ABORTO
(I, p. 110; App. I, p. 3; IV, I, p. 5)
Medicina. − I progressi biomedici, i provvedimenti legislativi relativi all'interruzione volontaria della gravidanza, i vivaci dibattiti che sono derivati in campi come quello della bioetica (v. bioetica, in questa App.) hanno posto in questi ultimi anni il tema dell'a. in particolare evidenza.
Frequenza. − È difficile stimare la frequenza reale dell'a., che nella popolazione generale oscilla attorno al 10 ÷ 15%. L'a. misconosciuto (non diagnosticabile clinicamente) può raggiungere un'incidenza anche quattro volte superiore.
Eziologia e patogenesi. − Numerose cause, anche concomitanti, possono portare all'a.: cause ovulari (cromosomiche); cause materne generali (disendocrine, tossiche, influenza di fattori ambientali, malattie sistemiche, infettive, autoimmuni); cause materne locali (alterazioni dello sviluppo dell'apparato genitale, incontinenza cervicale, tumori, sinechie endouterine); fattori maschili.
Cause cromosomiche: l'incidenza di alterazioni cromosomiche, sia numeriche che morfologiche, è di circa il 50% negli a. spontanei che si verificano nel 1° trimestre e di circa il 20% in quelli del 2° trimestre. Anche le alterazioni cromosomiche riscontrate nella coppia possono essere causa di patologia abortiva.
Cause endocrine, metaboliche e generali: l'importanza reale dei fattori endocrini è tuttora discussa. L'insufficienza della fase luteinica è stata riscontrata nel 3 ÷ 11% delle donne infertili e almeno nel 20% di quelle poliabortive. Disordini endocrini generali, come l'ipotiroidismo, il diabete e il morbo di Cushing, sono pure considerati fra le cause di aborto.
Malattie sistemiche: malattie cardiache (specialmente quelle cianogene), nefropatie (soprattutto se accompagnate da ipertensione), malattie autoimmuni. Il tasso di perdite embrio-fetali è proporzionale alla severità della malattia materna (v. Rock 1983, in bibl.).
Fattori ambientali, fisici, chimici, abitudini comportamentali: fra i fattori fisici, l'esposizione a radiazioni ionizzanti può causare a., con un effetto dosedipendente. Il periodo più critico corrisponde alle prime due settimane dopo il concepimento. Altri agenti patogeni da ricordare sono il piombo, il mercurio, il monossido di carbonio e il benzene; anche alcuni farmaci (per esempio antagonisti dell'acido folico) possono indurre aborto. I gas anestetici sono imputati di causare con frequenza l'interruzione della gravidanza nel personale delle sale chirurgiche. Fra le abitudini di vita, sono stati ripetutamente coinvolti anche il tabagismo e l'alcoolismo.
Cause traumatiche: in passato sovrastimate, devono oggi soprattutto essere riferite a fattori iatrogeni quali l'amniocentesi precoce, la villocentesi e gli interventi chirurgici coinvolgenti l'utero.
Cause infettive: batteri (Lysteria, Salmonella, Campylobacter, Brucella, Chlamydia, Ureaplasma); virus (rosolia, virus herpetico, epatite B, Cytomegalovirus); protozoi (Toxoplasma). Nessuno studio per nessun agente eziologico è stato in grado di determinare se l'a. sia primariamente conseguenza dell'infezione fetale o di quella materna.
Cause materne locali: anomalie uterine congenite (utero unicorne, bicorne, didelfo, settato) e acquisite (incontinenza cervicale, sinechie endouterine, leiomiomi). È necessario ricordare che le anomalie citate consentono comunque in diversi casi una regolare evoluzione della gravidanza.
Fattore maschile: questo fattore è ancora poco indagato anche se è accertato che alterazioni cromosomiche spermatiche possono indurre aborto.
Cause immunologiche: le pazienti con malattie autoimmuni presentano aumentata incidenza di a. spontaneo.
Le ipotesi patogenetiche sono diverse: rischio insito nella malattia autoimmune; ruolo di autoanticorpi crossreattivi con il trofoblasto; passaggio di autoanticorpi al prodotto del concepimento; vasculite, anche uteroplacentare. Alcune situazioni di autoimmunità sfumata, fra le quali la Sindrome del Lupus ostetrico, presentano come dato rilevante la perdita embrio-fetale. Autoanticorpi antifosfolipidi (anticorpi anti-cardiolipina, lupus-like anticoagulant e altri), a titolo moderato-elevato, confermati nel tempo, sono correlati ad a. abituale o morte fetale. Tali autoanticorpi possono essere riscontrati anche in donne clinicamente asintomatiche che presentano perdite embrio-fetali ripetute.
