ĀBŌT (Pirqē Ābōt)
Uno dei trattati della Mishnāh (IV ordine, fine). A differenza di tutti gli altri trattati mishnici, i quali hanno un contenuto legale (rituale o giuridico), il trattato Ābōt ha un contenuto etico. È una raccolta, divisa in cinque capitoli, di massime morali e di consigli per la vita religiosa e per la vita sociale, riferiti nei primi quattro capitoli in nome di una serie di dottori o "padri" del giudaismo (da ciò il titolo di Ābōt "Padri", o Pirqē Ābōt "Capitoli dei Padri"), e nel quinto capitolo per la maggior parte anonimi. La raccolta può essere ascritta allo stesso genere letterario a cui appartengono i Proverbi attribuiti a Salomone e l'Ecclesiastico di Ben Sīrā. Oltre all'intento educativo, il trattato ha anche, nel suo primo capitolo, quello di mostrare come si sarebbe trasmessa di generazione in generazione la dottrina tradizionale giudaica, che secondo la concezione rabbinica risalirebbe fino alla rivelazione sinaitica. Il primo capitolo si apre con l'affermazione che Mosè ricevette sul Sinai la Tōrāh (cioè non soltanto il Pentateuco, ma anche, e qui in particolar modo, la Tōrāh shebe-‛al peh, la Legge orale, da trasmettersi tradizionalmente), e che Mosè la trasmise a Giosuè, il quale la trasmise agli anziani, i quali la trasmisero ai profeti, i quali la trasmisero agli uomini della Magna Congregazione. Nei paragrafi successivi dello stesso primo capitolo viene elencata la serie, ininterrotta o quasi, dei capiscuola, da Simone il Giusto (probabilmente fine del sec. III a. C.) fino a Simone figlio di Gamaliele I (sec. I d. C.), nipote o pronipote di Hillēl il vecchio. In nome dei dottori della Magna Congregazione e di ciascuno dei dottori successivamente ricordati si riferisce qualche sentenza. Nel secondo capitolo si riportano sentenze di Yehūdāh ha-Nāsī e di Gamaliele suo figlio (sec. II d. C.), poi si torna a ritroso, riferendo sentenze di Hillēl il vecchio e riprendendo da lui la catena tradizionistica, con sentenze del suo discepolo Yōḥānān ben Zakkay (sec. I d. C.), dei cinque discepoli di questo, e di Ṭarfōn (sec. II d. C.). I capitoli III e IV contengono sentenze di oltre quaranta dottori, solo in parte ordinate cronologicamente. Nelle sentenze del capitolo V prevale il carattere di constatazione obiettiva di fenomeni della vita sociale e religiosa, per lo piu raggruppati secondo determinati numeri (10, 7, 4). In epoca relativamente tarda fu aggiunto al trattato Ābōtt un sesto capitolo, contenente una serie d'insegnamenti rabbinici in lode della legge, probabilmente per completare il numero di sei, corrispondente ai sei sabati intercorrenti tra la Pasqua e la Pentecoste, essendosi diffuso l'uso di leggere nelle sinagoghe un capitolo del trattato in ciascuno di questi sabati. Gli argomenti principali intorno a cui si aggirano le sentenze del trattato Ābōt sono: la retribuzione divina delle opere umane, la relazione tra la vita terrena e la vita futura, i rapporti tra uomo e uomo e tra uomo e Dio, il valore della legge, lo studio teoretico e l'azione pratica. Alcune di esse rispecchiano eventi e costumi del loro tempo, e hanno perciò anche importanza storica. La redazione del trattato non è unitaria: a quanto pare, il cap. I è la parte redatta più anticamente (sec. I d. C.), e ad esso vennero poi fatte successivamente diverse aggiunte, fino ad epoca posteriore alla redazione del Talmūd. Il trattato è divenuto popolare nel giudaismo grazie all'uso della lettura sinagogale, e assai diffusa è la sua conoscenza anche tra gli studiosi cristiani. I manoscritti e le edizioni sono innumerevoli; numerosissimi i commenti (oltre cinquanta), e le traduzioni in tutte le lingue.
Il trattato Ābōt si trova in tutti i mss. della Mishnāh e del Maḥzōr (Ciclo della liturgia sinagogale). Edizione principe (col comm. di Maimonide): Soncino 1484; poi in tutte le edizioni della Mishnāh (di solito anche del Talmūd babil. e del Maḥzōr). Edizioni di carattere scientifico: Taylor, Cambridge 1897-1900; Fiebig, Tubinga 1906; Strack, 4ª ed., Lipsia 1915; Herford, New York 1925; Marti-Beer, Giessen 1927. Circa i lavori preparatorî per un'edizione critica, che ancora non esiste, v. Marx, Jewish Quarterly Review, n. s., VI, pp. 423-431. Commenti: tra i medievali è da ricordarsi particolarmente quello di Maimonide (parte del suo comm. alla Mishnāh), che in un'ampia introduzione, detta Shemōnāh Perāqīm (Gli otto Capitoli), espone il sistema etico di Maimonide; il commento di Shemū'ēl de Uceda, Midrāsh Shemū'ēl (sec. XVI, ed. pr. Venezia 1579), contiene un'ampia silloge dei commenti precedenti, tra i moderni sono da notarsi specialmente quelli di Taylor, Strack, Herford, Marti-Beer, nelle edizioni surricordate, e quello di A. Geiger, in Nachgelass. Schriften, IV, Berlino 1878, pp. 283 segg. (su I-III). Traduzioni: oltre a quelle contenute nelle edizioni moderne surricordate, menzioneremo le principali italiane: traduz. anonima in caratteri ebraici, in varie edizioni del Maḥzōr (ad es. Venezia 1655); Filippo d'Aquino, Parigi 1620, ibid. 1629; Simon Calimani e Jacob Saraval, Venezia 1729, ibid. 1790, Livorno 1842, ibid. 1849; Lazzaro Ottolenghi, nella sua traduz. del Mahzor, Livorno 1824, e a parte, Livorno 1829; Israel Costa, nella sua traduz. del Maḥzōr, Livorno 1892, e a parte, Livorno 1859; Lelio della Torre, nella sua traduz. del Siddūr, 3ª ed., Livorno 1905, in opuscolo a parte, 2ª ed. Livorno 1862, e in Scritti sparsi, Padova 1908, I, pp. 341-367; Castiglioni-Schreiber, nella traduz. della Mishnāh, Trieste 1927. In corso la traduz. di S. Savini.