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ABŪ ḤANĪFAH, an-Nu‛mān ibn Thābit

di Carlo Alfonso Nallino - Enciclopedia Italiana (1929)
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ABŪ ḤANĪFAH, an-Nu‛mān ibn Thābit

Carlo Alfonso Nallino

Chiamato al-Imām al-a‛ẓam "il sommo maestro" dai seguaci della sua scuola, è il fondatore del madhhab (sistema o scuola o rito) di diritto musulmano, che appunto dal suo nome è denominato ḥanafī "ḥanafita". Suo nonno era un afghano di Kābul, portato dai musulmani quale preda di guerra ad al-Kūfah nella Babilonide (poco ad O. dell'Eufrate); e in questa città nacque Abū Ḥanīfah probabilmente nell'80 dell'ègira (669-670 d. C.). Sembra essere vissuto quasi sempre nella sua città natale, traendo i mezzi di sussistenza dalla professione di venditore di stoffe, probabilmente in base al concetto, diffuso tra le persone pie, che sia riprovevole trarre guadagno dall'insegnamento delle scienze religiose, fra le quali è incluso il diritto. Come la maggioranza degli uomini pii di quel tempo, volle sempre tenersi lontano dai califfi ‛abbāsidi e dalle altre autorità statali; nel quale proposito lo dovevano rafforzare le sue tendenze verso gli ‛Alidi (o discendenti del califfo ‛Alī), le cui speranze politiche erano state frustrate in modo fraudolento dal sorgere della dinastia dei califfi ‛abbāsidi nel 132 èg. (750 d. C.). Si racconta che il califfo al-Manṣūr (754-775 èg.), secondo della dinastia ‛abbāside, l'abbia fatto imprigionare e fustigare per il suo costante rifiuto ad accettare la carica di giudice; tanto che Abū Ḥanīfah sarebbe morto in carcere a Baghdād nel 150 èg. (767 d C.); ma se ciò corrisponda interamente a verità, è cosa impossibile a stabilire.

Abū Ḥanīfah, limitò la sua attività scientifica all'insegnamento orale; l'unico scritto che sembra essere stato da lui direttamente composto è un sommario delle credenze della religione musulmana, intitolato, al-Fiqh al-akbar (La somma conoscenza religiosa), la cui autenticità fu da taluni messa in dubbio, prohabilmente a torto. La elaborazione delle sue dottrine giuridiche fu opera dei suoi due immediati discepoli Abū Yūsuf (v.) e Muḥammad ash-Shaibānī (v.).

Vedi anche
egira L’abbandono della Mecca da parte di Maometto, nel settembre 622 d.C., e del suo trasferimento a Medina. Sotto il califfo ‛Omar tale avvenimento, decisivo per le origini dell’Islam, fu preso a inizio dell’era musulmana, detta perciò ‘dell’e.’: l’anno 1 di tale era fu fatto cominciare però non dalla data ... califfo (arabo khalīfa, «successore») Sommo monarca della comunità islamica universale (ummat al-islāmiyya). Secondo la dottrina ortodossa islamica, deve essere musulmano maggiorenne, sunnita, di condizione libera e discendente dei Quraish, la tribù di Maometto. (➔ anche califfato) Corano Libro sacro dell’islam, costituito dall’insieme delle rivelazioni ricevute da Maometto, in lingua araba, per bandire la sua nuova religione e dare assetto alla società dei fedeli. Inizialmente affidate alla memoria dei primi seguaci, le rivelazioni vennero fissate su carta dopo la morte di Maometto, ... Piètro il Venerabile Abate di Cluny (n. in Alvernia 1092 o 1094 - m. Cluny 1156). Una delle personalità più autorevoli del suo tempo, intento soprattutto a restaurare la vita monastica, visitare e riformare i monasteri. Grande amico di s. Bernardo, altamente apprezzato in vita da sovrani e pontefici, P. ebbe assai presto ...
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