ACAIA (Ἀχαΐα, Achāia, Achaea)
Regione della Grecia comprendente la fascia costiera settentrionale e nord- occidentale del Peloponneso, detta in antico Ἀιγιαλεια, nome che si conserva anche successivamente (Α. Ἀιγιαλός: Strab., VIII, 383; Paus., VII, I, I, ma v. II, 5, 6). È ben distinta da una zona della Tessaglia (v.) sud-orientale, verosimilmente l'antica terra degli Ἀχαιοί, denominata A. Ftiotide (Herodot., VII, 173). Il nome, che nel corso del tempo ha accezioni diverse, ma non pare strettamente legato a una precisa etnia, è presente già nei poemi omerici (Il., I, 254; VII, 124; Od., XI, 166, 481; XIII, 249; XXII, 68) per indicare l'intera Grecia; l'accostamento al termine Ahhijawa, presente nei testi hittiti, è tuttora argomento di vivo dibattito (v. minoico-micenea, arte e civiltà). In epoca imperiale fu utilizzato (Provincia Achaia) per designare la Grecia propria, a eccezione di Tessaglia, Acarnania e Etolia, che vennero assegnate alla Provincia Macedonia (Strab., XVII, 840).
La regione è delimitata a N e a O dal mare (Golfo di Corinto a NE, Golfo di Patrasso a NO, Mare Ionio a O) e a S dai massicci montuosi dell'Arcadia settentrionale (Erymanthos, Araonia, Kyllene); a SO si congiunge con l'Elide attraverso un'ampia valle in cui la frontiera è segnata dal fiume Larisos, a SO del capo Araxos, presso il quale era il santuario di Atena Larìsia (Paus., VII, 17, 5); verso E il confine con il territorio di Sicione doveva essere segnato dal fiume Sithas. Una più estesa zona pianeggiante nella parte occidentale delimitata dai monti Panachaikon ed Erymanthos e meno ampie fasce lungo tutta la linea di costa da O a E, accompagnate da numerosi corsi d'acqua, a regime per lo più stagionale, costituiscono il complesso di aree coltivabili della regione, che, assieme ad altri fattori concomitanti come le possibilità di difesa, rappresentano la base per і sistemi di insediamento che, dalla preistoria alla tarda antichità, mostrano non pochi elementi di continuità.
I nomi delle città dell'A. sono riportati dalla tradizione a un periodo molto antico, ma senza precisi riferimenti cronologici: il «Catalogo delle navi» (Ноm., Il., II, 573־ 575) menziona Aigion, Elice, Hyperesia (Egira), Pellene e Gonoessa, ma considera parte dell'A. occidentale come territorio degli Epei; in Erodoto (1, 145; VII, 94; VIII, 73) appare un elenco di dodici nomi che include anche la zona occidentale (Pellene, Egira, Ege, Bura, Elice, Aigion, Ripe, Patrasso, Pharai, Olenos, Dyme e Tritaia «i dodici distretti sono ora degli Achei ed erano allora degli Ioni»), come componenti una dodecapoli «ionica», cioè di precedenti abitatori Ioni, succeduti ai Pelasgi Egialei, e a loro volta cacciati dagli Achei. È dunque, come in altri casi, l'elemento etnico (dialetto, usanze, culti comuni) a costituire la base per una entità politica che viene a definirsi come stato federale solo in un momento abbastanza avanzato. Così la formazione di veri e propri centri cittadini, riportata dalle fonti come conseguenza di fenomeni di sinecismo (Strab., VIII, 373), dovette avvenire probabilmente in tempi diversi, ma certamente in un periodo non anteriore al VI sec. a.C. Prima di questa data è forse più opportuno parlare di «distretti» (non a caso ancora in Herodot., I, 145, è usato il termine μέρεα), con più abitati (i demi ricordati da Strabone), senza tutti і caratteri propri delle pòleis. Per alcune città come Dyme, Aigion ecc. la fondazione ebbe luogo probabilmente dopo le guerre persiane, anche se non mancano riferimenti a situazioni più antiche; per altre, le circostanze sono ancora più oscure e, in tal senso, l'indagine archeologica potrebbe offrire elementi importanti. La costituzione di un sistema federativo tra le varie città è presentata dalle fonti come successiva all'esistenza di una fase monarchica, non necessariamente unitaria. Polibio (II, 41, 8) indica dodici città per l'età arcaica e dieci per l'età ellenistica. Di queste ultime Dyme, Patrasso, Pharai e Tritaia, sono situate nell'A. occidentale, mentre le altre (Leontion, Aigion, Egira, Pellene, Boura, e Karyneia) si trovano nell'A. centrale e orientale. Rispetto al primo elenco mancano Ripe e Elice, quest'ultima fu distrutta e inghiottita dal mare nella catastrofe del 373, che provocò la decadenza anche della prima.
