ABLAZIONE
(lat. ablatio, da aufero "porto via"; fr. ablation; sp. ablación; ted. Abspülung, Abtragung, Ablation; ingl. ablation).
I. Termine di geografia fisica, che indica il processo di rimozione del materiale disgregato del terreno per opera degli agenti esterni.
Così, nell'azione meccanica esercitata dall'acqua che scorre sul suolo (v. erosione), si può distinguere un'azione particolare di asportazione del materiale solido incoerente, per essere trasportato più o meno lontano dalla corrente; azione che si tiene distinta dalla "corrosione" o "erosione" propriamente detta, la quale si esercita sul materiale fisso, che non può venire smosso in massa.
La quantità del materiale e la grossezza degli elementi soggetti ad ablazione variano naturalmente a seconda della quantità e della velocità dell'acqua in movimento, e trovano un limite anche nelle condizioni di saturazione in cui l'acqua può trovarsi rispetto al suo potere di trasporto. In modo speciale, oltre all'ablazione propriamente torrentizia, è da considerare quella compiuta dall'acqua piovana, che dilava il terreno, asportandone le particelle disgregate, uniformemente su tutta la superficie o con maggiore intensità secondo certe linee direttrici (ted. Abspülung). Quest'ultimo caso dà origine a speciali forme di erosione rapidamente mutevoli (v. dilavamento).
Analogamente, ablazione eolica è l'azione del vento che solleva e sospinge via polveri, sabbie e ghiaie disciolte: fenomeno di proporzioni grandiose nelle regioni desertiche (v. deflazione).
Si può anche parlare di ablazione costiera e di ablazione glaciale, esercitate rispettivamente dal moto ondoso (mare, laghi) e dal ghiaccio in lento movimento dei ghiacciai sopra il materiale più disgregato, in contrapposto sempre all'azione più propriamente erosiva sul terreno compatto (corrosione eolica, abrasione costiera, esarazione glaciale).
Ablazione è inoltre per taluni autori sinonimo di denudazione, degradazione, nel senso più vasto; per altri ancora sinonimo di trasporto (ted. Abtragung).
II. Termine che indica il consumo della neve e del ghiaccio che costituiscono i ghiacciai (ted. Ablation). Tale consumo si compie in superficie, o sul fondo, o nell'interno stesso della massa ghiacciata, e consiste in processi di fusione e di evaporazione diretta.
L'ablazione superficiale alle maggiori altitudini tende soltanto a scemare durante l'estate l'accrescimento annuo dovuto all'eccesso di accumulo nevoso. Nella parte inferiore del ghiacciaio, al di sotto del limite di nevato, si consuma ogni anno uno strato di ghiaccio vecchio. Su questa parte inferiore (dissipatore), più raramente su quella superiore (collettore), furono ripetute, per diversi ghiacciai, misure di ablazione, mediante stanghe infisse entro fori verticali praticati nel ghiaccio. Le prime misure sono quelle di Agassiz, del 1840, nelle Alpi Bernesi. Recentemente H. W. Ahlmann usò anche un ingegnoso apparecchio registratore, col quale poté seguire il deprimersi della superficie ghiacciata nelle varie condizioni di tempo sui ghiacciai norvegesi. La serie più lunga di osservazioni è quella raccolta sul ghiacciaio del Rodano dal 1885 al 1910. I dati di cui disponiamo sono però ancora pochi e male paragonabili tra loro.
La grandezza dell'ablazione superficiale varia naturalmente nelle varie ore del giorno, dal giorno alla notte e da una stagione all'altra, variando così l'intensità e la durata dell'insolazione, come la temperatura dell'aria. Ma l'ablazione varia moltissimo anche da un giorno all'altro, in modo irregolare, secondo le condizioni meteoriche, e da un anno all'altro, in dipendenza di mutamenti climatici pluriennali.
Importanza preminente sull'ablazione ha la radiazione solare diretta. Il suo effetto, da solo, in Norvegia arriva a 1,5 mm. di ghiaccio fuso all'ora (Ahlmann); sulle Alpi a 32 mm. al giorno (Maurer). Anzi, aggiungendosi l'effetto delle radiazioni diffuse, si raggiungerebbero i due terzi dell'ablazione totale. E infatti l'ablazione è anche massima al principio dell'estate, quando più intensa è l'insolazione: fino a 10-15 cm. come media giornaliera, misurati sul ghiacciaio del Rodano. In latitudini diverse, variando l'intensità totale delle radiazioni, ma in condizioni termiche medie poco diverse, quali possono verificarsi per es. a 400 m. al di sotto del limite delle nevi, si avrebbe un totale annuo di ablazione di circa 4 m. sulle Alpi, 3,3 m. in Norvegia, 2 m., o poco più, in Groenlandia (rispettivamente a 46°, 67°, 71° lat. N.).
