Abside
Dal gr. ἁψίϚ, 'arco'; termine usato sia nel senso di volta celeste, sia di arco trionfale, sia, in genere, di volta, specialmente su nicchie semicircolari; nell'uso latino, apsis (anche absis o absida) definisce un segmento di cerchio.
Gli scrittori cristiani di epoca tardoantica intendevano per a. l'elemento di chiusura del coro, di forma semicircolare e coperto con una semicupola (camera, secondo Paolino di Nola, Ep., 32; PL, LXI, col. 336), in cui solitamente erano collocati i seggi dei presbiteri e la cattedra episcopale. Questa parte dell'edificio è chiamata talvolta anche tribunal (Prudenzio Aurelio Clemente, Peristephanon, XI, 225, PL, LX, col. 554; Paolino di Milano, Vita Sancti Ambrosii, PL, XVI, col. 770), per analogia con l'impianto nella basilica forense descritta da Vitruvio (De Arch., V, 1, 8) o semplicemente ϰόγχη (Paolo Silenziario, Descriptio ecclesiae S. Sophiae; PG, LXXXVI, 2, coll. 2133-2134), ricollegandosi alle antiche nicchie con decorazione a conchiglia (concha; Paolino di Nola, Ep., 32; PL, LXI, col. 336).
Con maggiore frequenza si riscontra il termine ἐξέδϱα (esedra), che propriamente indicava un posto per sedersi all'aperto. A proposito della visione di Ezechiele del Nuovo Tempio, prefigurazione della chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme (Ez. 40-44), Eusebio di Cesarea definisce le costruzioni che delimitano i due lati dell'atrio del tempio ἐξέδϱαϚ ϰαὶ οἲϰουϚ (De vita Constantini, III, 38; PG, XX, col. 1098). Il biografo di s. Ambrogio, Paolino di Milano, definisce per la prima volta l'a. 'esedra', denominazione che si ritrova frequentemente in s. Agostino, riferita soprattutto agli edifici ecclesiastici di Ippona. Così egli nomina per es. i cancelli (recinzioni del coro) che nella chiesa di S. Stefano dividono il "martyrium gloriosissimi Stephani" dalla navata parlando di "gradibus exedrae, in qua de superiore loquebar loco" e del "procedere ad populum in ecclesia plena" (De civ. Dei, XXII, 8, 22; PL, XLI, col. 770). L'esedra, che poteva essere di forma poligonale o semicircolare, era il luogo per il clero, in contrapposizione alla navata destinata al popolo; nel corso però di particolari cerimonie che dovevano essere visibili a tutti i fedeli, anche i laici - catecumeni, battezzati e penitenti - venivano condotti nell'esedra.
L'adozione del termine esedra per definire l'a. si spiega con la presenza al suo interno della cattedra episcopale e dei subselli per i presbiteri, per cui l'a. era in realtà un ambiente in cui si stava seduti (consessus, secondo Cipriano di Cartagine, Ep., 35; PL, IV, col. 334B), collocato dietro la zona dell'altare: "exedra absida id est locus subselliorum" (Corpus Glossariorum Latinorum, a cura di G. Golz, IV, Amsterdam 1965, pp. 70 [25], 234 [50]). La definizione più esauriente è fornita da Valafrido Strabone (808-849): "Exedra est absida quaedam separata modicum quidem a templo vel palatio, et dicta inde quod extra haereat" (De ecclesiasticarum rerum exordiis et incrementiis, VI; PL, CXIV, col. 925D). Nella pianta dell'abbazia di San Gallo, dell'820 ca. (San Gallo, Stiftsbibl., 1092), i vani semicircolari sui lati orientale e occidentale destinati agli altari sono definiti con il termine exedra. Lo spazio antistante l'altare maggiore, destinato al coro dei sacerdoti e dei monaci - nella pianta di San Gallo la zona recintata nella parte orientale della navata, con i seggi (formulae) - era chiamato chorus; dalla metà del sec. 14° questo termine fu riferito talvolta all'intero presbiterio e di conseguenza anche all'a. semicircolare o poligonale.
