al-KINDĪ, Abū Yūsuf Ya‛qūb ibn Isḥāq
L'Alkindi o Alchindus degli scrittori medievali; insigne filosofo e scienziato arabo musulmano, nativo di Bassora (al-Baṣrah), vissuto a Baghdād e morto intorno all'873. Meritò di essere chiamato dai suoi correligionarî "il filosofo degli Arabi".
Compose oltre 270 opuscoli di materie diversissime: filosofia nei suoi varî rami, scienze naturali, fisica, meteorologia, astronomia, astrologia, matematica, alchimia (alla quale si dimostra ostile), questioni teologiche e polemiche religiose. Quasi tutti questi scritti sono perduti o inediti, ma recentemente parecchi opuscoli sono stati ritrovati in un manoscritto di Costantinopoli (v. Archiv. Orientalw., IV, 1932, p. 363-72); fra i superstiti meritano rilievo il De aspectibus, trattato di ottica di cui abbiamo l'inedita versione latina di Gherardo da Cremona del secolo XII, e alcuni opuscoli filosofici editi in versione medievale latina dall'italiano Albino Nagy (Münster 1897). In teologia fu uno degli avversarî della dottrina, poi divenuta ortodossa, dell'esistenza di attributi eterni di Dio distinti dalla sua essenza; si conosce anche un suo scritto contro la Trinità dei cristiani. In filosofia egli risente molto delle dottrine neoplatoniche, che poi furuno più ampiamente sviluppate da al-Fārābī (v.) e Avicenna (v.); famosa anche in Occidente è la sua distinzione di un quadruplo intelletto, la cui origine fu ricercata da Et. Gilson (1930). Nell'opuscolo medievale De erroribus philosophorum un capitolo riguarda la critica d'alcune opinioni di al-Kindī. Notevoli anche i due opuscoli, a noi giunti in latino (e il secondo anche in arabo), sulle maree e sull'origine del colore azzurro del cielo.
Bibl.: T. J. de Boer, Geschichte der Philosophie im Islam, Stoccarda 1901, pp. 90-97; H. Suter, Die Mathematiker u. Astronomen d. Araber, Lipsia 1900, pp. 23-26; G. Sarton, Introd. to the history of science, I, Baltimora 1927, pp. 559-560 (ove l'al-Kindī descrittore dell'Egitto è confuso con il nostro).