ABISSO (dal gr. ἄβυσσος)
In morfologia terrestre si usa il nome di abissi per indicare cavità della superficie terrestre, subaerea o subacquea, di grande profondità e di non grande estensione orizzontale.
Tra le cavità subaeree tale nome è applicato p. es. a pozzi naturali e in generale a profonde cavità sotterranee, caratteristiche specialmente delle regioni carsiche, benché ciascuna di esse abbia in ogni lingua il suo nome particolare: così i pozzi sono chiamati aven nel carso francese (Causses), ponor in slavo, katavothra in greco, ecc.
Si tratta in generale di allargamenti, per opera delle acque solventi, delle fenditure verticali preesistenti sulle rocce calcari, e che permettono, con la successione di tratti verticali contigui, di penetrare fino a profondità di centinaia di metri sotto terra. Nella Venezia Giulia se ne contano numerosissimi, fra cui famosi quello di Trebiciano (329 m. di profondità) e l'Abisso Bertarelli presso Clana (450 m.); l'abisso più profondo finora esplorato è la "Spluga della Preta" nel Corno d'Aquilio presso Verona, esplorato fino a 520 m. nel 1926.
Tra le cavità subacquee furono, in italiano, chiamate abissi le cavità non solo più profonde, ma che, sulle comuni carte geografiche marine, appaiono limitate entro un'area molto ristretta, generalmente di forma allungata, e che comunemente sono dette anche fosse (franc. fosse; ted. Tiefe; ingl. deep).
Tale la lunga Fossa del Tuscarora lungo le isole del Giappone, dove la massima profondità finora misurata (1926, dalla nave giapponese Manciù) fu di 9435 m., le Fosse delle Tonga e delle isole Kermadee, di 9184 e 9427 m. (nave ingl. Penguin, nel 1895), la Fossa delle Marianne, di 9636 m., presso l'isola di Guam (nave americana Nero), Fossa detta del Planet presso l'isola Bougainville e Fossa delle Filippine, di 9148 e 9788 m. (nave tedesca Planet nel 1912). In quest'ultima furono però recentemente (1927) misurati dalla nave tedesca Emden abissi di 10.290 e 10.793 m. con scandaglio acustico (Echolot).
Le denominazioni di abisso o di fondo abissale, secondo la recente proposta italiana al Bureau hydrographique international, appaiono però non rispondenti al carattere della forma, perché si tratta sempre di cavità a versanti molto dolci, che solo per la piccolezza delle scale orizzontali appaiono nelle carte come solchi a pareti ripidissime.
Bibl.: Martel, Les abîmes, Parigi 1894; Almagià, Nuove conoscenze sulla batimetria degli oceani in Riv. geogr. ital., 1927, p. 235.