Abramo
L'antenato degli Ebrei e degli Arabi secondo la Bibbia
La figura di Abramo è un simbolo del rapporto ideale tra il popolo d'Israele e il suo Dio: per la sua fede e per la sua obbedienza egli diviene il capostipite di un grande popolo e stringe un patto di alleanza con Dio, che gli promette il possesso eterno della terra di Canaan (Siria-Palestina)
All'inizio della sua storia, narrata nel libro della Bibbia chiamato Genesi, Abramo emigra dalla sua terra d'origine alla terra di Canaan, dove stringe un patto di alleanza con Dio. Egli ha un primo figlio dalla schiava Agar, Ismaele, che sarà il capostipite degli Arabi; per intervento di Dio avrà poi un figlio anche dalla moglie Sara, Isacco. Ad Abramo e alla sua discendenza Dio promette il possesso eterno di una terra assai estesa, che va dai regni di Israele e di Giuda dell'epoca all'attuale territorio di Siria e Libano.
Secondo gli studiosi moderni Abramo non è una figura storica: sebbene il racconto della Genesi lo collochi nel 2° millenio a.C., in realtà egli viene descritto come un nomade del 1° millennio a.C. (pare fosse proprietario di cammelli). Probabilmente Abramo era un personaggio della tradizione ebraica che fu usato come simbolo del nuovo rapporto tra Dio e il popolo ebraico dopo la fine del regno di Giuda e l'esilio in Babilonia.
Abramo rappresenta il popolo che stringe una nuova alleanza direttamente con Dio, contrariamente a quanto avveniva presso tutti i popoli antichi dell'Oriente, che facevano del re l'unico mediatore tra gli dei e gli uomini. Inoltre nella storia di Abramo la promessa della terra non dipende dalla fedeltà degli uomini alle leggi divine, ma solo dalla sua eccezionale fede in Dio. In libri biblici più antichi rispetto alla Genesi (Geremia ed Ezechiele) si parla invece di una promessa fatta da Dio al popolo d'Israele durante l'uscita dall'Egitto. Durante l'esilio in Babilonia, che fu appunto interpretato come punizione per i peccati d'Israele, si diffuse l'idea che questa promessa era stata fatta al più antico antenato degli Ebrei, come leggiamo nel libro Ezechiele (ma va ricordato che il profeta non era d'accordo con questa idea).
Nella storia di Abramo c'è un episodio che ha impressionato i lettori di tutte le epoche: quello in cui Dio gli ordina di sacrificare suo figlio Isacco. Abramo è pronto a obbedire , ma all'ultimo momento un angelo gli impedisce di uccidere il figlio. L'episodio, che vuole dimostrare la devozione assoluta di Abramo al suo Dio, si collega all'uso degli antichi popoli di Canaan (i Fenici) di sacrificare i bambini agli dei. Anche la legge ebraica considerava il primogenito proprietà di Dio, ma proibiva il sacrificio umano.
Nel giudaismo il sacrificio di Isacco, chiamato Ãaqedah ("legatura della vittima posta sull'altare"), è l'esempio supremo di sacrificio di sé in obbedienza alla volontà di Dio e un simbolo del martirio ebraico. Esso viene ricordato nelle preghiere e può ottenere il perdono delle colpe dei discendenti. L'interpretazione cristiana della figura di Abramo appare già nelle lettere dell'apostolo Paolo. Per Paolo, Abramo è un esempio di fede ed è padre non solo degli Ebrei ma di tutti coloro che credono in Gesù Cristo. Per i Padri della Chiesa nel sacrificio di Isacco Abramo prefigura Dio Padre che sacrifica il proprio figlio, Cristo, per la salvezza degli uomini.
Nel Corano Abramo è presentato come primo adoratore di un Dio unico e fondatore dell'Islam; offre in sacrificio per ordine di Dio un figlio, che però non è Isacco ma Ismaele.
La più antica raffigurazione cristiana del sacrificio di Isacco si trova nelle catacombe romane di Priscilla (3° secolo) e nei mosaici di Santa Maria Maggiore (5° secolo), sempre a Roma, dove possiamo ammirare un intero ciclo di episodi della vita di Abramo. Nel Seicento, un'impressionante raffigurazione del sacrificio di Isacco è dovuta a Caravaggio; anche Rembrandt, in una delle sue numerose tele dedicate a episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, raffigurò l'angelo che ferma la mano di Abramo.