ABŪ MA‛SHAR, Gia‛far ibn Muḥammad al-Balkhī
Astronomo e astrologo musulmano, di cui parecchie opere astrologiche ebbero molta voga anche nel Medioevo latino e bizantino, ove il suo nome fu trasformato rispettivamente in Albumasar (Albumazar, Iaphar) e 'Απομάσαρ o 'Απομασάρης. Nativo od oriundo di Balkh (l'antica Bactrae) nel Khurāsān orientale (ora nell'Afghānistān settentrionale), fiorì a Baghdād e, ormai centenario, morì, nel marzo 886 (272 dell'ègira), a Wāsiṭ nella Mesopotamia centrale. Delle numerose sue opere, tutte in arabo, notiamo: 1° una collezione di tavole astronomiche (Zīǵ), ora perduta, nella quale i moti planetarî erano calcolati per il meridiano di Gangdiz arabo in pahlavico Kangdēž, mitico castello che i Persiani ritenevano edificato da un antichissimo loro re sull'equatore, a 180° di longitudine dalle tolemaiche Isole Fortunate e a 90° dal meridiano indiano dell'isola di Laṅkā) e secondo cicli millenarî (hazārāt), verisimilmente su modelli persiani pahlavici, alla loro volta calcati su tipi indiani; 2° al-Madkhal al-kabīr (La grande introduzione [all'astrologia]), trattato sistematico in 8 libri, ancora inedito in arabo. Fu però tradotto in latino due volte fra il 1130 e il 1150, e stampato, nell'abbreviata versione di Ermanno Secondo o Dalmata, ad Augusta nel 1489 e a Venezia nel 1495 e 1506, col titolo di Introductorium in astronomiam Albumasaris Abalachii; vi è notevole l'assorbimento di dottrine astrologiche persiane, evidentemente contenute in libri pahlavici, ora perduti, i quali, del resto, ne attingevano molte da fonti greche, 3° Dalālāt al-ashkhāṣ al-‛ulwiyyah (Indicazioni [date] dalle persone superiori [=dagli astri]), in otto libri, inedito in arabo e stampato ad Augusta nel 1489 e a Venezia nel 1515, nella versione medievale di Giovanni da Siviglia, con il titolo inesatto di Albumasar de magnis coniunctionibus et annorum revolutionibus ar eorum profectionibus.