ABRUZZO (I, p. 126; App. II, 1, p. 3; III, 1, p. 3)
Popolazione. - Al censimento dal 24 ottobre 1971 la popolazione residente era di 1.166.694 ab. (densità 108 ab. per km2).
Nel ventennio 1951-71 il decremento demografico, che ha interessato 282 dei 305 comuni dell'A., è stato dell'8,7%, con punte anche del 65% per alcuni comuni dei versanti meridionale (aquilano) e settentrionale (teramano) del Gran Sasso, dove più di un centro è ormai quasi del tutto spopolato. Dalle aree montane, che comprendono 166 comuni, è ancora molto forte l'emigrazione verso i paesi europei (80%), Nordamerica e Australia.
Sempre nel 1971 il 25% dei residenti era concentrato nei capoluoghi, con aumento del 18% rispetto al 1961. Tra le città, Pescara ha avuto l'incremento più consistente superando attualmente i 130.000 ab. (44.000 nel 1931, 87.000 nel 1961, 122.000 nel 1971).
La popolazione attiva in condizione professionale (escluse le persone in cerca di prima occupazione) è risultata pari a 384.810 ab., ossia il 33% del totale (media nazionale 34,7%). Gli addetti all'agricoltura erano il 26% dell'intera popolazione attiva con massimi del 50% di molti comuni montani o della collina interna.
Condizioni economiche. - L'agricoltura è ancora l'attività prevalente nella regione. L'87% delle aziende è a conduzione diretta. Grano, patata, ortaggi, olivo e vite sono le colture tradizionali, ma quest'ultima offre le migliori prospettive grazie anche all'introduzione e alla valorizzazione del vitigno "Montepulciano d'Abruzzo". La produzione annua di vino è di circa 3 milioni di hl, mentre la zona chietina (Francavilla-Tollo-Ortona) dà 1 milione di q di uva da tavola, per la cui produzione l'A. è superato solo dalla Puglia.
Scomparse ormai da tempo le colture della canapa e del lino, emerge, fra le piante industriali, quella della barbabietola da zucchero che è diffusa soprattutto nella provincia aquilana (69% della superficie regionale) e in particolare nella piana del Fucino. Qui le rese per ettaro (590 q) sono le più alte in campo nazionale (Abruzzo 522, Italia 434, nel 1972). La produzione regionale di zucchero è di circa 500.000 q annui, ottenuta quasi esclusivamente negli stabilimenti di Avezzano e di Celano (entrato in funzione di recente), ambedue nel Fucino. D'importanza del tutto secondaria è l'impianto saccarifero di Chieti Scalo; quello di Giulianova (Teramo) è stato chiuso da qualche anno.
Di recente introduzione è la floricoltura (garofani, bulbose, crisantemi) che ha il suo centro nel bacino del fiume Saline, a N di Pescara, dove la superficie a fiori in serra è passata da 1 a 6 ettari nel giro di qualche anno. In questa zona, presso il centro abitato di Penne, è stato sbarrato il corso del Tavo-Saline con una diga lunga 500 m che ha dato luogo ad un invaso di 10 milioni di m3.
Molto scaduta è invece l'antica coltivazione dello zafferano praticata nei piani carsici a S dell'Aquila (Navelli), ormai circoscritta a 30 ha (200 nel 1954) con medie di 3 q (20 nel 1954).
