ABRUZZO (I, p. 126)
Popolazione (p. 129). - I dati statistici sulla popolazione desunti dalle più importanti e recenti rilevazioni sono raccolti nella tabella seguente:
Non sono possibili immediati confronti con i censimenti precedenti perché in passato l'Abruzzo era diviso in sole tre provincie, ma la presente tabella mette in luce il divario, sia nell'aumento della popolazione, sia nella densità, fra le provincie affacciate al mare (tra le quali è in prima linea quella di Pescara, che si estende quasi soltanto nella zona marittima o submarittima) e la provincia dell'Aquila, interna e in gran parte montuosa.
Una rilevazione fondata sul censimento del 1931 ha trovato nell'Abruzzo 839 centri abitati con una media di oltre 3 centri per ogni comune. Ciò è dovuto all'esistenza di numerosi piccoli centri specialmente in alcune parti dell'Abruzzo aquilano. Sul totale dei centri, ben 83 erano sopra i 1000 metri e quattro sopra i 1400. La popolazione classificata come sparsa, era poco più dell'8,5% nella provincia dell'Aquila, dove invece sono numerosi appunto i centri piccoli e piccolissimi; superava il 42% nella provincia di Chieti, il 48% in quella di Teramo e il 57% in quella di Pescara. Il contrasto nella distribuzione della popolazione fra le provincie interne montane e quelle marittime, prevalentemente collinose, risulta evidente.
Secondo il censimento del 21 aprile 1936 (non si hanno dati posteriori) sul totale della popolazione si aveva come popolazione attiva: il 44,3% nella provincia di Chieti, il 37,7% in quella dell'Aquila, il 39,6% in quella di Pescara, il 41,4%, in quella di Teramo. Il carattere agricolo dell'Abruzzo risulta dalla percentuale della popolazione dedita all'agricoltura (sul totale della popolazione attiva) come si può vedere dalla tabella seguente:
Condizioni econoniche (p. 130). - Nel 1936, data dell'ultima rilevazione, il territorio di ciascuna provincia era ripartito dal punto di vista della utilizzazione, nel modo indicato dalla tabella seguente:
Per la consistenza del bestiame si hanno i risultati di una rilevazione eseguita il 15 settembre 1944
Raffrontando queste cifre con quelle del censimento generale del bestiame eseguito nel luglio del 1942 risulta in complesso una perdita, come conseguenza diretta o indiretta della guerra, di più del 25% di bovini, di più del 35% degli ovini e del 45% circa dei suini. Ma il patrimonio del bestiame si viene ricostituendo.
L'Abruzzo, pur mantenendosi essenzialmente un paese ad economia agricolo-pastorale, ha avuto negli ultimi venti anni prebellici un notevole sviluppo industriale, a cui la guerra ha tuttavia inferto un grave colpo. Le opere recenti più cospicue erano i grandi bacini lacustri artificiali costruiti per fornitura di energia idroelettrica, tra i quali sono da annoverarsi in prima linea quello di Campotosto, il più esteso, e quello sul Turano; inoltre quelli sul Tronto, sul Sagittario, sul Pescara e sul Sangro.
La guerra ha apportato gravi danni alle colture (specie agli uliveti) e, come si è visto, alla consistenza del bestiame. Per quanto riguarda le costruzioni, i maggiori danni sì riscontrano nella provincia di Chieti (12.704 abitazioni distrutte o rese inabitabili); seguono l'Aquila (3602) e Pescara (3040); minori danni ha subito la provincia di Teramo (509). Gravissime le distruzioni apportate alle ferrovie, alle strade ed ai ponti. Ma la rete stradale è stata ormai interamente ricostruita, e quella ferroviaria è in funzione tranne alcune linee secondarie ricche di opere d'arte non ancora tutte ricostruite (come la Sulmona-Isernia e la Castel di Sangro-Ortona).
Danni di guerra ai monumenti e alle opere d'arte.
Sebbene fra l'inverno e la primavera del 1943-44 nella regione si sia duramente combattuto e alcuni centri siano stati gravemente danneggiati o addirittura distrutti, le principali opere di effettivo interesse artistico hanno, nel complesso, subito danni limitati. Per i monumenti colpiti si è subito provveduto ad opere di restauro e consolidamento che sono valse a limitare al minimo le perdite. Così nel S. Giovanni in Venere di Fossacesia, la famosa badia romanica rimasta a lungo sulla linea del fuoco, sono stati riparati i muri sfondati da cannonate, e ricostruite le coperture, così a S. Clemente a Casauria dove i danni si limitavano a qualche cedimento nelle coperture, così per la cattedrale di Ortona rimasta tuttavia priva del campanile. A Giulianova si è curato il restauro della romanica S. Maria a Mare, mentre a Guardiagrele sono stati ultimati i restauri delle due chiese di S. Maria Maggiore e di S. Francesco.
Danni di minore rilievo, presto riparati, si sono dovuti lamentare nella cattedrale di Penne, in S. Maria del Ponte a Tione, nella importantissima badia di S. Maria Arabona presso Manoppello, nella collegiata di Castel di Sangro, nella parrocchiale di Alfedena, in S. Maria Maggiore e in S. Biagio di Lanciano, in S. Maria delle Monache a Isernia, in S. Menna di Lucoli, nel museo civico, nell'eremo di S. Pier Celestino e nella badia Morronese a Sulmona.
Bibl.: U. Chierici, I danni di guerra al patrimonio artistico degli Abruzzi e del Molise, L'Aquila 1945; Soprintendenza ai Mon. e alle Gall. dell'Abruzzo, Relazione sull'attività dell'Ufficio, nel quadriennio 1942-45, ivi 1945.