ABRASIVO (dal lat. ab-rado, "raschio via", fr. abrasif o matière abrasive; sp. abrasivo; ted. Schleifmittel; ingl. abrasive)
Presentemente si chiamano abrasivi diversissime sostanze dure, che possono essere usate per asportare uno strato superficiale (più o meno profondo) d'oggetti che si vanno preparando.
Industrie degli abrasivi. - L'uso di sostanze abrasive era noto fin dalla più remota antichità; anche senza voler accennare qui all'epoca della pietra levigata, quando gli uomini lisciavano le armi di selce strofinandole contro pietre, possiamo ricordare l'uso di coti e mole per affilare le armi e l'uso di polvere di diamante e di altre gemme per la lavorazione delle pietre preziose presso i Babilonesi, gli Egiziani, ecc.
Per il continuo progredire delle applicazioni atte a sostituire il lavoro manuale, oggi gli abrasivi soddisfano alle esigenze più varie, giacché, p. es., con gli abrasivi si fanno tipi diversi di mole per trattare, con intenti molteplici, materiali di natura assai svariata. Così, p. es., su pezzi di ferro (ghisa, acciaio, ecc.) o di altro metallo si possono fare con le mole le seguenti operazioni: troncatura, sbozzatura, sgrossatura, sbavatura, svasatura, fresatura, affilatura, appuntitura, lisciatura, pulitura e anche brunitura; per esse si passa dal prodotto semilavorato, proveniente dalla fonderia o dalla forgia, all'oggetto finito.
Quasi tutti i metalli, eccetto quelli molto teneri, quali il piombo, si lavorano con abrasivi, e cioè: acciaio, ghisa, ferro, piombo duro, alluminio e sue leghe, rame e sue leghe (bronzo, ecc.). Diversissimi i materiali che sono lavorati con abrasivi, e a titolo di esemplificazione indicheremo: elettrodi di grafite, cilindri di gomma, oggetti d'osso, d'avorio, di materie plastiche artificiali (ebanite, bakelite, galalite, celluloide, fibra, ecc.); e diversissime le operazioni a cui gli abrasivi servono; per es.: lisciatura, decorazione, smerigliatura del vetro, del cristallo; lavorazione delle lenti; riduzione in blocchi o in lastre e sagomatura di marmo, granito, pietre artificiali, ecc.; lavorazione del sughero, del legno, sia per formatura sia per sagomatura e finitura; trattamento delle pelli conciate, tanto dalla parte della carne per assottigliarle, quanto da quella del fiore per modificarne l'aspetto, per prepararle alla verniciatura, ecc.
Larghissimo e svariato nelle forme è pure l'uso di abrasivi nella preparazione di superfici metalliche e lignee per una buona applicazione della vernice o di altro strato protettivo.
Come si vede, dall'asportazione di materiale superfluo, senza particolare cura per l'esattezza delle dimensioni, ma solo con riguardo alla forma approssimativa dell'oggetto (sbavatura di getti di fonderia o di pezzi forgiati), si va fino alla molatura di gran precisione di superfici che devono muoversi l'una sull'altra, o di spigoli di taglio; dalla lavorazione di materiali teneri ma fibrosi (legno, pelle) a quella di materiali durissimi (quali acciai temprati e graniti, ecc.).
A seconda dei casi, gli abrasivi si usano in diversi modi, cioè:
a) allo stato sciolto, come granuli liberi, o sabbia; sia secchi, sia inumiditi con acqua, o impastati con olio, grasso, ecc.;
b) foggiati in determinate forme con leganti più o meno rigidi, cioè, ad es., ridotti in mole (v. mola), ove i granuli sono tenuti insieme o da un cemento ceramico (che per effetto della cottura ad alta temperatura subisce un'incipiente fusione), o da un cemento a presa (che per effetto di reazioni chimiche o di processi di cristallizzazione, i quali si compiono a bassa temperatura, indurisce), o da resine e lacche, per es. nelle mole sottili elastiche (ove il legante è gomma lacca, che a moderato riscaldamento rammollisce);
c) fissati su supporti flessibili, cioè su carta o tela, facendosi tipi diversi, oltre che per la grana e per la qualità dell'abrasivo, anche per la qualità dell'adesivo che lo fissa al supporto; quali le tele e le carte smerigliate e vetrate, permeabili o no.