L'allevamento ha cambiato aspetto negli ultimi decenni: la millenaria transumanza degli ovini verso i pascoli invernali della Puglia e della Campagna Romana si pratica tuttora, anche se in minor misura di venti anni fa, ma il trasporto degli animali avviene quasi esclusivamente con autocarri o per ferrovia. Inoltre, si va diffondendo la transumanza verticale dagli altopiani intorno al Gran Sasso, Velino-Sirente e Monti della Laga verso le sottostanti piane e vallate intermontane. Nel territorio di Castel del Monte, alle pendici meridionali del Gran Sasso (1300-1700 m), si sta realizzando un progetto di azienda-pilota per l'allevamento stanziale degli ovini da carne (6000 capi) che s'intende lanciare in campo europeo. Il numero degli ovini in A. è attualmente di 450.000 capi. Potenziato, soprattutto se messo in proporzione con il diminuito numero degli abitanti, risulta l'allevamento dei bovini (200.000 capi) con progressivo aumento percentuale delle mucche lattifere (50%). Sono sorti numerosi caseifici, latterie cooperative e stalle sociali sia negli altopiani dell'interno (Rocche, Cinque Miglia), sia intorno alle maggiori città.
Il porto di Pescara continua ad accentrare l'attività peschereccia che però non ha fatto apprezzabili progressi.
L'industria occupa il 21% della popolazione attiva con massimi del 30% nell'area chietino-pescarese dove, nel periodo 1962-69, è stato costituito il Consorzio per l'area di sviluppo industriale della Valle del Pescara che opera su 900 km2 in 26 comuni delle province di Pescara e di Chieti con circa 8000 addetti (meccanica-metallurgica, cellulosa, confezioni: vestiario e camiceria). All'estremità meridionale della costa adriatica abruzzese è il nucleo industriale del vastese (Cupello-Vasto-S. Salvo) che si serve dei pozzi metaniferi della zona e la cui industria pilota è la Società Italiana Vetro di S. Salvo con 3000 addetti. Gli altri nuclei industriali dell'A. sono quelli di Avezzano, Sulmona, Teramo e L'Aquila (apparecchiature elettroniche della SIT-SIEMENS con 4500 addetti). Gli impianti di Bussi sul Tirino in provincia di Pescara, i più antichi della regione, sono passati alla Montedison dopo la chiusura definitiva di quelli di Piano d'Orta e producono antidetonanti per benzine e parecchi prodotti chimici di base.
Subito dopo la seconda guerra mondiale sembrava che il sottosuolo abruzzese ospitasse qualche giacimento di petrolio nei pressi di Alanno (Pescara), ma le perforazioni si sono rivelate infruttuose. Invece, vengono coltivati con profitto i giacimenti di metano di Cellino-Castelnuovo (Teramo) e di Cupello (Chieti) da dove un gasdotto raggiunge Terni dopo aver alimentato le industrie della valle del Pescara e di tutta l'area aquilana.
Con una produzione annua di oltre 2 miliardi di kWh di energia elettrica, quasi tutta di origine idrica, l'A. si pone al sesto posto nella graduatoria delle regioni italiane. Circa la metà dell'energia proviene dalle grandi centrali idroelettriche del bacino del Vomano (Provvidenza, S. Giacomo, Montorio), con una potenza installata di 466.000 kW. Esse dipendono dal bacino artificiale di Campotosto, a 1325 m s.m. in provincia dell'Aquila, uno dei più grandi d'Italia (16 km2) con una capacità d'invaso di oltre 300 milioni di m3 di acqua. I lavori di costruzione e di ampliamento degl'impianti, durati un trentennio, sono completati.
Le cave di bauxite dei bacini carsici intorno al Velino, poste fin verso i 1500 m s.m., sono state definitivamente abbandonate.
Le ferrovie non hanno avuto apprezzabili miglioramenti in questi ultimi decenni, se si eccettua il raddoppio della linea adriatica in corso di realizzazione; al contrario le strade ordinarie sono state migliorate e potenziate. L'A. ha 160 km di strade statali ogni 100.000 ab., 351 km di provinciali e 600 km di comunali (medie nazionali 75,169 e 276 km rispettivamente).
