LEVI, Abramo Giacobbe Isaia (noto come Isaia)
Nacque a Torino il 20 nov. 1863 da Donato e da Marianna Debenedetti, terzo di sei fratelli.
Destinato a succedere al padre nella gestione dell'azienda di tessuti da questo fondata nel 1865 e denominata, dal 1887, Donato Levi e figli, il L. ebbe modo di studiare in Germania, interessandosi in particolare al settore di attività della ditta di famiglia (la produzione di tessuti), ma anche alla gestione dei grandi magazzini per lo smercio delle confezioni. Fu questo l'indirizzo che dette all'impresa paterna, quando, rientrato in patria, prese a dedicarvisi con impegno: in un momento di grande ascesa del tessile tale politica aziendale ottenne notevoli successi e la ditta ebbe modo di prosperare grazie quasi soltanto all'autofinanziamento, costituendo inoltre un consistente patrimonio immobiliare.
Per i primi anni del Novecento il L. - che nel 1902 aveva sposato a Firenze Nella Coen, figlia di Achille, professore di storia all'Università di Firenze, e sorella di Luisa, a sua volta moglie di Federigo Enriques, matematico, epistemologo, figura centrale della cultura italiana dell'epoca - preferì dedicarsi quasi esclusivamente al consolidamento della ditta. La prima guerra mondiale rappresentò un'occasione per incrementare le sue risorse finanziarie ma, soprattutto, per intrecciare una fitta rete di nuove utili relazioni che gli permisero di ampliare il suo giro di affari e di interessi industriali.
Nel 1922, attraverso G. Bianchini, direttore generale dell'Associazione bancaria italiana (ABI), ottenne dal Consorzio per la sovvenzione sui valori industriali un credito di 3 milioni di lire, poi ulteriormente incrementato; su quella base la ditta, oramai proprietaria di numerosi stabilimenti in varie parti d'Italia, fu convertita nel gennaio 1925 in società per azioni - presidente il L., vicepresidente l'industriale laniero biellese G. Rivetti - con un capitale sociale portato, dopo soli due mesi, da 7 a 38 milioni. Nel 1921, in stretta collaborazione con il Banco di sconto era stata costituita a Milano la s.a. Magazzini al Duomo per la vendita all'ingrosso e al dettaglio di tessili, cui si aggiunse, sempre sotto il diretto controllo del L., la s.a. SPERA Unione cooperativa abbigliamento, destinata allo smercio su larga scala di un'ampia gamma di prodotti per l'abbigliamento.
Il L. - rischiando nei settori, sino ad allora poco frequentati, delle confezioni e della grande distribuzione - seppe valorizzare, modernizzandola, l'attività che il padre aveva avviato mettendo a frutto, a sua volta, le risorse, le competenze, le relazioni e le opportunità accessibili a un intraprendente ebreo piemontese da poco emancipato.
Contemporaneamente, il L. allargava il campo dei suoi interessi realizzando una serie di partecipazioni a società attive in differenti settori: cinematografico (s.a. Rodolfi Film, Fest s.a. cinematografica); elettrico (s.a. Elettrica Alta Italia); della gomma (SALGA); bancario (Banca nazionale di credito e, dalla fine degli anni Venti, Cassa di risparmio di Torino).
Nel 1921 il L. era stato nominato commendatore, nel 1924 grand'ufficiale e cavaliere del lavoro; in questi anni la sua piena integrazione, ad alto livello, nell'universo economico nazionale era stata favorita, e insieme aveva determinato, un fattivo rapporto con le autorità politiche, concretatosi con l'iscrizione al Partito nazionale fascista (PNF) nel 1925, e, soprattutto, con un ulteriore ampliamento della rete di relazioni finalizzate a creare sempre nuove occasioni di iniziativa imprenditoriale.
