ABETE (fr. sapin; sp. abeto; ted. Tanne; ingl. fir)
Nome col quale s'indicano alcuni alberi della famiglia delle Pinacee, assai conosciuti per il loro legname che trova larghi e svariati usi? Furono certamente noti sino dalle epoche più remote, e i Romani consideravano il loro legno come ottimo, specialmente per la costruzione dei navigli, tanto che nei tronchi abbattuti distinguevano la parte inferiore senza nodi, chiamata sapinus, da quella superiore nodosa, detta fusterna. I Romani distinguevano poi anche un abete femmina, più grande e a frutti penduli, propriamente chiamato Abies, dall'altro detto maschio; corrispondenti a quelli che oggi chiamansi Abete rosso e Abete bianco.
La distinzione fra questi due abeti non è però sempre stata evidente, anche tra i botanici, e i nomi scientifici furono scambiati e così pure quelli volgari nei varî paesi. Linneo li collocava con altre Abietinee nel genere Pinus, e così si seguitò sin verso la metà del secolo decimonono; soltanto in epoca recente entrò nell'uso dei botanici di tenere distinti i due generi: Abies e Picea.
La nomenclatura e i caratteri riferentisi alle due specie nostrali di abete si possono così riassumere:
Abies alba Mill. (1768); Pinus picea L. (1753); Abies pectinata Lam. et DC. (1805). Volgarmente: abete, abete bianco. - Albero alto 30-40 m. (in casi eccezionali sino ad 80 m.), a corteccia giovane bianco-grigiastra e liscia, a rami e rametti orizzontali. Foglie a sezione ellittica, distiche, cioè disposte in due file e in un sol piano nei rami sterili, ovvero dirette verso l'alto nei rami fertili dell'apice della chioma; quando cadono, lasciano sul ramo una cicatrice rotonda, leggermente depressa. Strobili eretti, da giovani verdi, da maturi verde-bruni, formati di due ordini di squame, cioè di quelle che portano i semi (ovuligere), arrotondate e intere al margine, e di altre sterili (copritrici), sporgenti dalle prime con un'appendice triangolare, acuta. A maturità le squame si staccano dall'asse dello strobilo, e così i semi rimangono liberi per essere trasportati dal vento mediante l'ampia ala di cui sono forniti. L'asse rimane attaccato al ramo.
Picea excelsa Lk. (1841); Pinus Abies L. (1753). Volg.: abete rosso, abete di Moscovia o Germania, nei dial. sett. pézzo e simili. Albero alto sino a 50 m., a corteccia giovane rossastra e scabra per piccole scaglie caduche, a rami inclinati verso il basso e ramicelli pendenti. Foglie a sezione quadrangolare, dirette in ogni senso, che, quando cadono, lasciano sul ramo una cicatrice a forma di tubercolo. Strobili pendenti, da giovani di color rosso-vivo, da maturi rossastri, formati di un solo ordine di squame (ovuligere), dentellate (come rosicchiate) al margine in alto. A maturità le squame si divaricano per lasciar uscire i semi, ma non si staccano dall'asse dello strobilo. Quest'ultimo si stacca perciò dalla pianta tutt'intero.
L'abete rosso prevale da noi sulle Alpi tra i 1000 e 2000 m. di altitudine; sull'Appennino è scarso e soltanto coltivato; è poi molto diffuso nell'Europa centrale, in Scandinavia, in Russia e in Siberia, paesi dei quali siamo tributarî per l'importazione dei prodotti derivati da questa specie, cioè legname da lavoro, pasta da carta e cellulosa.
L'abete bianco trovasi tanto sulle Alpi quanto sull'Appennino, ordinariamente da 800 a 1800 m. di altitudine. Nell'Appennino sono rinomate le abetaie di Boscolungo, Vallombrosa, Camaldoli e Verna in Toscana; più a sud si trovano abetaie a Monte Castel Barone di Agnone e nei territorî di Pesco Pennataro e Pescolanciano nel Molise, l'abetaia di Ruoti in Basilicata e quelle della Sila e Serra S. Bruno in Calabria. Alcune sono di origine artificiale, cioè piantate dai monaci in vicinanza dei loro conventi, come a Vallombrosa, a Camaldoli e alla Verna. Anche sulle Madonie in Sicilia esiste l'abete, ma ora ridotto a pochi alberi. Nelle epoche passate doveva essere più diffuso nell'Appennino, e ciò risulta da varie constatazioni, quali il rinvenimento di tronchi semifossilizzati in località ove ora non si trova alcun abete vivente, e la presenza di alberi sporadici e vetusti, come in provincia d'Avellino, residui evidenti di abetaie dai nomi di località ricordanti l'abete in regioni ove tale pianta più non esiste; infine dal fatto che in vecchi edifici, come chiese, trovansi travi d'abete, e ciò in località fuori mano, senza viabilità, dove difficilmente quelle travi avrebbero potuto essere portate da lontano.
Tutto ciò, se sta a dimostrare l'effetto dell'inconsulto diboscamento e le mutate condizioni demografiche e climatiche del nostro Appennino, ci lascia pur tuttavia la speranza di potere ricostruire parecchie di quelle abetaie che furono distrutte.