La regione avrà presto anche una rete autostradale di prim'ordine. Lungo la costa il territorio abruzzese è attraversato per 150 km dalla Bologna-Canosa (A14). Nel 1970 è stato aperto al traffico il tratto Roma-L'Aquila di 118 km con diramazione per Avezzano. Sono in fase di avanzata costruzione i tronchi Avezzano-Popoli-Pescara e L'Aquila-Teramo-Alba Adriatica. Quest'ultimo tratto ha trovato grandi ostacoli nella natura carsica del Gran Sasso: infatti, durante la costruzione della doppia galleria (11 km) sotto il massimo rilievo della penisola, si sono verificate forti perdite di acqua che hanno impedito i lavori per molti mesi.
Non vi è dubbio che l'apertura dell'autostrada per Roma ha dato un forte impulso al traffico tra l'A. aquilano e la capitale, vivificando il turismo che dimostra di essere una componente di primaria importanza nell'economia della regione ed è suscettibile di ulteriore potenziamento. Nel 1971 in A. vi erano poco meno di 600 esercizi alberghieri con 12.000 camere e 22.000 posti letto.
Tra i centri del turismo estivo e invernale della zona aquilana, Roccaraso (Piano delle Cinque Miglia), Pescasseroli (Parco Nazionale d'Abruzzo), Rocca di Mezzo e Ovindoli (Altopiano delle Rocche), va ora annoverato anche l'importante stazione invernale di Campo Felice. Grande sviluppo ha avuto lo sport della neve a Passo Lanciano-Maielletta, ai Prati di Tivo-Pietracamela (Gran Sasso), al Campo Imperatore (Gran Sasso) che servono rispettivamente Pescara-Chieti, Teramo e L'Aquila, ma che sono sempre più frequentemente raggiunti anche da Roma, Napoli e Bari. In queste località sono state costruite molte piste, sciovie e seggiovie e sono stati aperti nuovi rifugi. Lungo la costa, alle tradizionali stazioni balneari si sono aggiunti in questi ultimi anni Montesilvano Spiaggia (Pescara), Alba Adriatica (Teramo), Marina di Vasto (Chieti). Come conseguenza dell'avvento del turismo, a parte i comprensibili vantaggi economici per le popolazioni locali, sono stati costruiti numerosi nuovi nuclei e villaggi in prossimità dei vecchi centri abitati (Rocca di Mezzo, Pescasseroli, Scanno, Roccaraso), alcuni dei quali, trovandosi nelle aree pascolative oltre il limite superiore del bosco, danneggiano l'allevamento ovino dato che alcuni di questi insediamenti sono sorti senza alcuna programmazione e senza alcun rispetto per l'ambiente. Vedi tav. f. t.
Bibl.: M. Ortolani, Memoria illustrativa della carta della utilizzazione del suolo degli Abruzzi e Molise (con la collabor. di P. Dagradi), Roma 1964; J. Demangeot, Géomorphologie des Abruzzes adriatiques, Parigi 1965; M. Fondi, Abruzzo e Molise, Torino 1970; U. Sprengel, Die Wanderhenderwirtschaft im mittel-und südostitalienischen Raum, Marburg a. d. Lahn 1971.
Archeologia. - Le principali scoperte archeologiche, avvenute in A., negli ultimi anni, sono state effettuate nelle località di Campovalano, di Capestrano, di Alfedena, di Alba Fucente e di Sulmona.
