ABŪ 'l-FARAǴ IBN aṭ-ṬAYYIB, ‛Abd Allāh
Notevole scrittore arabo cristiano di setta nestoriana. Visse a Baghdād (onde l'epiteto d'al-Baghdādī, che talora gli vien dato) e a Seleucia di Mesopotamia (sulla riva occidentale del Tigri, di rimpetto a Ctesifonte), ch'era la sede del Katholikos o patriarca nestoriano; infatti ebbe per parecchi anni la carica di segretario del patriarca Elia I (che resse il patriarcato dal 1029 al 1049). Morì nell'ottobre 1043. Cultore di filosofia e di medicina, commentò in arabo molti scritti d'Aristotele (l'Organon, la Retorica, la Poetica, la Storia degli animali), d'Ippocrate e di Galeno, cosicché il suo nome è citato più volte da Averroè, nelle cui versioni latine appare storpiato in Abelfarag Babyloniensis, Alfagere, Albefagar, Abbefagar. Avicenna, suo contemporaneo, lo lodava come medico, ma non come filosofo Scrisse pure di materie ecclesiastiche: p. es. un commento in quattro volumi all'Antico e Nuovo Testamento, commenti speciali ai Salmi e al Vangelo, e un Nomocanone della chiesa nestoriana, nel quale compendiò tutti i cànoni dei concilî da essa chiesa riconosciuti e tutti gli scritti siro-nestoriani di diritto civile. Questo Nomocanone s'intitola Fiqh an-Naṣrāniyyah "il diritto della Cristianità". Nonostante il profondo dissidio dottrinale fra le due chiese nestoriana e monofisita, Abū 'l-Faraǵ Ibn aṭ-Ṭayyib fu spesso citato da autori e copiato da amanuensi copti (cioè monofisiti d'Egitto); anzi l'unica opera che di lui sia stata stampata, il Commento ai salmi, fu edita appunto dal copto Yūsuf Manqaryūs, direttore del seminario dei copti non cattolici al Cairo (1908).