Anche gli anticorpi antispermatozoo e l'incompatibilità tra emogruppo ABO dei partners, sono stati correlati ad aborto. Negli ultimi anni l'attenzione dei ricercatori si è rivolta ai processi immunologici coinvolti nell'accettazione della gravidanza da parte della gestante, essendo l'embrione un 'trapianto semiallogenico'. L'a. potrebbe essere l'esito dell'alterazione di questi processi di riconoscimento e mantenimento della gravidanza. Come fattori patogenetici per questa situazione sono stati proposti: l'eccessiva somiglianza di antigeni HLA tra i partners; la condivisione di alcuni antigeni HLA come espressione di geni recessivi, letali per l'embrione; la eccessiva somiglianza di un sistema antigenico TLX (Trophoblast-Lymphocyte cross reacting antigens), presente su trofoblasto e linfociti.
Quadri clinici. − Nell'evoluzione clinica dell'a. si distinguono i seguenti quadri: la minaccia d'a. (perdite ematiche dai genitali con o senza dolore), che può regredire (nel 50% dei casi) o evolvere sfavorevolmente; l'a. inevitabile o in atto (espulsione completa o incompleta del prodotto del concepimento); l'a. interno o ritenuto (ritenzione endouterina del prodotto del concepimento morto, senza segni clinici); l'a. settico (a. complicato da processi infettivi locali e/o generali).
Diagnosi e terapia. − La diagnosi si basa su dati anamnestici (ultimo flusso mestruale), segni clinici obiettivi (v. sopra: Quadri clinici), indagini di laboratorio (test di gravidanza, dosaggio , HCG) e strumentali (ecotomografia pelvica). Quanto alla terapia, diversi trattamenti sono stati proposti per la cura della minaccia d'a., ma la loro reale efficacia risulta controversa, considerando sia l'alto tasso di risoluzione spontanea sia le molteplici cause dell'aborto. Un provvedimento semplice, ma spesso efficace, è il riposo a letto. Altre terapie proposte comprendono l'uso di preparati ormonali, di tocolitici, di sedativi. Nelle pazienti in cui causa dell'a. è l'incontinenza cervicale, si ricorre all'applicazione chirurgica del cerchiaggio cervico-istmico, per creare un meccanismo contentivo artificiale.
Prognosi e prevenzione dei fallimenti riproduttivi. − Il rischio di un successivo fallimento gravidico è del 23% dopo un primo a., del 26% dopo un secondo e del 32% dopo il terzo. Le indagini cui sottoporre le coppie con abortività devono essere mirate all'individuazione, ove possibile, dei fattori causali (v. sopra: Eziologia). In coppie con poliabortività sine causa, su sospetta base immunologica (alterato riconoscimento dell'embrione) sono stati effettuati trattamenti sperimentali di sensibilizzazione della donna con linfociti del partner o di donatore, con miglioramento della prognosi riproduttiva. Le gravidanze che proseguono dopo una minaccia d'a. richiedono controlli ostetrici particolarmente attenti, in quanto esistono segnalazioni di un'aumentata incidenza di parto pretermine, ritardata crescita e anomalie morfologiche fetali.
Interruzione volontaria della gravidanza. − Tecniche. − Le tecniche di interruzione della gravidanza nel primo trimestre sono essenzialmente sovrapponibili a quelle di evacuazione dell'utero gravido in caso di a. spontaneo. Il metodo più comune, rapido e agevole, consiste nella isterosuzione previa dilatazione del canale cervicale, tecnica adottabile in anestesia sia generale che loco-regionale. Il tasso di complicazioni immediate (lacerazioni cervicali, perforazioni uterine, metrorragie, evacuazione incompleta) e a distanza (infezioni pelviche, a. del secondo trimestre e parti pretermine in gravidanze successive) è ridotto: tali complicanze si verificano in non più del 2 ÷ 5% dei casi e risultano dipendere dall'epoca gestazionale raggiunta.
