abusivismo
s. m. – Attività edilizia realizzata in violazione delle norme urbanistiche, eseguita, cioè, in assenza di concessione edilizia o altri tipi di permessi o in difformità da quanto prescritto in essi. Rientrano nella definizione sia singole costruzioni, totali o parziali (soprelevazioni, ampliamenti, ristrutturazioni), sia trasformazioni più ampie di tipo urbanistico-edilizio (dalle periferie urbane alle lottizzazioni turistiche, dalle baraccopoli (v.) alle edificazioni che hanno apportato gravi danni nei centri storici e nelle zone di maggior pregio paesaggistico). Di grande attualità, soprattutto in Italia, il tema abbraccia problematiche ampie inerenti il territorio, l’ambiente, la convivenza civile e la legalità. Esploso nelle periferie urbane già nel primo dopoguerra, dove le costruzioni abusive hanno inizialmente costituito una risposta emergenziale alle necessità abitative degli strati più poveri della popolazione inurbata, il fenomeno è poi diventato un malcostume di uso più generale. Il diffondersi dell’edilizia abusiva, dal dopoguerra in poi, rese quindi necessarie normative più restrittive sull’uso del suolo; di qui la prima legge urbanistica n. 1150/1942, che ha introdotto un nuovo tipo di Piano regolatore e una radicale trasformazione delle sue caratteristiche. Malgrado siano sempre esistite implicazioni amministrative e penali sugli abusi avvenuti, il solo sistema delle sanzioni non ha nei fatti impedito, nel tempo, il perdurare degli illeciti. Sebbene lo strumento del condono edilizio prevedesse la sanatoria delle costruzioni abusive, previo accertamento della loro conformità ai piani vigenti all’atto della realizzazione o del loro non essere in contrasto con quelli in vigore, con un rilascio di concessione in sanatoria subordinato al pagamento di un contributo doppio rispetto a quello normalmente dovuto, i dati dei diversi rapporti del CRESME (Centro ricerche
economiche
sociali di
mercato per l'edilizia e il territorio) sul mercato delle costruzioni hanno continuato a evidenziare un andamento crescente del fenomeno e, in particolare, tre distinti picchi coincidenti proprio con i tre ultimi condoni. Se la l. 47/1985 concedeva il condono per gli abusi realizzati fino al 31 ottobre 1983, tra il 1983 e il 1984 si registrò una produzione di 737.000 nuovi edifici e un’attività di ristrutturazione che interessò 113.000 strutture (850.000 edifici tra nuovi e ristrutturati-ampliati); di questi, 225.000 erano abusivi e la loro percentuale salì dal 15,8% nel 1982 al 25,3% nel 1983 per arrivare al 28,7% nel 1984. La Legge finanziaria del 1995 diede la stessa possibilità per gli abusi realizzati al 31 dicembre 1993 e ancora l’ultimo condono intervenne a sanare le opere ultimate al 31 marzo 2003; analoga tendenza di abusi si registrò tra il secondo (1994-1995) e il terzo (2003-2004) condono, seppur con punte meno elevate tutte concluse in una sanatoria. Sebbene oggi non ci si trovi ai livelli degli anni Ottanta e Novanta del Novecento, quando le abitazioni abusive realizzate arrivavano alla percentuale del 28,7% del totale del costruito, in media, nell'ultimo decennio, il 17% degli edifici costruiti annualmente è risultato abusivo. L’ultimo dato reso disponibile dai dati del CRESME parla di 26.500 abitazioni abusive su 229.000, l'11,8% di cui 18.000 di nuova costruzione e, per il 2011, la stima è di 26.000 su 213.000. Non a caso L’Italia, tra i massimi produttori al mondo di calcestruzzo, ha una delle più alte percentuali di consumo del suolo in Europa, pari al 7,3% della superficie totale; negli ultimi 15 anni i suoli urbanizzati sono aumentati del 12%, con 4.800 ettari irrimediabilmente trasformati a causa di interventi edilizi. Secondo il rapporto Ambiente Italia 2011 di Legambiente, ogni anno circa 500 km2 di suolo vengono invasi dal cemento; in testa la Lombardia con il 14% di territorio fagocitato seguita dal Veneto con l’11%.