ABŪ BEKR (Abū Bakr, \arabo\)
Primo califfo degli Arabi, suocero di Maometto. Membro di una frazione non molto importante della tribù dei Quraish (Coreish [v.]), non apparteneva all'aristocrazia dominatrice della Mecca, ostile alla predicazione dell'islamismo. Prestò anzi ascolto alla parola di Maometto, e fu uno dei primi (secondo alcune tradizioni, peraltro poco attendibili, il primo addirittura: v. Th. Nöldeke in Zeitscrift der deutschen morgenländischen Gesellschaft, LII, (1898) pp. 16-33) a convertirsi alla nuova fede, e fu fedele seguace di Maometto, il quale lo prese come compagno nella sua emigrazione a Medina (v. ègira). Per tale circostanza, e per essere sua figlia ‛Ā'ishah (v.) la sposa prediletta di Maometto, egli venne a trovarsi in una condizione singolarmente elevata tra i primi musulmani; tuttavia, durante la vita di Maometto, non godette di privilegi particolari, anche perché, a quanto sembra, la sua indole era modesta e scevra di ambizione. Soltanto alla morte di Maometto nello sbigottimento prodotto dall'inaspettata scomparsa del profeta, Abū Bekr ebbe il sommo merito di non disperare dell'avvenire, e fu riconosciuto, più per generale consenso che per un atto formale di elezione, quale capo della giovane comunità (10 ègira = 632 d. C.). In tale qualità egli, spiegando un'azione energica per mantener salda la compagine dei musulmani, combatté gagliardamente le tribù arabe scioltesi dal vincolo di fedeltà a Maometto.
La morte avvenuta poco dopo (13 ègira = 634 d. C.) gli impedì di condurre a termine l'opera, che fu proseguita e inaspettatamente ampliata dal suo successore ‛Omar, di mente più vasta e di carattere più forte, all'influenza del quale Abū Bekr si era volontariamente sottomesso, e che aveva avuto una parte decisiva nella proclamazione del primo califfo. La pia tradizione islamica ha circondato la figura di Abū Bekr di un nimbo di santità leggendaria. Egli è il modello della sapienza, dell'onestà, della moderazione, della carità, dell'ascesi. Centinaia di sentenze, relative a ogni sorta di questioni religiose e giuridiche, vengono fatte risalire a lui, con assai scarsa verosimiglianza storica. Anche il ṣūfismo (v.) ravvisa in lui una delle fonti principali della dottrina e della pratica mistiche, e fino ai nostri giorni i suoi presunti discendenti (presunzione assai poco fondata) esercitano in quasi tutto il mondo musulmano una specie di supremazia sulle confraternite religiose. A questa venerazione non partecipano gli Sciiti (v.); essi, o almeno quelli tra loro che seguono tendenze estremiste, maledicono in Abū Bekr l'usurpatore del califfato, che, secondo loro, sarebbe toccato di diritto ad ‛Alī, genero e cugino di Maometto, e alla sua discendenza. Ad Abū Bekr è attribuita, tra l'altro, la prima raccolta del Corano, attribuzione che la critica storica moderna tende a ritenere apocrifa.
Bibl.: Enciclopedia dell'Islam, Leida 1908 segg. (in edizione francese, tedesca, inglese), I, pp. 85-87; L. Caetani, Annali dell'Islām, Milano 1905 segg., I-II, passim, e specialmente III, pp. 81-131; H. Lammens, Le triumvirat Aboū Bakr, ‛Omar et Aboū ‛Obaida in Mélanges de la Faculté Orientale, Beirut 1910, IV. V. inoltre califfato e arabi: Storia.