d) Vi sono poi forme intermediarie: l'abrasivo sciolto è fissato estemporaneamente su supporti di vario tipo: p. es., su dischi di tela o di pelle, formanti una mola, si fissano con colla dei granuli di abrasivo; un dispositivo comanda rigidamente o no l'abrasivo sciolto, p. es., il filo elicoidale d'acciaio costringe i granuli di carborundum o di ghisa speciale, ecc. ad intagliare la pietra; oppure la corona di una trivella porta dei diamanti, coi quali intacca la roccia.
Tra le proprietà degli abrasivi la più caratteristica è senza dubbio la durezza, ossia la resistenza alla penetrazione sotto uno sforzo tale che non provochi la rottura; hanno però grande importanza anche: la tenacità o la resistenza alla frantumazione per urto o per denti, nonostante un prolungato uso. Si aggiungano: la tendenza a formare sempre (all'atto della frattura) spigoli taglienti, quella a non riscaldarsi troppo e a non risentire dell'azione del riscaldamento che si sviluppa durante il lavoro.
Come si sa, per indicare la durezza delle sostanze, è uso valersi della scala di Mohs (v. durezza); ecco qui le durezze di alcuni dei principali abrasivi insieme ai termini superiori di tale scala (in carattere corsivo), e con a fianco anche i valori che Rosiwal ha trovato per essi con un suo metodo, che misura la resistenza all'usura, e nel quale il corindone è assunto come 1000.
Si vede che la scala di Mohs non dà un'esatta misura di proporzionalità delle diverse durezze; meglio vale quella di Rosiwal: valori analoghi a questi dà anche il metodo dello sclerometro di Jaggar.
Lasciando da parte il criterio di classificare gli abrasivi in base alla loro durezza, che sembra il più logico ma non è fino ad ora praticato, essi si raggruppano o secondo la loro origine, in naturali e artificiali, o secondo la loro composizione chimica.
Sono abrasivi naturali:
il corindone e lo smeriglio (ossido di alluminio; puro il primo, inquinato più o meno il secondo per ossido di ferro, ematite e magnetite); il quarzo, la selce o silice, ilflint (anidride silicica pura); il tripoli, la farina fossile (anidride silicica quasi pura; colorata da ossidi di ferro la prima, con acqua la seconda); il granato o garnet (silicato di alluminio e calcio); il diamante o bort (carbonio puro); il colcotar o rossetto (ossido ferrico).
Si potrebbero aggiungere: calce, carbone di legna, ossido di stagno, che sono pure usati per pulire, lucidare; così che è dubbio se veramente esercitino un'azione abrasiva.
Sono abrasivi artificiali: l'ossido di alluminio cristallizzato, il carburo di silicio, l'acciaio in grana, la ghisa in grana.
Questi prodotti vengono posti in commercio con denominazioni diversissime; talune delle quali, per essere state usate dalle case produttrici più vecchie e più importanti, valgono per antonomasia a indicare anche prodotti di altre ditte. Sono prevalentemente le case che impiegano gli abrasivi per farne mole, ecc., quelle che adottano denominazioni nuove e atte spesso a trarre in inganno, sempre a creare confusione.
Abrasivi naturali. - Smeriglio. - Contenendo una porzione abbastanza elevata di ossido di ferro (30% almeno), che ha una durezza di 6, mentre l'ossido di alluminio l'ha di 9 almeno, presenta taluni inconvenienti. Le mole ottenute con esso tagliano con difficoltà, si riscaldano facilmente, dànno un rendimento basso in proporzione del consumo o usura che risentono.
I giacimenti a Nasso (Cicladi), a Aidin (Asia Minore), sono quelli di maggior importanza per noi. Alla miniera si dirompe la roccia durissima mediante riscaldamento, seguìto da brusco raffreddamento; i pezzi poi si frantumano e riducono in granuli e polvere per mezzo di apparecchi a ganasce, a martelli, ecc.