Il legname delle due citate specie di abete ha qualità ed usi un po' differenti. Quello di abete rosso è più facile a lavorarsi, suscettibile di buona levigatura, con la quale assume una certa lucentezza, e ciò specialmente se l'accrescimento della pianta è lento, come avviene nei paesi freddi. Esso è quindi preferito per mobili, affissi, cornici, lavori torniti o incisi, ed ora trova poi larghissimo uso nella fabbricazione della pasta meccanica da carta e della cellulosa; serve anche per le scindule dei tetti e per doghe. Quello di abete bianco è più fibroso, più elastico, più difficile a lavorarsi e levigarsi, quindi trova miglior impiego per travature, navigli e casse d'imballaggio. Il legno di risonanza per la fabbricazione degli strumenti musicali, che deve avere anelli di accrescimento annuale di spessore uniforme, non superiore a mm.1-2 per i violini, 2-3 per violoncelli e 4-5 per contrabbassi, ricavasi unicamente dall'abete rosso e di poche località aventi speciali condizioni di clima e di altitudine.
La trementina degli abeti non è molto utilizzata; quella che si trae dall'abete rosso è conosciuta in commercio col nome di trementina di Borgogna; chiamasi invece trementina d'Alsazia o di Strasburgo quella dell'abete bianco. La trementina pura, detta gemma d'abete, serve per la fabbricazione di liquori.
Dall'Abies balsamea Mill. (Pinus balsamea L.) (Balsam Fir) del Canadà, Labrador e S. U. atlantici, ricavasi il ben noto "balsamo del Canadà", usato in microscopia e nell'ottica.
Oltre al legname dei due abeti nostrali, si adopera pure da noi quello di alcune specie esotiche, importato segnatamente dagli Stati Uniti e dal Canadà.
Le statistiche doganali riuniscono il legname di abete con quello di pino e altre Conifere sotto la voce "legname di resinose"; e, secondo il Carloni (Notizie periodiche di statistica forestale in Studi e notizie dell'Istituto di economia e statistica agraria Roma, gennaio-giugno 1926), nel periodo 1909-13, contro una media annuale di produzione interna di 400 migliaia di mc., se ne importarono 3100 migliaia, e nel periodo 1924-25 se ne produssero all'interno 800 migliaia e se ne importarono 4000 migliaia di mc. Siamo quindi tributarî dell'estero per una ingentissima quantità di tali legnami.
Nella importazione di legname resinoso tiene il primo posto quello di abete rosso, che ci viene segnatamente dall'Austria, Germania e Jugoslavia. Dagli Stati Uniti ci viene l'abete rosso americano (Oregon Fir, Red Fir, Douglas Fir) prodotto dalla Pseudotsuga taxifolia (Abies taxifolia, Pseudotsuga Douglasii), specie a rapido accrescimento, che sarà una risorsa anche per la nostra silvicoltura, come lasciano sperare gli esperimenti finora eseguiti.
Dagli Stati Uniti e dal Canadà si esporta il legname di varie specie di Picea, e cioè P. parryana (sin. P. pungens) (Blue Spruce, Silver Spruce), P. canadensis (sin. P. alba) (White Spruce), P. rubens (Red Spruce) e P. mariana (sin. P. nigra (Black Spruce, Swamp Spruce). Lo spruce è assai usato per la costruzione degli aeroplani; ma può essere anche sostituito dall'abete rosso o dal pino silvestre, purché cresciuti a forte altitudine o in paesi nordici, cioè con periodi vegetativi assai brevi. La Picea sitchensis (sin. P. Menziesii) (Sitka Spruce, Western Spruce), la cui area va dall'Alaska sino alla Contea di Mendocino in California, non può essere contemplata tra i legnami d'importazione europea; ma è spesso coltivata nell'Europa centro-occidentale, in clima marittimo, anche a scopo forestale, avendo un accrescimento più rapido dell'abete rosso, di cui ha le stesse qualità rispetto al legname. La Picea orientalis aligna nelle regioni montuose del Caucaso e del Tauro, specialmente nei versanti del Mar Nero, donde il legname è esportato col nome di abete rosso del Caucaso o abete d'Oriente.
La P. Morinda dell'Himālaya e dell'Afghānistān ha per noi soltanto interesse come pianta ornamentale.
Tra le specie esotiche appartenenti al genere Abies, si possono ricordare: A. cephalonica (volg. abete pungente) originario del M. Enos nell'isola di Cefalonia e dei monti della Grecia (var. Apollinis e var. Reginae Amaliae); A. nordmanniana (abete del Caucaso), che cresce nel Caucaso insieme con la Picea orientalis; A. cilicica dell'Asia Minore, ove cresce sui Monti Taurici e Caramani; A. numidica dell'Africa di NO. e della Cabilia. Sono tutte specie affini all'A. alba e da considerarsi quasi come razze geografiche di questo; da noi sono coltivati per ornamento e sono pure raccomandabili per scopo forestale, l'A. nordmanniana per il suo portamento più robusto, gli altri perché meglio adatti del nostro abete bianco a clima più asciutto, e perché possono crescere anche su terreno calcare ed in zona meno elevata.
Sono invece coltivati soltanto a scopo ornamentale: A. Pinsapo, oriundo delle montagne della provincia di Málaga in Spagna; A. concolor, della regione pacifica del Nord-America; A. grandis, della stessa regione, ma con area estesa sino all'Oregon e alla Columbia inglese; A. nobilis, originario della stessa regione; A. Vebbiana, dell'Himālaya ed Afghānistān; ed altre specie ancora.
Bibl.: S. Endlicher, Synopsis Coniferarum, Sangallo 1847; E. A. Carrière, Traité général des Conifères, Parigi 1855; J. Veitch, Manuale dei Coniferi, trad. dall'inglese, Milano 1882; L. Piccioli, Selvicoltura, Torino 1915.