Nel Medioevo con a. si intendeva solitamente l'ambiente semicircolare che conteneva l'altare.I Gesta abbatum Trudoniensis (III; MGH. SS, X, 1852, p. 385, 40), del sec. 14°, riferiscono di consacrazioni di altari nelle varie a. della collegiata di Saint-Trond in Belgio e così concludono: "absides vero sunt [...] ecclesiarum lateribus adherent pro deambulatione amplianda". Da questa descrizione Weyres (1961-1962) erroneamente concludeva che, come nel duomo di Colonia ("uno abside in utroque latere ampliavit": Levold von Northof, 1279-1359, Catalogus archiepiscoporum coloniensis; MGH. SS, XXIV, 1879, p. 360), doveva trattarsi di strutture annesse (porticus, nella pianta dell'abbazia di San Gallo). Sporadicamente, comunque, le absides citate potevano riferirsi anche in generale ad ambienti annessi al corpo della chiesa.
Nella pratica architettonica, l'a. è di norma uno spazio semicircolare, coperto da semicupola, inserito o annesso in modo subordinato all'ambiente maggiore verso cui si apre sovente per tutta la sua ampiezza e altezza; generalmente la luce dell'a. è ridotta rispetto al vano principale e in rari casi è delimitata da cortine murarie. In pianta l'a. ha in genere forma semicircolare, più raramente a ferro di cavallo (battistero di Nocera Superiore, Campania, sec. 7°; chiese dei secc. 8° e 9° nei Grigioni, Svizzera; a Langenfeld-Richrath, Renania, metà del sec. 10°; l'antica parrocchiale del Bergdorf, St. Johannes a Goslar, Harz, fine del sec. 10°; la c.d. 'cappella di Ickenberg' a Paderborn in Vestfalia, sec. 11°; chiesa 3 a Binbirkilise, Turchia; basiliche A e B di Ruṣāfa in Siria, secc. 5°-6°; chiese mozarabiche del sec. 10° in Spagna), oppure oblunga (Saint-Laurent a Couillet, presso Nivelles, Belgio, sec. 10°; Saint-Gervais a Ginevra, ca. 1000; duomo di Liestal, Svizzera, secc. 10°-11°; cappella del palazzo imperiale di Werla, Harz, sec. 10°). In casi meno frequenti l'a. semicilindrica si presenta chiusa all'esterno da un muro rettilineo (S. Salvatore a Spoleto, sec. 5°; chiesa in rovina a Naunborn, presso Wetzlar, in Assia, sec. 8°; Cappella Palatina di Francoforte sul Meno, ca. 822; Heiligenkreuz a Uznach, Svizzera, sec. 9°; abbaziale di Hersfeld, 831-850; St. Wiperti a Quedlinburg, nel distretto di Halle, ca. 1020; Bergholtz-Zell, Alsazia, dopo il 1006) oppure da un rivestimento poligonale (Saint-Pierre-de-la-Citadelle a Metz, sec. 5°; S. Eufemia a Grado, consacrata nel 579; la parrocchiale di Brixworth, Inghilterra, sec. 7°; basilica di S. Giovanni di Studios a Costantinopoli, sec. 5°; S. Giovanni Evangelista e S. Apollinare in Classe a Ravenna; basilica Eufrasiana di Parenzo).
È tuttora incerto se l'a. sia comparsa negli edifici ecclesiastici gradualmente o se si tratti al contrario di una creazione dell'architettura costantiniana del sec. 4°, ripresa dallo schema tipologico della basilica profana - da questo potrebbe anche derivare il termine tribunal - oppure se essa derivi da altri tipi di edifici romani (palazzi imperiali, fori, terme, ninfei).
Fin dall'epoca paleocristiana essa fu comunque una delle parti principali dell'edificio ecclesiastico, posta per lo più al termine della navata o anche nel transetto; poiché vi si disponevano i seggi del clero, a semicerchio dietro l'altare, essa veniva designata anche con il termine di presbiterio.
L'a. era inserita anche in edifici a pianta centrale come i battisteri affinché il vescovo potesse sedere in una posizione preminente mentre presiedeva al rito del battesimo o amministrava la confirmatio.
Nell'epoca più antica solo raramente l'altare era collocato nell'a.; di norma si trovava al limite della navata, sotto l'arco trionfale o nello spazio antistante (transetto, campata del coro). Solo in età carolingia l'altare venne situato nell'a., come testimonia la pianta dell'abbazia di San Gallo.
L'a., generalmente orientata a E, era rialzata di alcuni gradini rispetto al pavimento del corpo longitudinale; nell'epoca più antica, soprattutto in Oriente, e almeno fino all'età carolingia, l'a. poteva essere fiancheggiata da due vani secondari, protesi e diaconico, globalmente definiti pastoforia.
