al-Ashari, Abu 'l-Hasan
Teologo musulmano (Bassora 873-74 - Baghdad 935-36). Fondò la scuola teologica che da lui prese il nome di asharita (o ash’arita). Le sue due opere principali sono le Maqālāt al-Islāmiyyīn wa ikhtilāf al-Muṣallīn («Le dissertazioni dei musulmani e la divergenza tra gli oranti») e il Kitāb al-ibāna ‛an uṣūli l-diyāna («Chiarificazione circa i fondamenti della religione»). La teologia di al-A. nasce in opposizione a quella dei mutaziliti (o mu’taziliti), cui al-A. aveva originariamente aderito. Pur ammettendo la necessità dell’uso della ragione, al-A. insiste infatti non sulla giustizia di Dio, ma sulla sua libertà e onnipotenza, nonché sulla conseguente impossibilità di fornire una spiegazione razionale per ognuno dei dati della fede. Ne derivano una teoria della causalità in cui ogni azione causale è ricondotta direttamente a Dio (occasionalismo e creazione continua) e un’idea del bene assolutamente subordinato alla libertà divina (il bene è tale in quanto è Dio a farlo). In ambito dogmatico va rilevato lo spazio concesso al mistero: il fedele deve accogliere alcuni dati di fede (gli attributi antropomorfici di Dio, la visio beatifica) senza domandarsi «come» essi siano concepibili. Viene dunque concesso un certo spazio al letteralismo. Il fedele è considerato interno alla comunità indipendentemente dalla giustizia e dalla pietà manifestate: fuori dall’Islam stanno solo l’infedele e l’apostata. Sviluppato da diversi pensatori, tra i quali al-Bāqillānī (m. 1013), al-Baghdādī (m. 1037), al-Giuwaynī (m. 1085) e al-Ghāzālī (➔), il pensiero asharita è accolto dalla maggioranza sunnita e da questa considerato ortodosso.