Il L. raggiunse il culmine della sua carriera di industriale nella prima metà degli anni Trenta. Pur nell'ambito di una logica funzionale all'incremento dell'attività principale nel settore tessile, egli aveva saputo diversificare ed estendere i propri interessi, come già accennato, al settore bancario e ad altri ambiti più o meno collaterali. Nel corso degli anni Trenta il L. proseguì la sua attività su più fronti secondo tre principali direzioni di impegno, la prima delle quali fu quella di continuare a intervenire comunque laddove si delineasse un'occasione che prometteva di essere redditizia.
Così avvenne, per esempio, sia nel caso della partecipazione al consiglio di amministrazione dell'Ansaldo dopo la riprivatizzazione dell'azienda ligure nel 1925 (si noti che all'epoca il L. figurava membro di altri 15 consigli d'amministrazione, cfr. Storia dell'Ansaldo, a cura di G. De Rosa, Roma-Bari 1998, V, p. 212), sia nel successivo impegno nella Società Aurora per la produzione di penne stilografiche.
Altro elemento qualificante fu la persistente attenzione al settore immobiliare, concepito sia come luogo privilegiato di investimento e reddito, dove poter consolidare consistenti riserve, sia come soggetto primario di attività produttiva (il L. partecipò ai lavori per la ricostruzione di via Roma a Torino). Infine, particolarmente significativa fu la presenza in campo editoriale, terreno tradizionale di iniziativa per molti imprenditori, come il L., di origini ebraiche, e, contemporaneamente, luogo privilegiato di utile contiguità con il potere fascista. Il L. ebbe partecipazioni nella Società editrice torinese e nella s.a. La Nuova Antologia editrice, ma l'episodio di maggiore rilievo in questo settore fu il salvataggio della casa editrice Zanichelli, operato nel 1930.
Il 22 giugno 1930 venne raggiunto l'accordo fra F. De Morsier, presidente e amministratore delegato della vecchia e gloriosa editrice bolognese, in sofferenza da alcuni anni, e il Levi. Nella trattativa ebbe sicuramente un ruolo decisivo il cognato del L., Federigo Enriques, già azionista della casa editrice e determinante nell'indirizzarne le scelte culturali. Il L. sottoscrisse il pacchetto di maggioranza (254.306) delle nuove azioni immesse sul mercato e fu nominato presidente del consiglio di amministrazione (in cui figurava come suo fiduciario Gabriele Lattes); il programma di risanamento prevedeva l'ulteriore potenziamento dei settori tradizionale dell'azienda: lo scolastico e lo scientifico; la casa editrice si allineò ulteriormente alle direttive del regime sia sul piano culturale, sia su quello aziendale (il L. applicò immediatamente l'adeguamento dei prezzi al valore della moneta - la famigerata "quota 90 fascista" - agli stipendi del personale che furono decurtati del 10 %).
Senza dubbio il salvataggio della Zanichelli contribuì a favorire la nomina del L. a senatore nel 1933, ma contò soprattutto il suo eccezionale profilo economico - nel 1931 il suo reddito netto calcolato per l'imposta personale complementare ammontava a poco meno di 130 milioni. D'altro canto, trasferitosi definitivamente a Roma, il L. non prese mai parte attiva ai lavori dell'aula.
Il progressivo allineamento del regime alla politica razziale del nazismo ebbe evidenti contraccolpi sull'attività finanziaria del Levi. Le prime avvisaglie si ebbero all'inizio del 1938, mentre i provvedimenti antiebraici erano ancora in incubazione: in un incontro con il direttore generale della Banca d'Italia il L. si vide rifiutare un credito di 10 milioni, chiesto per incrementare le proprie attività immobiliari e già quasi accordato. Vennero poi l'obbligo di autodenunciarsi come ebreo, l'ordine di restituire immediatamente tessera e distintivo del PNF, la rinuncia forzata a molte delle cariche ricoperte in società per azioni e in varie istituzioni di assistenza e beneficenza soprattutto a Torino.
Tra l'altro il L. aveva istituito, in una sua villa vicino Torino, la Casa del sole per i figli dei tubercolotici e creato l'associazione assistenziale Pane per tutti; aveva anche fatto restaurare a sue spese palazzo Madama.