A Campovalano, in provincia di Teramo, sotto la montagna di Campli, è stato esplorato, mediante campagne di scavo condotte regolarmente dal 1967, un ampio sepolcreto, la cui cronologia si estende dalla tarda età del Bronzo ad epoca romana. Le tombe, tutte a ìnumazione, sono normalmente senza lastre di protezione e riempite di ciottoli, che hanno schiacciato e frantumato i corredi. Le sepolture dimostrano orientamenti diversi. Alcuni circoli con inumazioni multiple sono stati riconosciuti come sepolcri di famiglia. I corredi più significativi si datano fra gl'inizi del 6° secolo e il primo quarto del 5°. Nelle tombe più ricche (poche rispetto a quelle con corredo povero limitato all'essenziale), a rarissimi pezzi ceramici d'importazione si contrappone una notevole quantità di bronzi. Di questi gli arredi domestici (fra l'altro, oinochoai, kylikes, kantharoi, lebeti, tripodi), oggetti di prestigio e di lusso, sono deposti prevalentemente in sepolture maschili. Nelle deposizioni femminili i bronzi sono rappresentati soprattutto da oggetti di ornamento personale, fra i quali placche di "stola" o di cinturone. Tra le armi, accanto alle numerose cuspidi di lancia, sono state rinvenute spade, daghe, pugnali, teste di mazza. Tipica di Campovalano è una ceramica buccheroide, che a forme d'imitazione etrusca (oinochoai a bocca trilobata, calici, kantharoi, amphoriskoi) affianca forme di tradizione locale, delle quali le più diffuse sono costituite da un tipo di pisside molto elaborato e dall'olla panciuta su piede con anse di varie forme spesso fornita di coperchio. La povertà dei corredi delle tombe fra la metà del 5° e il 3° secolo a. C. dimostra un progressivo decadimento e isolamento delle popolazioni stanziate intorno alla zona di Campovalano.
Una serie di saggi di scavo è stata eseguita nel 1964 nella piana di Capestrano, nel luogo della necropoli parzialmente scavata in seguito al rinvenimento della statua di guerriero, ora al Museo nazionale di Chieti, nel 1934. Le tombe esplorate e rimaste finora inedite sono tutte tarde (per quanto si può desumere dalle poche informazioni che se ne hanno, del 4°-3° secolo), e non s'è trovata altra traccia del sepolcreto del 8°-6° secolo precedentemente documentato da un gruppo di ventun sepolture a inumazione disposte senza orientamento unitario. Inedite, inoltre, sono le tombe a camera del 2°-1° secolo (scavate a notevole profondità tagliando le deposizioni più antiche) rinvenute nel 1973. Il recupero, invece, di nuovi frammenti scultorei, quali la stele di Guardiagrele, la "testa Leopardi" (frammento di stele da Loreto Aprutino) e le cosiddette "Gambe del diavolo" (altro frammento di stele da Collelongo della Marsica), conservati nel Museo nazionale di Chieti, hanno fatto situare la statua del guerriero (liberata dai vecchi restauri, per i quali non sono stati ravvisati elementi probanti) e il frammento di statua femminile, rinvenuto con essa, in uno sviluppo della plastica funeraria medio-adriatica dalla stele antropomorfa alla statua iconica a tutto tondo.
La revisione critica dei materiali della necropoli di Alfedena (correntemente datata fra lo scorcio del 6° e la fine del 4° secolo) è stata occasione nel 1974 per la ripresa di un'esplorazione sistematica del sepolcreto al fine di accertarne i limiti e verificare i dati relativi all'associazione dei materiali nei singoli corredi sconvolti al termine della seconda guerra mondiale in seguito ai danni arrecati al Museo civico aufidenate. E stato esplorato un gruppo di cinquantatré tombe isolato su tutti e quattro i lati e limitato a una fascia piuttosto ristretta di terreno. Le tombe sono tutte a inumazione a fossa rettangolare rivestita di grossi lastroni di calcare. Scavate entro uno spesso strato alluvionale, a diverse profondità, le sepolture hanno dimensioni pressoché costanti e sono distribuite senza un orientamento preciso. Fra gli oggetti di corredo sono costanti le fibule di ferro con agemina di bronzo e con applicazioni di ambra e di bronzo. Numerose tombe topograficamente ravvicinate sono prive di vasi di ceramica, presenti nelle altre, quasi sempre in numero di due, e collocati presso i piedi o le gambe, a volte anche presso la testa. Non sono state trovate armi o oggetti di uso tipicamente maschile, a eccezione dei cinturoni. Unici elementi indicativi di deposizioni femminili sarebbero le probabili collane di ambra. Elemento caratterizzante di alcune tombe è un coltellino posto lateralmente sul petto.
