ABRASIONE
(dal lat. abràdo "raschio via"; fr. abrasion; sp. abrasión; ted. Abrasion, Brandung; ingl. abrasion, scratching).
Geografia fisica. - Termine che designa una particolare erosione delle coste. Le onde del mare che s'infrangono sulla costa esercitano su questa un lavoro di distruzione complesso, erodendo la roccia per urto diretto e per corrosione, e traendo con sé i frammenti (v. coste). Si forma così una zona costiera spianata, di solito sommersa, a spese della ripa emersa, la quale è costretta ad arretrare.
L'urto dell'onda contro la ripa ha spesso un impeto enorme. Esso determina quindi rapide, fortissime variazioni di pressione, che non possono rimanere senza effetto sulla compagine della roccia, specie se fenduta o stratificata. Infatti l'acqua può anche penetrare con forza nelle fenditure e corrodere molto addentro, massime sotto certi climi, per il ripetuto congelamento, e anche, in altre circostanze, per il potere dissolvente che l'acqua, carica di sali e di gas disciolti, può esercitare sui silicati e carbonati delle rocce. Ma ciò che soprattutto rende efficace l'azione dell'onda, è il materiale solido che questa trascina con sé: arene e ciottoli che vengono sbattuti con violenza contro la roccia e la consumano, picchiandola e scalfendola continuamente.
Questa erosione della scarpata costiera (falesia) si esercita più attiva in una stretta zona legata al livello del mare, l'altezza della quale dipende dalle variazioni di marea. Ma s'intende che il logoramento della roccia per abrasione si estende anche più in alto, per azione dei grandi marosi durante le tempeste, o indirettamente per frane, quando l'intaccatura alla base rende la pendenza eccessiva. Se la roccia è molto consistente, le onde vi possono scavare delle grotte (Riviera ligure, Capri), ovvero un'incavatura longitudinale ai piedi della falesia, finché la parte strapiombante non finisca col crollare. Il materiale più minuto strappato alla costa viene dall'onda stessa rapidamente allontanato (risucchio), e deposto sulla scarpa sottomarina, o disperso; i massi più grossi rimangono accumulati presso la riva, soggetti a un lento logorio: essi possono quindi proteggere temporaneamente la scarpata costiera, agendo come frangi-onde.
L'arretramento della ripa è più o meno rapido, a seconda della forza delle onde, della conformazione del profilo verticale ed orizzontale della costa, della compattezza della roccia, della sua natura omogenea o no, e secondo che gli strati presentano verso il mare la loro testata oppure la loro superficie.
Un lento arretramento si osserva lungo molti tratti della costa ligure. Rapidissima è la perdita litoranea all'isola Helgoland e lungo le coste inglesi.
È chiaro che, se il mare così avanza nella terraferma, rimanendo invece quasi intatta la roccia sommersa, perché il movimento dell'acqua in profondità si smorza rapidamente, si viene a formare una soglia subacquea sempre più larga, poco al di sotto della comune bassa marea. Su questa "terrazza d'abrasione" le onde esercitano ancora una lenta azione corrosiva, specie per mezzo del detrito trascinato, alternativamente, avanti e indietro, completandovi lo spianamento, oppure scolpendovi delle forme speciali, come scanalature lungo le fenditure della roccia, marmitte analoghe a quelle dei torrenti, solchi e cavità varie nelle rocce calcaree solubili (coste istriane). Lungo le coste oceaniche, dove le oscillazioni di marea sono fortissime, si vengono a formare due o più gradini costieri sovrapposti. In generale però la piattaforma litoranea si consuma troppo lentamente in confronto all'arretramento della costa, cosicché le onde arrivano a questa con impeto sempre più smorzato, e il fenomeno complessivo va rallentandosi gradatamente, e infine cessa del tutto, rimanendo i detriti più grossi accumulati sotto la ripa.
Se però il livello del mare si solleva (o la costa si deprime), l'onda sopra la piattaforma continua a raggiungere la costa erta, con tutta la sua energia, prosegue il suo lavoro di distruzione, la falesia indietreggia sempre più, la terrazza subacquea leggermente inclinata può assumere vastissime estensioni.
Come antiche superficie d'abrasione, ora sommerse, s'interpretano certe grandi estensioni pianeggianti e poco profonde del fondo marino, contigue alla terra ferma (porzioni della "piattaforma continentale"). Anche certe pianure costiere e certi altipiani pare siano stati così livellati dall'azione del mare, e di poi sollevati per altre cause geologiche. Tale origine fu dal Marinelli indicata per i ripiani pugliesi e cirenaici; dal Reusch e da altri per la vasta piattaforma, solo in parte emersa e disseminata d'isole, della costa norvegese; dal Richthofen addirittura per vastissime regioni continentali (Cina, Siberia occidentale). Molte delle cosiddette superficie d'abrasione di età geologica più o meno antica si vengono però a riconoscere piuttosto come penepiani, cioè prodotti della denudazione subaerea.