L'a. semicircolare si ritrova in edifici a sala, basiliche a tre navate, edifici a pianta centrale, come pure in transetti e ambienti secondari. Nelle chiese a tre navate con transetto si può trovare una sola a. in corrispondenza dell'asse della navata mediana (abbaziali di Fulda, ca. 800, e di Seligenstadt sul Meno, 830), oppure tre a. sugli assi delle tre navate (chiesa del castello di Spiez, Svizzera, prima metà del sec. 11°), o anche in posizioni indipendenti dagli assi (Saint-Pierre a Meusnes; Fraumünster a Zurigo, sec. 11°; St. Justinus a Höchst sul Meno, terzo quarto del sec. 9°; Heiligenberg presso Heidelberg, terzo quarto del sec. 9°; St. Michael a Beromünster, Svizzera, 1036). Si possono trovare anche più a. (Saint-Michel de Cuxa, 878; abbazia di Ripoll, Spagna, 1020-1032; cattedrale di Angoulême, Francia meridionale, 1105-1128), come di frequente nelle chiese di pellegrinaggio del sec. 11°, oppure connesse al deambulatorio, come nelle chiese monumentali della Borgogna (Cluny III, 1085-1130).
Nelle chiese con transetto occidentale a. minori orientate verso E e poste accanto alle navate laterali possono essere annesse a quest'ultimo (Colonia, duomo, fase del sec. 9°).Raramente si riscontrano casi che presentano due a. parallele (Isola Comacina, sec. 8°; abbaziale di Reichenau, Mittelzell, lago di Costanza, consacrata nell'816; S. Martino a Mendrisio, Svizzera, secc. 8°-9°; S. Maria di Castello a Mesocco, Grigioni, secc. 10°-11°).
Un gruppo a sé è costituito dalle chiese senza transetto a navata unica o a tre navate con tre a. allineate, semicircolari o poligonali all'esterno. Sale triabsidate compaiono soprattutto nelle chiese carolinge dei Grigioni (St. Martin e St. Luzius a Coira; St. Marie e St. Martin a Disentis; St. Peter a Mistrail; S. Giovanni a Müstair), da dove si diffusero in Renania (St. Klemens a Essen-Werden, consacrata nel 957), in Olanda (la parrocchiale di Oosterbeek dedicata ai ss. Pietro e Paolo, metà del sec. 10°) e, nel sec. 12°, anche in Puglia, in Alto Adige e nelle altre regioni della Svizzera.
Edifici triabsidati a tre navate si ritrovano invece a partire dal sec. 11° fino alla fine del periodo romanico principalmente nell'Italia settentrionale (duomo di Modena; S. Ambrogio a Milano), nell'area alpina, in Austria e nella Germania meridionale, ma anche in Ungheria, Francia e Catalogna. La tipologia, conosciuta nel settore orientale del bacino mediterraneo (Palestina, Asia Minore, Grecia) dalla fine del sec. 5° (Qal ῾at Sim῾an), comparve dal sec. 6° sulle coste dell'Adriatico (Ravenna, Parenzo) e in Gallia, da dove si diffuse. Anche se raramente, si trovano tre a. in edifici a pianta centrale, come la Cappella Palatina di Santa Sofia a Benevento, consacrata nel 762.
Intorno all'inizio del sec. 9° comparve la soluzione a doppio coro con a. alle estremità orientale e occidentale della chiesa (pianta di San Gallo; abbaziale di Fulda, 802-819; basilica carolingia di Saint-Maurice, Svizzera, ca. 800; duomo di Paderborn in Vestfalia, 839; Saint-Remi a Reims, 816-852; chiesa vescovile di Le Mans, ca. 833-835; duomo di Colonia, sec. 9°). Questa tipologia ebbe maggior seguito all'inizio del sec. 11° (duomo di Magonza, 980-1009; duomo di Bamberga, consacrato nel 1012; St. Michael a Hildesheim, 1010-1022; St. Stephan a Würzburg, primo terzo del sec. 11°; chiesa abbaziale di Helmarshausen, consacrata nel 1011; chiesa abbaziale, ora cattedrale, di Essen, 1040-1061) e nei rifacimenti di epoca sveva di edifici già muniti di doppio coro (duomo di Treviri; cattedrale di Worms, 1135-1181; duomo di Bamberga, 1215-1237; duomo di Naumburg, 1210-1260).
