ACACIO di Berea
Vescovo di questa città nel 378, per ordinazione di Eusebio di Samosata, dopo essere stato monaco, partecipò alle lotte teologiche, condannando Apollinare di Laodicea. Nel 381 fu al concilio di Costantinopoli, e, seguace di Melezio d'Antiochia, partecipò all'elezione illegittima di Flaviano come successore di quello; per la qual cosa papa Damaso lo escluse dalla sua comunione. Ma nel 394 fu a Roma, e da papa Siricio ottenne che cessasse l'ostilità contro Flaviano. Nel 398, a Costantinopoli, si ritenne trattato indecorosamente da S. Giovanni Crisostomo, quindi fu dei più accaniti oppositori di lui, specialmente al sinodo detto "della Quercia" (403), adoperandosi perché fosse rimosso. Caduto perciò in disgrazia di Roma, fu riammesso alla comunione di Innocenzo I circa il 415, intermediario Alessandro d'Antiochia. Ebbe una corrispondenza con Cirillo d'Alessandria, con il quale polemizzò, e che tentò di far passare per un apollinarista. Al concilio di Efeso (431) non poté assistere, causa la tarda età. Avrebbe voluto, pur disapprovandolo, che si usasse indulgenza verso Nestorio, e cercò di ottenere la pacificazione tra Alessandrini e Antiocheni.
Morì nel 432, in età di 100 o 110 anni. La fama del suo zelo e della sua cultura non toglie che, per la varietà dei suoi atteggiamenti, non sia un piccolo enigma nella storia ecclesiastica del IV secolo. A quanto pare, è lo stesso presbitero A. di B. a cui Basilio il Grande scrisse nel 256, ed Epifanio di Salamina dedicò il suo Panarion, contro gli eretici.
Fonti: Lettere, in Patrologia graeca, LXXVII, col. 1445 segg.; Socrate (VI, 10 e 18 in Patrologia graeca, LXVII); Sozomeno (VII, 28 ibid.) e Teodoreto (Hist. Eccl., VI, 4; Relig. Hist., 2, ibid., LXXXII).
Bibl.: Hefele-Leclercq, Histoire des Conciles, II, i, Parigi 1908, pp. 6, 142 seguenti; Duchesne, Histoire ancienne de l'Église, II, Parigi 1907, p. 609 seguenti; III, Parigi 1910, p. 72 segg.