Bibl.: Per il fenomeno in sé v. F. von Richthofen, Führer für Forschungsreisende, Berlino 1886; J. Girard, Les falaises de la Manche, Parigi 1907; G. Rovereto, Geomorfologia delle coste, Genova 1902; A. Issel, l'evoluzione delle rive marine in Liguria in Boll. Soc. geog. it., 1911. Il primo ad ammettere che il mare può spianare vaste estensioni continentali fu A. C. Ramsay, On the denudation of South Wales, in Mem. Geol. Surv., Londra 1946; ma fu F. v. Richthofen a riconoscere l'efficacia straordinaria di questo fenomeno in molte regioni (op. cit., e anche: China, II, 1884). Per il dibattito, riaprentesi caso per caso, sulla possibilità dello spianamento marino in confronto alla denudazione subaerea, vedasi W. M. Davis, Plains of marine and subaerial denudation, in Geog. Essays, Boston 1910, e A. Hettner, Die Oberflächenformen des Festlandes, Lipsia 1921, pp. 89-97. Per la formazione di vaste superfici d'abrasione vedasi H. Reusch, The Norway coastplain in Journal of Geol., 1894, e anche Richter e Nansen sullo stesso argomento; O. Marinelli, Atlante dei tipi geografici, Firenze, Ist. geografico milit., 1922, tavv. 17 e 43.
Epigrafia. - Le abrasioni in epigrafia sono in genere tutte le cancellature fatte sul marmo dai lapicidi, sia per correggere un errore commesso nell'incidere un testo, sia per distruggere una intiera iscrizione fuori di uso e sostituirne una nuova. Un simile procedimento fu molto usato verso la fine dell'impero romano, nelle colonne miliarie delle grandi vie, sulle quali si cancellavano le menzioni degl'imperatori che avevano curato le strade nei secoli passati per sostituirle con i nomi e gli elogi degl'imperatori viventi. Così si hanno talvolta fino a tre iscrizioni sovrapposte mediante due abrasioni successive.
Un'abrasione di carattere speciale si faceva durante l'impero per i nomi di quegl'imperatori, o membri della famiglia imperiale, la cui memoria fosse stata condannata con decreto del senato (damnatio memoriae). Per indegnità potevano essere abrasi dalle iscrizioni di carattere pubblico i nomi di personaggi occupanti cariche pubbliche, e di privati, e anche i titoli di quelle legioni o reparti militari che si fossero ribellati. Furono martellati nelle iscrizioni i nomi di Caligola, Nerone, Domiziano, Commodo, Geta, Elagabalo, Severo Alessandro, Massimino, dei due Filippi, di Traiano Decio, Valeriano, Carino, ecc. Una tale punizione fu inflitta anche ad alcuni membri della famiglia imperiale, sia per i loro trascorsi, sia per i legami di parentela che li univano agl'imperatori, la cui memoria era stata condannata. Fra gli altri, vann0 citati: Messalina, moglie di Claudio I, Agrippina, madre di Nerone, Giulia Mesa e Giulia Mammea, ava e madre di Severo Alessandro e Giulia Soemia, madre di Elagabalo. Si trovano anche abrasi, ma solo per qualche caso speciale o in qualche provincia, i nomi degl'imperatori Gordiano III, Gallieno, e anche di Diocleziano e dei suoi colleghi nell'impero. Talvolta i nomi già martellati nelle epigrafi, furono poi restituiti, come, ad esempio, il nome di Commodo. Tra i personaggi più ragguardevoli, i cui nomi furono cancellati sui monumenti, vanno ricordati: Marco Antonio, il triumviro, Calpurnio Pisone, Elio Seiano, Asinio Gallo, Quintilio Condiano e Stilicone.
Patologia. - Nella patologia dell'uomo e degli animali si chiama così una lesione superficiale e limitata, che interessa il rivestimento epiteliale della pelle e delle mucose. È dovuta in generale a cause traumatiche lievi, come l'attrito, lo sfregamento, specialmente se agiscono in senso tangenziale alla superficie. Siccome di solito non raggiungono in profondità i vasi sanguigni del derma, in genere non sanguinano, e la loro guarigione avviene senza formazione di cicatrice, ma per riproduzione e scorrimento delle superfici epiteliali dai bordi della lesione. Invece, specialmente in alcune sedi, come la cornea, l'apice linguale, lasciando scoperte le terminazioni nervose, sono avvertite con particolari e localizzate sensazioni dolorose. Per riconoscerle, bisogna esaminare con attenzione la parte lesa, specialmente a luce radente. Il più delle volte non hanno alcuna importanza; in casi particolari, in medicina legale, sono un documento di violenza esterna. Talora invece hanno una parte importantissima nella patogenesi di malattie infettive: esse rappresentano la porta d'ingresso (o micropilo) a germi infettivi, che per la loro altissima virulenza possono sviluppare infezioni gravi e mortali. Ricordiamo fra queste le setticemie criptogenetiche, la morva, il carbonchio, il tetano, la difterite, l'eresipela, l'afta epizootica, l'adenite equina e in particolari sedi dell'uomo, l'ulcera settica corneale, le localizzazioni della Spirocheta di Schandinn, dello Streptobacillo di Ducrey, ecc.