La numerazione della finezza dello smeriglio varia secondo i produttori; in generale però i numeri più alti corrispondono al materiale più fino, cioè a granuli di diametro minore. La classatura dello smeriglio si fa con stacci di diversa finezza fino ad un certo grado di finezza, poi si ottiene con processi di decantazione; si spappola perciò la polvere di smeriglio in acqua, e, dopo averne separate le parti più grossolane con una breve sedimentazione, si decanta il liquido torbido in successivi bacini di decantazione, ove, a seconda del tenpo di deposito, si raccolgono porzioni di diversa finezza, che si distinguono con numerazioni che misurano il tempo necessario alla decantazione.
Corindone. - È un ossido di alluminio assai più puro dello smeriglio; come abrasivo si usano le qualità comuni, non quelle ialine o nobili che sono pietre preziose.
La durezza come la densità (3,9-4,16), varia a seconda della qualità e delle provenienze; le migliori per durezza e omogeneità sarebbero quelle del Madagascar e del Sud-Africa. Sono frequenti le qualità poco uniformi, sebbene esso sia, in natura, più abbondante dello smeriglio, perché non si trova in blocchi come questo, ma depositato frammisto a molte scorie da cui va separato. Nelle buone qualità si hanno spigoli di taglio affilato, che resistono bene all'usura. Spesso è preferito al corindone artificiale (v. più avanti, ossido d'alluminio artificiale) per fabbricare mole che debbano asportare molto materiale in poco tempo.
Quarzo. - Nella forma più pura e meglio cristallizzata costituisce il cristallo di rocca; viene frantumato e ridotto in granuli e usato assai per la sabbiatura di metalli, di vetro, ecc. Un getto violento di aria compressa o di vapore soffia l'abrasivo contro la superficie da lavorare.
Silice o selce. - Così si chiama commercialmente il quarzo in cristallini minuti, che dal lavoro meccanico delle acque di fiume o di mare è stato ulteriormente sminuzzato; esso è usato principalmente per fare tele e carte, per lavorare legni molto resinosi, o, sciolto, per lavorare a getto il vetro, ecc.
Flint (da non confondersi con il flint-glass). - Così si chiama negli Stati Uniti, e ora anche da noi, una varietà di quarzo (bianco, giallo, grigio o nero) di tenacità maggiore, pure a frattura concoide, ma che presenta maggior numero di spigoli e più taglienti delle precedenti. Esso non si troverebbe che nell'America settentrionale.
Garnet. - Sotto questo nome nel commercio degli abrasivi s'intende un gruppo di minerali (prevalentemente silicato di calcio e alluminio; spesso il calcio è sostituito da ferro, come nel vero granato almadino). Abbondanti e buoni i giacimenti di Spagna. Sebbene meno duro dello smeriglio (6,5-7,5), è usato per preparare tele e carte abrasive, per lavorare il legno duro, le calzature, le mole da vetro, per affilare i coltelli.
Tripol o tripolit e farine fossili. - ll primo si trova come rocce leggerissime, estremamente porose e friabili costituite da minutissimi avanzi silicei di microrganismi marini; mentre la farina fossile o Kieselguhr (impropriamente detta anche terra d'infusori) è costituita di avanzi silicei di diatomee d'acqua dolce. Il tripoli, che è silice quasi pura, è in granuli minutissimi alquanto tondeggianti, senza spigoli e per lo più giallastro per ossidi di ferro; la farina fossile (Kieselguhr) ha una densità, apparente, maggiore, minor contenuto di silice (80%), maggior tenore di acqua (6-12%); per solito è di colore bianco a granuli piatti. Entrambi questi prodotti sono considerati abrasivi dolci, da usarsi per operazioni di pulitura e lucidatura.
Diamante. - È la sostanza più dura che si conosca, ed è carbonio cristallizzato, e nelle qualità trasparenti costituisce la materia prima per brillanti; come abrasivi, si usano sia la qualità industriale, cioè non idonea per gemma, perché colorata (in giallo, in bruno e in nero: bort o carbonado), sia la polvere e i frammenti formatisi nella lavorazione a brillanti.