Contro la progressiva emarginazione cui era costretto, il L. fece tuttavia subito pesare tutta la sua influenza e la sua capacità patrimoniale. Riuscì così a ottenere, già nel gennaio 1939, la "discriminazione" e - caso rarissimo nell'Italia di allora -, nell'ottobre 1940, la cosiddetta "arianizzazione" sulla base della legge 1024 del 17 luglio 1939: in tal modo, malgrado fosse figlio di genitori entrambi ebrei e sposato con un'ebrea, poté essere dichiarato, per decreto dell'apposita Commissione del ministero degli Interni, "non appartenente alla razza ebraica". Dopo quel passaggio cruciale, oltre a mantenere il pieno controllo dei propri beni (nel 1941 intervenne nuovamente per ripianare il deficit di bilancio della Zanichelli, sottoscrivendo un consistente aumento di capitale) e a garantirsi una posizione di eccezionale privilegio rispetto alla generalità degli ebrei italiani, egli giunse persino a fare domanda - senza peraltro ottenere risposta - di essere riammesso nelle fila del PNF.
La protezione acquisita nel 1940 non poteva offrire tuttavia garanzie sufficienti sotto l'occupazione tedesca dopo l'8 sett. 1943. Il L. allora, convertitosi al cristianesimo - non si hanno però notizie certe sul momento della conversione - e contando ancora una volta sulla sua influenza, chiese protezione alle autorità ecclesiastiche, ottenendo rifugio in Vaticano fino alla liberazione di Roma.
Successivamente il L. dovette subire il momentaneo sequestro dei beni e la decadenza dalla carica di senatore su intervento dell'Alta Corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo - avverso alla quale fece peraltro ricorso sostenendo che la sua nomina non aveva avuto "carattere politico" -; ma entro breve tempo la sua vita riprese un ritmo normale.
Il L. morì a Roma il 6 marzo 1949.
Il L. non aveva eredi diretti (aveva avuto soltanto una figlia, morta in giovane età): parte del suo ingentissimo patrimonio, soprattutto partecipazioni azionarie, venne frazionato, lui ancora in vita, fra i parenti più prossimi. Per sua volontà una parte ingente fu destinata, pur con alcuni strascichi giudiziari, alla S. Sede.
Fonti e Bibl.: Torino, Arch. storico del Comune, Ripartizione Anagrafe, Scheda di Abramo Giacobbe Isaia Levi; Arch. di Stato di Torino, Partito nazionale fascista. Federazione di Torino, bb. 944, f. 5190; 509, f. 51248; 560, f. 34752; Roma, Arch. storico del Senato della Repubblica, Segreteria, Fascicoli personali senatori del Regno, f. 1272; Arch. storico della Banca d'Italia, Ispettorato del credito, n. 316; Banca d'Italia, Relazioni e bilanci, n. 1289; Consorzio sovvenzioni su valori industriali, Sede principale, nn. 247, f. 2; 354, f. 10; 688, f. 13; Vigilanza sulle aziende di credito, nn. 2239, f. 1; 78, f. 1.
Le fonti edite sul L. sono assai rare; si vedano in particolare: Gazzetta del popolo, 13 marzo 1949, 16 luglio 1952, 17 luglio 1952; Ebrei a Torino. Ricerche per il centenario della Sinagoga (1884-1984), Torino 1984, p. 34; R. De Benedetti, Nato ad Asti. Vita di un imprenditore, Genova 1989, pp. 160-166; B. Dalla Casa, La Società anonima Nuova Zanichelli: un'impresa editoriale fra le due guerre, in Editoria e Università a Bologna tra Ottocento e Novecento. Atti del V Convegno… 1990, a cura di A. Berselli, Bologna 1991, pp. 104-117. Cfr. inoltre: Guida di Torino, Torino, in partic. per gli anni dal 1920 al 1929-30, e dal 1933-34 al 1939-40, ad ind.; A. Lodolini - A. Wikowsky, Biografia finanziaria italiana 1935, Roma 1935, sub voce.