Nel corso del sec. 11° si affermò poi la tipologia dell'a. affiancata da forme spaziali più ricche e articolate: Cluny II già nel 989 presentava probabilmente un coro tripartito composto di tre ambienti paralleli adiacenti, conclusi da a. comunicanti fra loro mediante arcate; entrambe le forme restano in uso nel sec. 11° (abbaziale di Romainmôtier, Svizzera, ante 1030).
Con l'introduzione nell'area transalpina di torri ai lati del coro e del transetto, specialmente in Renania, si vennero a formare dei corpi di fabbrica orientali che facevano da contrappeso al complesso occidentale (coro orientale di Fulda, 937-948; St. Gereon a Colonia, 1156; abbaziale di Maria Laach, 1093-1230; duomo di Bamberga).
L'a. può anche, mediante l'aggiunta di due conche sui fianchi settentrionale e meridionale, formare un coro triconco. Questa tipologia fu adottata già nell'Alto Medioevo per chiese memoriali o di modeste dimensioni, ma raggiunse forme monumentali solo con St. Maria im Kapitol a Colonia, consacrata nel 1065, che riprendeva lo schema della chiesa della Natività di Betlemme, schema che peraltro ebbe poi gran fortuna in Renania (per es. Gross St. Martin a Colonia, 1150-1172; St. Aposteln a Colonia, ca. 1200; St. Quirin a Neuss, 1220-1230).
Nel periodo più antico l'interno dell'a. era strutturato con colonne e nicchie (Dayr al-Aḥmar o Convento Rosso e Dayr al-Abyạd o Convento Bianco, chiesa del monastero di Dayr Abū Hennes, in Egitto; martyrium di al-Adra, chiesa di Hah, in Mesopotamia; basilica severiana di Leptis Magna, in Libia) oppure rivestito di marmo. A Roma, come in genere in Italia, a partire dal sec. 4°, lo spazio interno absidale appare talora decorato con mosaici, come riporta Paolino di Nola (Ep., 32; PL, XLI, col. 336).
L'esterno dell'a. restò generalmente privo di articolazioni, salvo in casi come in Siria ove vengono ricreati effetti plastici e ornamentali con l'inserimento di colonne.
A volte negli edifici più antichi dell'Africa settentrionale e dei Balcani, nonché in edifici bizantini, si trovano contrafforti o lesene angolari (Santa Sofia a Costantinopoli), o nicchie cieche (S. Giovanni Evangelista a Ravenna).
A Nord delle Alpi, l'esterno inizialmente ebbe una forma cubica molto semplice, senza decorazione (basilica di Eginardo a Steinbach, Odenwald, 815-827), talora ritmata da membrature (abbaziale di Inda, a Kornelimünster, presso Aquisgrana, 815; abbaziale orientale di St. Cyriakus a Gernrode, secondo terzo del sec. 10°) o, secondo i modelli tardoantichi da arcature cieche a più profili (S. Giovanni a Müstair, Grigioni, fine del sec. 8°; Saint-Hadelin a Celles, Belgio, prima metà del sec. 11°). Nel periodo tardo ottoniano e salico, con il motivo delle nicchie ricavate nello spessore del muro (convento benedettino di Hersfeld, Assia, 1038-1040; St. Moritz ad Amsoldingen, Svizzera, sec. 11°; Saint-Guilhem-le-Désert, Hérault, inizio del sec. 12°; S. Vincente a Cordoba, Spagna), venne introdotta una articolazione più ricca che, in seguito, con le gallerie nane del coro occidentale del duomo di Treviri (ca. 1042-1050), del coro orientale di Spira (ca. 1080-1106) e del duomo di Modena (ca. 1100-1135), divenne tema generale, anche se nei singoli paesi e territori vi furono forme differenziate, particolarmente ricche in Linguadoca, Provenza, Castiglia, nella regione renano-mosana e in Italia.
La sensibilità per il ritmo e la proporzione condusse a una strutturazione sistematica della parete absidale esterna con lesene, colonne addossate alla parete, nicchie cieche, fregi di arcatelle, gallerie nane e cornici.