I diamanti industriali più scadenti sono destinati ad essere polverizzati, i migliori variano di pregio a seconda del modo in cui sono cristallizzati; quelli neri, perché più resistenti agli urti, si usano nella foratura e taglio delle rocce; gli altri per la rettifica e sagomatura delle mole.
A polverizzare i diamanti, si usano mortai di acciaio temprato; la polvere si classifica per sedimentazione in olio, e a varî gradi di finezza corrispondono tempi diversi di sedimentazione; es.. il n. 0 deposita in 5 minuti in una tazzinetta d'olio, il n. 3 in un'ora, il n. 5 in 10 ore.
Parte dei diamanti si usa allo stato quasi naturale, montandoli in guisa adatta, così da formar la parte tagliente o abradente di trivelle, fioretti, seghe, ecc., che debbano intaccare le rocce dure. In polvere il diamante, oltre che per lavorare le gemme, serve, pel suo elevato potere abrasivo, a rettificare fori in materiali assai duri, e lo si usa adoperando come sopporto un'asticina di acciaio dolce o di rame, alla quale l'abrasivo è fatto aderire per compressione e con olio.
Pietra pomice o pomice. - È un'ossidiana schiumosa, cioè una roccia effusiva d'origine vulcanica recente, di pasta interamente vitrea, di struttura spugnosa; è per lo più un silicato di alluminio, sodio e potassio, di color grigio, talora verdastro o giallastro, di lucentezza sericea. Si polverizza facilmente. Per la classificazione della pomice in pezzi, quale si fa a Lipari, che è il centro di estrazione e lavorazione più importante, v. pomice.
La pomice, sia in pezzi (pietra pomice), sia in polvere, serve principalmente per la pulitura e levigatura di marmo e di pietre artificiali, di metalli, del legno e della gomma, e per la lisciatura di vernici a pennello. Come polvere, si usa pure per fare carte e tele abrasive. Nella pietra pomice bisogna badare che non vi siano vene o nodi di feldspati o d'altri minerali i quali per la maggior durezza o tenacità possano poi rigare le superfici.
Pietra arenaria. - È un agglomerato naturale di granuli di quarzo o silice tenuti insieme da un materiale cementante amorfo, di natura calcarea o silicea. Vi sono cave che forniscono blocchi di grana molto uniforme; e spess0 in una stessa località, come si hanno strati a grana grossa e altri a grana fina, così si hanno di diverse durezze, tanto che si possono ricavare mole, talora fino a 4 m. di diametro, che si prestano a svariate esigenze. Buona consumatrice di arenarie è la fabbricazione della pasta meccanica di legno che tanto si adopera nell'industria della carta.
Pietre da affilare, pietre ad olio, coti. - Sotto nomi diversi e con caratteristiche diverse, hanno avuto larghissimo uso nel passato, e ne hanno ancora, pietre che contengono silice più o meno finemente e uniformemente suddivisa, in seno ad una massa di durezza, porosità, aspetto e composizione chimica spesso diverse. Così si va dalle pietre da coti di Pradalunga (Val Seriana), che sono calcari marmosi molto siliciferi, atti ad affilare falci e falcetti, alle pietre di Levante o turche, che sono novacoliti o schisti coticolari, di aspetto alabastrino, da usarsi con olio. L'Oriente mediterraneo ne manda dei blocchi a Marsiglia, ove vengono ritagliati e confezionati; analoghe sono quelle dell'Arkansas, simili a porcellane senza smalto: le Arkansas sono bianchissime, le Washita sono giallognole; atte ad affilare rasoi le prime, utensili da falegname le seconde. Numerose sono le località produttrici di coti; le più note sono Gateshead (Durham) in Inghilterra, con una produzione enorme; presso Spa (Belgio) si ha un tipo di coti giallo-chiare per rasoi e ferri chirurgici.
Abrasivi artificiali. - Questi vanno acquistando una sempre maggiore importanza, perhé consentono di preparare mole o altri utensili, tele e carte abrasive meglio rispondenti a scopi determinati.