L'indice di mortalità insito nella metodica descritta è estremamente contenuto: 2,4 per 100.000 nel primo trimestre in Gran Bretagna, 0,5 per 100.000 fino all'8° settimana negli Stati Uniti. Peraltro il tasso di mortalità da interruzione volontaria della gravidanza risulta aumentare parallelamente all'età gestazionale, con punte più elevate nel secondo trimestre. Per le interruzioni eseguite nel secondo trimestre, l'evacuazione dell'utero gravido deve essere attuata previa dilatazione del canale cervicale; alle metodiche tradizionali di dilatazione ed estrazione strumentale si è oggi affiancato l'impiego di derivati sintetici delle prostaglandine.
È del tutto recente la possibilità di interrompere la gravidanza, in epoca gestazionale molto precoce, utilizzando ormoni dotati di attività antiprogestinica, eventualmente associati a prostaglandine di sintesi. Le segnalazioni preliminari confermano la validità della metodica proposta in termini sia di efficacia che di sicurezza.
Il numero delle donne che in Italia ricorrono all'a. legale, pur restando maggiore che in altri paesi occidentali, presenta negli ultimi anni una tendenza globale alla diminuzione: dal 1982, anno in cui furono eseguiti oltre 234.000 interventi, si è passati a circa 184.000 nel 1988, con una frequenza oscillante intorno ai 13 casi ogni 1000 donne di età feconda. L'identikit della donna italiana che più frequentemente ricorre all'interruzione volontaria della gravidanza configura una donna giovane, di età compresa tra i 25 e i 35 anni, coniugata, già madre di almeno un figlio, con livello d'istruzione medio o superiore, alla sua prima esperienza di interruzione volontaria della gravidanza.
Bibl.: K. G. B. Edstrom, Early complications and late sequelae of induced abortion: a review of the literature, in W.H.O. Bulletin, 52 (1975), p. 123; W.H.O., Gestation, birthweight and spontaneous abortion in pregnancy after induced abortion, in Lancet, 1979, 1, p. 142; C. Tietze, Induced abortion, ibid 1979, 2, p. 1113; J. A. Rock e al., The clinical management of repeated early pregnancy wastage, in Fertil. and Steril., 39 (1983), p. 2; J. A. McIntyre et al., Immunologic testing and immunotherapy in recurrent spontaneous abortion, in Obstet. Gynecol., 67 (1986), p. 169; E. N. Harris e al., Thrombosis, recurrent fetal loss and thrombocytopenia, in Arch. Int. Med., 146 (1986), p. 2153; G. B. Candiani e al., Recurrent spontaneous abortion: state of art and new horizon, in Acta Europea Fertilitatis, 18 (1987), p. 2; Recurrent spontaneous abortion, a cura di L. Speroff, in Seminars in reproductive endocrinology, 6 (2), maggio 1988.
Diritto. − Dopo contrastate vicende la l. 22 maggio 1978 n. 194 "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza" (pubbl. G.U. 22 maggio 1978, n. 140), superando il precedente atteggiamento d'incondizionata repressione penale in materia di a., che faceva salva solo l'interruzione della gravidanza posta in essere per la necessità di salvare la gestante dal pericolo attuale di un grave danno alla persona ai sensi dell'art. 34 c.p., ha introdotto una nuova disciplina del settore. Questa, senza dar luogo a una liberalizzazione dell'a. − contrastata anzi chiaramente, tanto che nell'art. 1 della legge suddetta si sancisce l'obiettivo di evitarne una strumentalizzazione in funzione di mezzo di controllo delle nascite − ha cercato di arrivare a un contemperamento, sulla scia della giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 27 del 1975, 26, 108 e 109 del 1981), tra la tutela della situazione giuridica del concepito, caratterizzata dal diritto alla vita (garantito dall'art. 2 Cost.), e quella della salute della gestante. Contemperamento realizzato sulla base della prevalenza, in casi tassativi, della tutela di quest'ultima, in quanto persona, rispetto al concepito che persona ancora non è.
È in questa prospettiva che si colloca l'ampio spazio fatto dalla legge n. 194 all'affermazione del "diritto alla procreazione cosciente e responsabile" e del "valore sociale della maternità", accompagnata dal potenziamento dei consultori familiari, cui viene affidata la funzione di contribuire a far superare le stesse cause che possono indurre la donna all'aborto.
Va peraltro rilevato come il meccanismo di contemperamento dell'interesse della gestante e del diritto alla vita del nascituro così posto in essere, dia luogo a due prospettive differenti, a seconda che l'interruzione volontaria di gravidanza sia anteriore o successiva al novantesimo giorno dal concepimento.