Il calore ceduto dall'aria per convezione ha un effetto proporzionale alla temperatura dell'aria, come già aveva calcolato De Marchi. E poiché la temperatura è inversamente proporzionale all'altitudine, ne viene che anche l'ablazione va crescendo dall'alto verso il basso, più rapidamente alle minori altezze. Essa però varia secondo l'orientamento, e spesso è maggiore sui bordi laterali del ghiacciaio che nel mezzo, per le radiazioni riflesse dai fianchi montuosi, come potevano osservare Blümcke e Hess sul ghiacciaio di Hintereis.
Un certo effetto per la fusione del ghiaccio ha pure l'acqua di pioggia; ed un effetto anche maggiore lo ha la condensazione del vapore acqueo contenuto nell'aria che si raffredda al contatto della superficie gelata (Heim). Ogni grammo di rugiada che si forma cederebbe infatti al ghiaccio tanto calore da fonderne 7 gr. D'estate sul ghiacciaio del Rodano si è misurata la fusione superficiale di 1,8 mm. di ghiaccio all'ora (18 mm. al giorno) per sola formazione di rugiada.
D'altra parte, in ispecie durante le giornate serene, ha luogo un'attiva evaporazione diretta del ghiaccio e della neve, più intensa alle maggiori altezze, ed intensificata dal vento. Gli scalatori dell'Everest hanno osservato che lassù, coll'aria rarefatta e asciuttissima, una nevicata copiosa svanisce in poche ore, senza visibile fusione. Ablazione particolarmente intensa si ha nelle giornate di föhn così nelle Alpi, come in Groenlandia e in Norvegia (qui fu misurata in 9 mm. all'ora di giorno, 6,7 mm. di notte, con föhn ). L'ablazione minima si ha con tempo nebbioso tranquillo.
Il materiale morenico superficiale (polveri e ciottoli), specialmente se di colore oscuro, può accelerare la fusione. Più spesso però esso protegge il ghiaccio dagli altri fattori dell'ablazione. Ripari artificiali contro l'ablazione, fino a creare raccolte stabili di neve e ghiaccio, allo scopo di avere acqua nella stagione asciutta, sono in uso in alcune valli dell'Himālaya (Dainelli), e sono proposte ora anche in Italia (C. Porro).
Importanza non trascurabile ha spesso anche l'ablazione interna e sul fondo dei ghiacciai, ad opera del calore ceduto dall'acqua di fusione che circola nei crepacci, canali, caverne del ghiaccio, dalle acque provenienti dall'esterno o sorgenti sul fondo, e dall'aria che circola continuamente fra esterno e interno. Anche il terreno cede lentamente il calore fornito dall'interno della terra. Una certa fusione di ghiaccio, che non tutto poi ricongela, sarebbe anche prodotta dal movimento stesso del ghiacciaio, col calore sviluppato per attrito interno e di fondo. Così anche d'inverno non cessa del tutto l'ablazione sul fondo.
Nelle regioni polari i ghiacciai sboccanti in mare e galleggianti per un tratto su di esso vengono a consumarsi attivamente solo a contatto dell'acqua marina.
All'ablazione sono, infine, dovute particolarità morfologiche superficiali dei ghiacciai (solchi, vasche, argini, coni di sabbia, tavole, "nevi penitenti", ecc.), della loro fronte (bocca o porta, finestre), e dell'interno (pozzi o molini, canali, caverne subglaciali). Per maggiori particolari vedasi la voce ghiacciaio.
Bibl.: A. Heim, Gletscherkunde, Stoccarda 1885; H. Hess, Die Gletscherkunde, Brunswick 1904; Commiss. des Glaciers de la Soc. Helv. des Sc. Nat., Mensurations au Glacier du Rhône, 1874-1915, Zurigo 1916; L. De Marchi, Quarant'anni di osservazioni sul ghiacciaio del Rodano in Atti e mem. R. Acc. di Padova, 1917; J. Maurer, Ûber Gletscherschwund und Sonnenstrahlung in Meteor. Zeitschr., 1914; H. Hess, Der Hintereisferner 1893 bis 1922, in Zeitschr. für Gletscherkunde, XIII (1924); H. W. Ahlmann, Physico-geographical Researches in the Horung Massif, Jotunheim, in Geogr. Annaler, 1927.