I più importanti abrasivi artificiali oggi largamente in uso nell'industria sono due: l'ossido d'alluminio cristallizzato, e il carburo di silicio; ma nel commercio, non tanto per cura delle poche case che li fabbricano, quanto per colpa delle molte che li usano per confezionar mole, vengono dati a questi due abrasivi artificiali così svariati nomi, che si potrebbe essere indotti a credere che si tratti di numerosi prodotti sostanzialmente diversi, perché purtroppo i loro nomi non solo non hanno spesso nulla a che fare con la composizione chimica dell'abrasivo, ma possono anzi facilmente indurre in errore su di essa.
Ossido d'alluminio artificiale cristallizzato (Al2O3). - Vengono posti in commercio varî abrasivi che sono composti di ossido d'alluminio cristallizzato; in alcuni prodotti è quasi puro (99% circa), in altri invece il tenore di ossido di alluminio è del 90-94% circa; in altri infine scende al 71% circa; ma le sostanze che lo accompagnano (cromo, silice, ecc.), hanno grande importanza, perché aumentano la tenacità del prodotto, ecc. A quest'ultimo tipo appartengono alcuni materiali che sono sottoprodotti di operazioni alluminio-termiche (cioè processi o di riduzione di taluni ossidi metallici, o di fusione ad alta temperatura, ottenuti per combustione dell'alluminio).
I primi abrasivi di questo tipo vennero ottenuti sottoponendo alla fusione lo smeriglio o il corindone, e ciò si fa ancora in qualche caso; però, ad eliminare l'ossido di ferro si opera in presenza di carbone, così da ridurre tale ossido a ferro metallico, che si separa facilmente. Per merito di C. B. Jacobs (1899), la materia prima ora più comunemente usata per questa industria è la bauxite, minerale contenente in media dal 60-70% (talora fino ad oltre il 90%) di ossido d'alluminio idrato, dal 3 al 15% (talora fino al 30%) di ossido di ferro, dall'1 all'8% (talora fino a 15-25% di anidride silicica, oltre a quantità più o meno forti di acqua (v. bauxite, alluminio, ecc.).
La bauxite dev'essere sottoposta a due trattamenti: a) eliminazione di gran parte dell'acqua, calcinandola per lo più in forni cilindrici rotativi; b) eliminazione del ferro, riscaldando la massa insieme con polvere di coke e tornitura di ferro in un forno elettrico, o mediante un qualsiasi altro processo idoneo.
L'ossido di alluminio fuso, a 2000° circa, in forno elettrico va fatto raffreddare lentamente, perché riesca ben cristallizzato: il modo di raffreddamento ha grande influenza sulla bontà dell'abrasivo; se esso è alquanto accelerato, si ottengono cristalli piuttosto minuti e a spigoli più taglienti. Ciò spiega come si ottengano migliori risultati operando con forni elettrici a grande capacità (carica 5 tonn.).
Quando si opera con bauxite molto pura e si ha un prodotto al 99% di ossido di alluminio, i granuli presentano alla frattura bordi molto acuminati e, durante il lavoro nella mola, si sfaldano così da presentare nuovi spigoli; il prodotto puro è però più fragile dell'altro: offrono maggior tenacità i prodotti contenenti cromo, come quelli ottenuti nel processo alluminio-termico per la preparazione del cromo. Le più note denominazioni commerciali dell'ossido d'alluminio artificiale per abrasivi sono: Alundum, Corundum, Exolon; altre ricordano o la composizione del prodotto: Aluminox, Oxalumina, o le sue caratteristiche fisiche: Dural, Crystals, Redcorit, ecc., o i processi di preparazione: Carbo-alumina, Elektrit, ecc., o gli altri abrasivi naturali o artificiali: Corindite, Diamantite, ecc.