Se sono stati avanzati rilievi circa l'arbitrarietà dell'individuazione del suddetto limite temporale che comunque trova conforto sia nel comune sentire, sia nei riscontri offerti da alcune legislazioni estere (Francia, Austria), sia in relazione ai maggiori problemi che indubbiamente, dal punto di vista medico, presenta l'a. una volta superata la soglia delle 12÷13 settimane di vita del feto, va osservato che in base al citato meccanismo nei primi 90 giorni assume preminenza la volontà della gestante nel richiedere l'a., mentre per il periodo successivo questa libertà si riduce di molto, essendo in questo caso (art. 6 l. n. 194) l'interruzione praticabile solo: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano in parte pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Anche l'interruzione nei primi 90 giorni è tuttavia legata alla sussistenza di una serie di condizioni ('circostanze' per le quali − recita testualmente l'art. 4 della l. n. 194 − "la presunzione di gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna, in relazione al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito"); ma queste sono di portata comunque obiettivamente tale da consentire già da sole un più ampio spazio alla possibilità di procedere all'interruzione: lascia soprattutto, la disciplina in oggetto, alla donna, la decisione finale, salvo l'obbligo di esperire il procedimento di consultazione delle apposite strutture socio-sanitarie o del medico di fiducia.
Questa diversità di prospettive spiega, almeno in parte, le questioni e i problemi che hanno accompagnato nel tempo l'applicazione della l. n. 194: sia per quanto concerne il fenomeno del diritto all'obiezione del personale sanitario a partecipare agli atti abortivi (garantito dall'art. 9 della legge stessa, alla stregua comunque di altre legislazioni estere in materia: così quella francese e quella austriaca); sia per quanto concerne la tendenza, ritenuta delinearsi da varie parti, dell'interruzione operata nei primi 90 giorni a trasformarsi in uno strumento di controllo delle nascite.
Infatti è proprio questa tendenza che in vario modo viene richiamata sia da quanti giustificano l'obiezione che, assunte dimensioni assai vaste, pone ormai serie questioni circa la possibilità stessa di addivenire sollecitamente agli interventi interruttivi della gravidanza nei reparti a ciò deputati, sia da quanti richiedono una revisione della legge, giacché ritenuta, almeno nei primi 90 giorni, troppo permissiva.
Altri punti salienti della l. n. 194 possono essere così riassunti:
si prevedono per le donne gravide forme di assistenza specifica, tra cui l'informazione sui diritti delle gestanti e sui servizi preposti alla loro assistenza, con una speciale attenzione alle cause che potrebbero portare interruzione volontaria della gravidanza (art. 2);
si stabiliscono le sedi di effettuazione dell'interruzione della gravidanza presso i servizi ostetrico-ginecologici di ospedali generali, di ospedali pubblici specializzati e di altri enti sanitari appositamente autorizzati (art. 8);
si precisano i casi speciali delle donne di età inferiore ai 18 anni (art. 12) e di quelle interdette per infermità di mente (art. 13);
si stabilisce che il medico che esegue l'interruzione volontaria della gravidanza è tenuto a fornire alla donna informazioni sulla regolazione delle nascite e sui procedimenti abortivi, che devono essere attuati in modo da rispettare la dignità personale (art. 14).
La disciplina delinea, infine, le seguenti configurazioni penali: interruzione della gravidanza e accelerazione del parto colpose (art. 17); interruzione della gravidanza su donna non consenziente o come conseguenza di lesioni (art. 18); inosservanza delle modalità indicate (art. 19); violazione del segreto sull'identità di chi abbia fatto ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza (art. 21); circostanze aggravanti qualora il reato sia commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza (art. 20).
Va comunque rilevato che nel maggio 1981 disposizioni previste dalla l. n. 194 furono sottoposte a due distinti e opposti referendum abrogativi, entrambi i quali si sono conclusi con una sensibile prevalenza dei voti contrari all'abrogazione. La legge è rimasta pertanto in vigore nella sua originaria integrità.
Bibl.: M. Ronco, Problemi di diritto transitorio in tema di aborto di donna consenziente, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1979, p. 992; L. V. Moscarini, Aborto, in Dizionario di diritto privato, Milano 1980; L. Picotti, Feticidio colposo, interruzione della gravidanza e successione di leggi penali, in Giurisprudenza di merito, 1981, 2, p. 161; G. Bognetti, Aborto, Diritto comparato straniero, in Enciclopedia giuridica, vol. i, Roma 1988; L. V. Moscarini, Aborto: profili costituzionali e disciplina legislativa, ibidem.