ABSIDE (ἁψίς "giuntura, arco, vòlta", absis)
È la terminazione a pianta semicircolare, coperta generalmente da una calotta a quarto di sfera, di una parete; talora aperta nello spessore di un muro (come una nicchia) per alleggerirne la struttura e quindi invisibile all'esterno, talvolta innestata su una parete e quindi con la parte convessa - esterna - sporgente.
Nel periodo preistorico si hanno piante di case absidate che rappresentano un'evoluzione della casa ovale, quando si viene a dare importanza all'ingresso e alla facciata ad angoli retti, raddrizzando i muri laterali. Esempî si hanno nella civiltà elladica ad Orcomeno, Olimpia, Tirinto, Thermos, Korakou presso Corinto, nella civiltà tessalica a Rachmani, dove troviamo anche il tipo di a. segmentata e a Lianokladi poligonale, che rappresenta l'ultimo stadio prima della trasformazione in pianta rettangolare. L'a. in queste case preistoriche è talvolta delimitata da un muro trasversale, costituendo forse il talamo.
Le architetture rettilinee assiro-babilonese, egiziana, minoica, micenea non usarono l'a., che ebbe poco sviluppo anche in quella greca, dove tuttavia la pianta absidata si riscontra fino dal più remoto arcaismo in alcuni edifici religiosi e civili. Un tempio arcaico a ferro di cavallo era a Gonnos in Tessaglia dedicato ad Atena Poliàs e ricostruito dorico in antis più tardi. Pianta absidata avevano il tempio di Hera Acraea a Perachora, le fondazioni sotto i templi di Afaia ad Egina e di Apollo Daphnephòros ad Eretria; l'alzato di questi templi può essere ricostruito sulla base di tre modellini fittili templari da Perachora dell'VIII sec. a. C.
Forme più evolute absidate presentano nel periodo arcaico il cosiddetto Tempio B dell'acropoli di Atene, a O dello Hekatòmpedon, distilo in antis con a. segmentata, il tempio oracolare di Corinto con a. a pieno cerchio, il primitivo Bouleutèrion di Olimpia del VI sec. a. C. dove l'a. è separata dalla sala a 2 navate per mezzo di un muro e suddivisa in due ambienti; e absidata ugualmente fu l'ala S edificata nel V sec.
L'a., distinta dai muri laterali con due angoli, si riscontra anche in un piccolo sacello del VI sec. a Delfi e in un edificio a tempietto marmoreo del IV sec. a. C. con fregio dorico, incorporato nel castello medievale di Paro.
Ma in genere nell'architettura greca arcaica l'a., come nella casa preistorica, è una fase di evoluzione verso la pianta rettangolare che diviene canonica, e solo nel tardo ellenismo l'a. ritornerà nel tempio in qualche raro caso per una ricerca di varietà e di movimento, propria dell'arte del tempo. Significativi esempî sono il tempio di Zeus Basilèus a Livadia in Beozia, iniziato nel 175 da Antioco IV Epifane, della stessa misura di quello di Olimpia ma con un'a. interna invece dell'opistodomo dentro la cella, forse per inquadrare il simulacro del dio, e il tempio dei Cabiri a Samotracia, prostilo a due file di colonne, esastilo, la cui cella lunga e stretta aveva un'a. segmentata chiusa in un rettangolo.
(G. Becatti)
Sarà l'arte romana che introdurrà nelle città greche edifici absidati, ninfei. Solo un'architettura curvilinea, che facesse largo impiego di archi, vòlte e cupole, poteva utilizzare l'a. e darle adeguato sviluppo.
A Roma l'a. si incontra già nel sec. I a. C. applicata alle celle dei templi ed è elemento costante di tutti quelli dei Fori Imperiali; celle con a. opposte presenta il tempio di Venere e di Roma. Se tanta fortuna ebbe in un tipo architettonico in certo modo tradizionale e più di altri legato all'influsso greco, ancor più vasta applicazione ebbe nelle basiliche civili (v. basilica), nelle aule destinate ad udienze o ad altre cerimonie in edifici di rappresentanza, dalla Domus Flavia alla basilica di Massenzio e all'aula del palazzo Sessoriano; esedre piuttosto che a. vanno considerate quelle sui lati corti della basilica Ulpia o nei recinti termali a causa del setto colonnato lungo il diametro o per la mancanza della copertura a quarto di sfera. Vere a. sono invece quelle degli edifici destinati a culti misterici, come la basilichetta di Porta Maggiore o il mitreo a tre navate di Ostia.
Sono da considerare come nicchie piuttosto che a. quelle di edifici a schema centrale polilobato, del tipo del ninfeo degli Orti Liciniani, in quanto nel concetto di a. è implicito quello di terminazione di una direttrice ottica dominante nella spazialità interna dell'edificio, per cui si spiega la presenza in essa di elementi decorativi all'interno, costituiti da ordini di nicchie nel semicilindro e da cassettoni nella calotta, oppure di colonne, come sembra che già fosse in ambienti delle terme di Traiano (secondo disegni del Palladio), e più tardi nella cella del tempio di Bacco a Baalbek.
L'a. è elemento essenziale della basilica paleocristiana perché, posta al termine della navata centrale conclude otticamente, con una dilatazione spaziale, l'asse di simmetria longitudinale sottolineato dai colonnati e, a sua volta, esalta la zona presbiteriale con il seggio del vescovo, immagine terrena del Cristo nella simbologia della basilica.
Decorazioni interne a colonne libere sono documentate per la basilica antistante il Santo Sepolcro a Gerusalemme ed altra con colonne anche su doppio ordine all'esterno come a Qalb Luzah. Di regola essa si presenta semicircolare tanto all'interno che all'esterno, ma numerosi sono gli esempî nei quali la curva esterna resta celata da una parete rettilinea, come ad Orléansville, a Tebessa, a Ruveha, a Kogia Kalessi. In molte chiese poi dell'Asia Minore l'esterno è poligonale a tre lati (Ankara, Den Abagen), a cinque di regola in quelle ravennati. Non mancano neppure esempî di a. traforate in basso da arcate come nel S. Giorgio maggiore di Napoli o nella basilica costantiniana di S. Sebastiano a Roma, particolare che sembra in connessione con l'esistenza di un ambulacro come più tardi nelle chiese gotiche. Nella decorazione dell'interno all'a. va sempre riservata nel sistema ornamentale dell'insieme una composizione a carattere più spiccatamente trascendente o teofanico.
Bibl: W.B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Londra 1950, pp. 41-42, 47-48, 118-119, 233-234, 268, 271, 288, 311; L. Heuzey, in Dict. Ant., I, pp. 11-12, s. v. Absis; G. T. Rivoira, Architettura romana, Milano 1921; Cabrol-Leclercq, Dictionn. Arch. Chrét., s. v.; O. Wulff, Altchristlische und byzantinische Kunst, Potsdam 1931.
(G. Matthiae)