Carburo di silicio (SiC). - È il più duro, il più tagliente di tutti gli abrasivi, e forse il più fragile; però, anche per essere stato introdotto per il primo fra quelli artificiali, è il più diffusamente e variamente adoperato. Come al precedente prodotto, così a questo il commercio dà nomi svariati: il più noto è forse quello di carborundum usato da Acheson, che lo scoperse per caso nel 1891, cercando di preparare il diamante artificiale, e per il primo lo produsse, iniziando la fabbricazione su vasta scala di un abrasivo artificiale. In complesso però negli altri nomi la fantasia brilla meno che coll'ossido d'alluminio. La maggior parte dei nomi rammenta o l'uno o l'altro dei componenti e per lo più il carbonio: ad es., in Carbolite, Carbolon, Carbora, Carbowalt, Dicarbo, ecc., oppure il silicio: Silizit, o entrambi: Carbosilum, Sika, oppure il modo di preparazione: Electrolon, o l'aspetto cristallino: Crystolon, ecc. Per la sua fragilità o limitata resistenza allo schiacciamento e per la facilità che hanno i suoi granuli, di struttura cristallina, a fratturarsi in modo irregolare, dando spigoli taglientissimi perché sempre affilatissimi, il carburo di silicio si presta a lavorare metalli poco tenaci o teneri (ghisa, bronzo, ottone, rame, alluminio), o sostanze di struttura fibrosa (cuoio, pelli, corna, osso, ecc.), e anche vetro, porcellana, madreperla, gomma, nonché le gemme. Il carburo di silicio è ottenuto riscaldando in forno elettrico a resistenza (ad es. di 125 Volt con 6-10.000 Amp.) una miscela di 1/3 circa il carbone coke e 2/3 circa di sabbia silicea, con piccole percentuali di sale comune, che fa volatilizzare le scorie di ferro, ecc., e quasi il 7-8% di segatura di legno che, rendendo porosa la massa, facilita lo svolgimento di gas. Nell'interno della massa e per creare una zona di minor resistenza fra gli elettrodi, si fa un'anima con coke già usato, poi grafitizzato in parte. L'operazione tra avviamento del forno e cottura richiede 35 ore, e 24 ne occorrono pel raffreddamento. Il forno, che è molto semplice, viene demolito, e la massa attorno all'anima di coke, che risulta di zone di carburo di silicio di differente purezza e aspetto, viene frantumata e depurata con trattamenti chimici, ad acido e alcali concentrati. Il prodotto industriale è cristallino, lucentissimo, di colore da grigio a nero, con toni e riflessi verdi, o blu, o violacei per tracce di ferro e di carbonio.
A questo abrasivo si può attribuire una durezza di 9,5; certo notevolmente superiore a quella degli altri abrasivi, escluso il diamante. Altra caratteristica di questo corpo è quella di avere una miglior conduttività per il calore rispetto ad altri abrasivi, cosicché meno facilmente subisce eccessivi riscaldamenti durante il lavoro.
Vetro. - È usato come abrasivo quasi soltanto frantumato e incollato su carta o tela, nelle cosiddette carte vetrate. È di estrema fragilità; di durezza che varia molto a seconda della composizione e del modo di raffreddamento, e che oscilla fra 4 e 7 di Mohs, la media essendo di 5. Per quanto abbia spigoli di taglio affilatissimi, il suo uso è limitato alla lavorazione di legno tenero e resinoso.
Acciaio in grana. - Con la ghisa in grana forma il gruppo degli abrasivi metallici. Si tratta di acciaio ad alto tenore di carbonio, che per trattamento speciale, probabilmente di tempera, ha acquistato le necessarie caratteristiche di durezza, abrasività e fragilità. Con appositi apparecchi viene quindi frantumato e poi ridotto in grane da n. 4 a n. 2000.
Ghisa in grana. - Si tratta di ghisa bianca, durissima. Si ottiene già in granuli, facendo che il getto di ghisa liquefatta venga disperso da un potente soffio di vapore o di aria calda: le goccioline, cadendo in acqua, vengono raffreddate quasi istantaneamente. Se ne corregge la durezza eccessiva con una ricottura idonea. Il materiale così ottenuto in grana viene poi sottoposto a classatura.
La maggior parte degli abrasivi deve venire opportunamente sminuzzata o ridotta in grana per essere usata come materiale sciolto, o foggiata in mole, o fissata su tela o carta. Si usano dapprima apparecchi a maglio e poi concasseurs o frantumatori, sia a ganasce con movimento alternato, sia a cilindri girevoli. Si polverizza poi, ricorrendo talora a mulini a palle; prima o dopo di questa operazione, si eliminano le scorie (ad es. il ferro per mezzo di magneti, e le parti troppo fine con ventilazioni).