Anche all'interno, accanto alle nicchie e alle arcate cieche su colonne, vengono impiegate varie forme finalizzate a un'articolazione dello spazio, come la doppia cortina muraria in Normandia e a Colonia, seconda metà del sec. 12°, e le nicchie gradinate nel coro occidentale del duomo di Worms, consacrato nel 1181.
Soprattutto nell'Oriente influenzato da Bisanzio, in Serbia, come pure in Russia e in Armenia, oltre all'articolazione tettonica, sull'a. compaiono anche decori plastici e talora una ricca ornamentazione in terracotta.
Tanto nella regione renano-mosana quanto in Aquitania si trovano strutture absidali a tre registri formate in basso da un semplice basamento - terminante con una cornice in cui sovente si aprono le finestre della cripta - cui fa seguito una zona mediana finestrata, articolata con arcate cieche e infine una zona con archetti ciechi e gallerie nane disposte sotto il cornicione del tetto. Come nelle facciate, i vari piani sono raccordati spesso da membrature verticali disposte lungo tutta l'altezza; all'inizio esse si presentarono come semicolonne, più tardi come contrafforti, sviluppatisi certamente dalle membrature rettangolari della parete. La campata del coro 'e collegata all'a. dalle stesse membrature, riprese in parte anche sulle torri absidali (duomo di Bonn; St. Gereon, St. Aposteln e St. Kunibert a Colonia).
Anche le a. lombarde sono caratterizzate da gallerie nane con ricca decorazione (duomo di Modena, ca. 1100-1135; S. Maria Maggiore a Bergamo, 1137). Alla fine del sec. 12° nella Lorena occidentale e in Borgogna comparvero muri esterni ad andamento poligonale e contemporaneamente anche i cori poligonali gotici (duomo di Worms, coro occidentale consacrato nel 1181; Marienkirche a Gelnhausen, ca. 1125-1135), che soppiantarono infine l'abside.
Bibliografia
H. Holtzinger, Die altchristliche Architektur in systematischer Darstellung, Stuttgart 1889, pp. 72-82;
L. Giese, s.v. Apsis, Apside, in RDK, I, 1937, coll. 858-881;
S. Steinmann-Brodtbeck, Herkunft und Verbreitung des Dreiapsidenchores, ZSchwAKg 1, 1939, pp. 65-95;
D. Mallardo, L'exedra nella basilica cristiana, Riv AC 22, 1946, pp. 191-211;
A.M. Schneider, s.v. Apsis, in RAC, I, 1950, coll. 571-573;
G. Bandmann, Die Bedeutung der romanischen Apsis, WRJ 15, 1953, pp. 28-46;
A. Schmitt, Westwerke und Doppelchöre, Westfälische Zeitschrift 106, 1956, pp. 347-438;
E. Lehmann, Bemerkungen zum Staffelchor der Benediktinerkirche Thalbürgel, in Festschrift Johannes Jahn, Leipzig 1957, pp. 111-130;
H.E. Kubach, s.v. Dreiapsidenanlagen, in RDK, IV, 1958, coll. 397-403;
A. Verbeek, s.v. Dreikonchenchor, ivi, coll. 465-475;
E. Marec, Monuments chrétiens d'Hippone, Paris 1958;
C. Belting Ihm, Die Programme der christlichen Apsismalerei vom vierten Jahrhundert bis zur Mitte des achten Jahrhunderts, Wiesbaden 1960;
A. Mann, Doppelchor und Stiftermemorie, Westfälische Zeitschrift 111, 1961, pp. 149-262;
W. Weyres, Die ''Absides'' des Alten Domes zu Köln. Über eine Bedeutung der Wörter absis und absida in mittelalterlichen Quellen, KölDb, 4, 20, 1961-1962, pp. 99-102;
F.W. Deichmann, s.v. Exedra, in RAC, VI, 1966, coll. 1165-1174;
C. Delvoye, s.v. Apsis, in RbK, I, 1966, coll. 246-268;
F. Oswald, L. Schaefer, H.R. Sennhauser, Vorromanische Kirchenbauten, München 1966;
J. Gantner, A. Reinle, Kunstgeschichte der Schweiz, I, Frauenfeld 19682, pp. 121-131;
L. Andersen, s.v. Exedra, in RDK, VI, 1973, coll. 648-671;
G. Binding, Architektonische Formenlehre, Darmstadt 1980, pp. 34-46;
G. Binding, K. Wessels, s.v. Apsis, in Lex. Mittelalt., I, 1980, coll. 812-814.