2011) immagina l’attesa di un’apocalisse in cui l’ultimo giorno dell’umanità è vissuto in un appartamento newyorkese, dove vivono una pittrice e un attore, e diventa l’occasione per fare i conti con la propria coscienza ma anche con la voglia di creare e amare fino all’ultimo istante, nel tripudio immaginifico e allucinatorio tipico dello stile del regista.