Per classificare gli abrasivi in granuli, a seconda delle dimensioni di questi, si usano diverse numerazioni, che variano da paese a paese e da prodotto a prodotto, e talora da industria a industria in uno stesso paese.
Più generalmente si designano con la numerazione della rete per cui passa quella grana e non una più grossa, o coi numeri delle due reti che rispettivamente lasciano passare o trattengono i granuli. Le reti, alla loro volta, sono numerate in base al numero di maglie per pollice inglese lineare, ammesso che i fili della rete non abbiano quasi spessore.
Si può considerare come parte dell'industria degli abrasivi la trasformazione dei materiali granulosi, qui descritti, in aggregati, quali le mole abrasive, le coti artificiali, le carte e le tele abrasive.
Le mole abrasive dapprima si ricavavano da pietra adatta (arenarie); ora vengono prodotte foggiando addirittura in forma idonea i granuli di abrasivi col sussidio di leganti o impasti, i quali sono caratterizzati da diverso grado di durezza, o meglio di tenacità o di resistenza alla disgregazione, e che hanno diverse esigenze di lavorazione. Nelle mole è necessario fare distinzione fra la durezza dell'abrasivo e la durezza della mola, quest'ultima dipendendo dal legante.
Mole abrasive artificiali. - Si cercò dapprima di saldare fra loro i granuli abrasivi, impastandoli con 15-20% di cemento comune (Portland e simili); poi si usò e si usa tuttora, in taluni casi, il cemento di ossido e cloruro di magnesio, operando la formatura col sussidio di forti compressioni (200-300 kg. per cmq.). Però oggi il più usato dei leganti è l'impasto ceramico, che risulta di caolino, feldspato, ecc.; se ne impiega un 5-25% sulla massa, si foggiano con esso mole, che si fanno asciugare assai lentamente, si cuociono con grande cautela e con grande lentezza (talora occorre qualche settimana), portando ad incipiente fusione il legante affinché possa saldare fra loro i granuli d'abrasivo. La formatura si può fare mediante colatura, con impasto piuttosto molle o mediante pressione, usando un impasto piuttosto asciutto e lavorando con pressa talora di qualche migliaio di tonnellate di pressione.
Impasto al silicato. - Si usa una soluzione densa di silicato sodico, addizionata talora di ossido di zinco. La formatura si fa di solito a pressione assai minore che coll'impasto ceramico, e si ottengono mole più tenere. Si essicca e si cuoce per 20-30 ore, riscaldando solamente fino a circa 300°, servendosi talora di forni elettrici.
Impasto elastico. - È usato per mole sottili che lavorano di taglio. Mescolato all'abrasivo un 5-12% di gomma-lacca in polvere, si riscalda la massa, così da portarne a fusione la gomma, sottoponendola alternatamente a compressione; si forma quindi in stampi di metallo a caldo, e si ricuoce più volte a bassa temperatura (120°-175°). Altri impasti sono a base di gomma vulcanizzata, di celluloide, d'asfalto, ecc.
Per le tele e carte abrasive, il processo di fabbricazione è, in succinto, il seguente. Il rotolo di carta o di tela viene lavorato in modo continuo; passa dapprima fra cilindri, che v'imprimono la marca, la numerazione; quindi sull'altra faccia viene spalmata una soluzione di colla più o meno densa su cui cade poi un velo uniforme di abrasivo in granuli; eliminato l'eccesso di materiale (cioè la parte non fissata), si dà ancora colla meno densa, e quindi si fa asciugare passando in essiccatoi a festoni.
Vi sono tipi di carte abrasive impermeabili, che, potendo essere usate bagnate con acqua, si prestano, per speciali lavori preparatorî, alla verniciatura.
Bibl.: I. Exard, Les matières abrasives industrielles, Parigi 1910; A. Searle, The manufacture and uses of abrasive material, Londra 1922; A. Giordano, Abrasivi, affilatrici, rettificatrici, Milano 1926. Periodici: Abrasive industry, Cleveland; Schleifen u. Polieren, Coburgo.