Abisso
Il termine a. (gr. ἄβυσσοϚ; lat. abyssus) rivestì nel Medioevo essenzialmente due significati. Da un lato indicò la profondità delle acque, la tehōm biblica, che rappresenta lo stato primordiale del mondo (Gn. 1, 2; Sal. 103, 6), dalla cui scissione (Gn. 1, 6-7) deriverebbero l'a. superiore, riserva delle piogge e della rugiada, e l'a. inferiore che circonda la terra alimentandone i corsi d'acqua (Gn. 7, 11; Dt. 8, 7; Ez. 31, 4). Dall'altro lato indicò la profondità della terra, il pozzo senza fondo che l'Antico Testamento chiama bôr (Sal. 27, 1; 29, 4; 87, 4-6; Is. 14, 15; 24, 22) e che il Nuovo usa come metafora ora dell'oltretomba in generale (Rm. 10, 7), ora del castigo riservato a Satana (Ap. 20, 1-3), ora direttamente dell'inferno (Lc. 8, 31). Che si tratti di due concetti distinti è costantemente ribadito dall'esegesi patristica, che equipara l'a. primigenio al caos della filosofia greca (Agostino, De Gen. ad litt., IV, 12) o alla congerie dei quattro elementi (Agostino, De Gen. ad litt., IV, 18; Abelardo, Exp. in Hex.) o al solo elemento dell'acqua (Thierry di Chartres, in Zahlten, 1979, p. 132), ma ne esclude - se si eccettua il solo Origene (Hom. in Gen., I, 1) - l'identificazione con l'inferno perché il male non può essere stato creato da Dio, che è bontà assoluta (Giovanni Crisostomo, De mundi creat. I).
La medesima distinzione si riflette nell'iconografia. L'a. di Gn. 1, 2 - quando non si presenta in forma di semplice distesa d'acqua come nel caso della c.d. 'recensione Cotton' o della maggioranza degli ottateuchi (Roma, BAV, gr. 746 e gr. 747; Firenze, Laur., Plut. 5. 38; Athos, Vatopedi, 602 e il distrutto Cod. A I della Scuola Evangelica di Smirne) - assume le sembianze dell'oceano tardoantico: una testa o un mascherone senile sullo sfondo di un paesaggio acquatico. Questa assimilazione - del tutto consequenziale dal momento che l'oceano nel pensiero classico era anch'esso associato alle origini dell'universo e concepito come un gigantesco fiume che circondava la terra - rimonta con ogni probabilità agli albori dell'iconografia cristiana, sebbene gli esempi pervenuti non siano anteriori all'11° secolo. Decisamente accentuate in senso grottesco sono le immagini delle bibbie spagnole di Ripoll (Roma, BAV, lat. 5729) e di Roda (Parigi, BN, lat. 6), l'una corredata dalla legenda "abyssus retinens in se cuncta creata" e l'altra da ritenersi una delle prime applicazioni all'a. della teoria dei quattro elementi. La tipologia più diffusa dell'a.-oceano è però quella di provenienza o di desunzione bizantina attestata dal paliotto eburneo di Berlino (Staatl. Mus., Pr. Kulturbesitz), dall'Ottateuco di Istanbul (Topkapı Sarayi Müz., 8) e dal pannello musivo del duomo di Monreale. Fuori dal contesto della creazione, l'a. è invece più genericamente personificato come un'immagine virile nuda e a figura intera. È il caso dell'illustrazione del Cantico di Mosè (Es. 15, 5) nei salteri bizantini c.d. aristocratici di età macedone (Cutler, 1984), dove βύθοϚ trascina sott'acqua il faraone, e di quella del Cantico di Abacuc (Ab. 3, 10) nel Salterio carolingio di Utrecht (Bibl. der Rijksuniv., 32, c. 85v), la prima personificazione dell'a. tramandata dal Medioevo occidentale, cui fece seguito dopo più di cent'anni quella ottoniana dei Vangeli di Liuthar (Aquisgrana, Domschatzkammer, senza segnatura, c. 164r). La rappresentazione dell'a. come baratro, che nel Salterio di Utrecht (c. 20v, in rapporto a Sal. 35, 6) allude ancora alla profondità delle acque, significa già la dimora ultraterrena nella miniatura che accompagna la voce abyssus in un manoscritto del De universo di Rabano Mauro (Montecassino, Bibl., 132, p. 278). L'a. apocalittico può anch'esso configurarsi come voragine o pozzo, ma la sua forma più tipica è quella di una grande cavità circolare, quale si riscontra per es. negli affreschi del battistero di Novara o in alcuni manoscritti del Commento di Beato all'Apocalisse (tra cui New York, Pierp. Morgan Lib., M. 644, c. 140v) o nel Liber floridus di Lambert de Saint-Omer (Gand, Bibl. van de Rijksuniv., 92, c. 88v). Quando infine coincide concettualmente con l'ade o l'inferno, l'a. ne assume anche i connotati iconografici. È però interessante constatare come una delle immagini infernali ricorrenti nell'Alto Medioevo anglosassone - la protome belluina dalle fauci spalancate che compare fra gli altri nel c.d. 'Genesi di Caedmon' (Oxford, Bodl. Lib., Junius Ms. 11, p. 3) - derivi dal Leviatano, che è appunto il mostro dell'abisso.
Bibliografia
Fonti:
Origene, Homiliae in Genesim, in PG, XII, coll. 145-161;
Agostino di Ippona, De Genesi ad litteram, IV, 11-18, in PL, XXXIV, coll. 224-227;
Basilio di Cesarea, In Hexaemeron II, 4, in PG, XXIX, coll. 36-37;
Gregorio da Nissa, In Hexaemeron, ivi, XLIV, col. 81;
Giovanni Crisostomo, De mundi creatione, I, ivi, LVI, coll. 434-435;
Isidoro di Siviglia, Etymologiae, XIII, 20, in PL, LXXXII, col. 489;
Beda, In Hexaemeron, I, ivi, XCI, coll. 14-16;
Rabano Mauro, De universo, XI, 6, ivi, CXI, coll. 314-315;
Alcuino, Epistola CLXIII, ivi, C, coll. 423-424;
Pietro Abelardo, Expositio in Hexaemeron, ivi, CLXXVIII, col. 735;
Filippo di Harveng, Epistola I, ivi, CCIII, col. 9.
Letteratura critica:
F. Saxl, Illustrated mediaeval encyclopaedias. The classical heritage, in Lectures, London 1957, I, pp. 228-241;
M. E. Boismard, s.v. Acqua, in Dizionario di teologia biblica, a cura di X. Leon-Dufour, Torino 1971, coll. 7-9;
S. Dufrenne, Les illustrations du Psautier d'Utrecht. Sources et apport carolingien, Paris s.d. [1975?], p. 76 e n. 41;
J.L. McKenzie, s.v. Abisso, in Dizionario biblico, Assisi 1975, p. 19;
J. Zahlten, Creatio mundi. Darstellungen der sechs Schöpfungstage und naturwissenschaftliches Weltbild im Mittelalter (Stuttgärter Beitrage zur Geschichte und Politik, 13), Stuttgart 1979, pp. 131-132;
R.E. Sherman, Observations on the Genesis iconography of the Ripoll Bible, Rutgers Art Review 2, 1981, pp. 1-12: n. 10;
A. Cutler, The aristocratic psalters in Byzantium, Paris 1984, figg. 107, 253, 285.