Ad Alba Fucente sono stati proseguiti gli scavi fra la via Valeria e la via dei Pilastri. È stato messo in luce un grande complesso termale e nel suo ambito un vano rettangolare, dove si è rinvenuta una statua colossale di Ercole, rielaborazione del tipo dell'Epitrapezios, della fine del 2° secolo o degl'inizi del 1°. Lungo la via Valeria è stato, inoltre, esplorato un edificio privato con ampio peristilio; mentre il proseguimento dello scavo nella zona dell'anfiteatro ha permesso di stabilire che il monumento fu costruito grazie al legato del prefetto del pretorio Q. Naevius Sutor Macro vissuto durante i regni di Tiberio e di Caligola. Ulteriori ricerche hanno in parte permesso di chiarire l'impianto urbanistico della città, che sembra esser stata fondata dai Romani direttamente su suolo vergine. Esse, inoltre, hanno consentito di precisare vari problemi relativi al santuario di Ercole, al tempio italico di Pettorino e a quello sottostante la chiesa di S. Giovanni.
Alle pendici del Monte Morrone, circa 5 km a N di Sulmona, è stato identificato il santuario di Ercole Curino (un grande complesso articolato in due terrazzamenti artificiali, dei quali il primo comprende un piccolo thesauròs, dove sono state ritrovate, fra gli altri doni votivi, una statuetta di bronzo di Ercole in riposo e una di marmo di Ercole cubans dedicata dallo sculptor statuarius L. Albius Eros; e il secondo, impostato secondo gli schemi architettonici dei grandi santuari laziali del 1° secolo a. C., è il risultato di un grande ampliamento avvenuto nella prima metà del 1° secolo a. C.); le ricerche di topografia hanno portato al riconoscimento di uno "schema urbanistico regolare, a strade parallele delimitanti isolati di dimensioni non accertate, con orientamento imposto dalla situazione idrografica", che è possibile far risalire al 1° secolo a. C. in un momento posteriore alla guerra sociale.
In provincia di Chieti risultanze notevoli provengono dal municipio di Iuvanum, tra Montenerodomo e Torricella Peligna, in località S. Maria di Palazzo: un teatro, addossato a una piccola collina sulla quale sono anche i resti di due templi; in basso, il foro rettangolare e una basilica. Sembra che Iuvanum sia il centro romano, mentre del centro preesistente, abitato dai Frentani, si avrebbero testimonianze proprio a Montenerodomo (mura poligonali). Ma le scoperte di gran lunga più notevoli vengono da Schiavi d'Abruzzo ove, a partire dal 1964, è stato scavato, a 1200 m d'altezza, un luogo di culto sannitico con un tempio sistemato su un podio cui si accede con una breve scalinata. Il complesso è sufficientemente ben conservato: il tempio è prostilo, con un profondo vestibolo a colonne ioniche; accanto sono state ritrovate parti di un edificio cultuale più piccolo. Vedi tav. f. t.
Bibl.: In generale: V. Cianfarani, Antiche civiltà d'Abruzzo, Roma 1969; H. Blanck, Archäologische Funde und Grabungen in Mittel-Italien, 1959-1969, in Arch. Anz., 1970, pp. 327-46. In particolare: Campovalano: O. Zanco, Bronzi arcaici da Campovalano, Roma 1974. Alfedena: Autori vari, Scavi del 1974 nella necropoli, in Not. Scavi, 1975, pp. 409-81. Alba Fucente: J. Mertens e altri, Alba Fucens, I-II, Bruxelles-Roma 1969; V. Cianfarani, in Enc. Arte Antica. Suppl. 1970, Roma 1973, s. v. alba fucente (con ulteriore bibl.). Sulmona: A. La Regina, Sulmona, in Quad. Ist. Topogr. Ant. Univ. Roma, II (1966), pp. 107-16; id., in Enc. Arte Antica, VII, Roma 1966, pp. 555-57.