L'A. di età storica non rientra nell'area dialettale dorica, ma si colloca nel gruppo dei dialetti nord-occidentali. Poco si sa del dialetto acheo in età classica e poco aggiungono le iscrizioni pubblicate (Bingler, 1954). Il fatto che documenti achei più tardi impiegavano la koinè dorica non indica che questo fosse il dialetto parlato, pur non escludendo una sufficiente penetrazione di elementi dorici. Nondimeno, malgrado la mescolanza di vari elementi, la popolazione storica dell'A. sembrerebbe avere caratteri propri. La più antica annessione di elementi esterni può connettersi con la distruzione di Micene da parte di Argo nel V sec. a.C.
Nei centri in cui gli abitati moderni insistono direttamente su quelli antichi (Patrasso, Aigion) e in generale ovunque abbiano avuto luogo attività edilizie e lavori pubblici, la ricerca archeologica è stata assai spesso determinata da interventi di urgenza, mentre, in generale, non sono molte le esplorazioni sistematiche effettuate nella regione. Se numerosi aspetti dell'A. preistorica sono oggi meglio comprensibili, non si può registrare, a parte alcuni casi, un significativo progresso negli studi sull'A. in età storica.
Preistoria. - In seguito a recenti scoperte e a specifici contributi scientifici, il quadro generale della preistoria dell'A. si è notevolmente arricchito di dati, permettendo di trarre, a più riprese, conclusioni, che, nella loro provvisorietà, hanno consentito di chiarire non pochi problemi.
Assai scarsi sono і dati relativi agli insediamenti del Paleolitico attestati nell'A. occidentale, in prossimità dei confini con l'Elide (v.), nei siti di Lakkopetra e Lapa dove si sono rinvenuti resti di industria litica. Due siti paleolitici sono segnalati più recentemente nella zona di Elaiochori (loc. Kokkinia). Solo scarse tracce documentano la frequentazione della regione anche durante il Neolitico in siti successivamente abbandonati (Krathi, grotta di Portes) o occupati anche nell‘Antico e nel Medio Elladico, epoche in cui l'A. risulta se non intensamente, sufficientemente abitata, in aree sia costiere (Paralimni, frammenti ceramici ad Aigion), sia Interne (Katarraktis, Kamares, Kastrià), che in taluni casi mostrano una continuità con і periodi successivi del Tardo Elladico, benché a tutt'oggi sia alquanto scarsa la documentazione di questo trapasso. Solo alcuni importanti siti del Medio Elladico sono infatti abitati anche nel Tardo Elladico I e II. I nuovi rinvenimenti di Aigion, in una sequenza che mostra caratteri di continuità possono, per altri versi, costituire un ulteriore indizio per segnare le linee di espansione della cultura dell'Antico Elladico II e per caratterizzare questo sito in ambito regionale. Di notevole importanza appaiono, infatti, і resti di abitato dell'Antico Elladico II coperti da uno strato di distruzione per incendio (tra і reperti un sigillo di osso). La sequenza è completata da una rioccupazione del Medio Elladico e successivi strati fino agli inizi del Tardo Bronzo; seguono tombe sub-micenee e protogeometriche. Ancora più decisivi per definire la fisionomia di Aigion nell'Antico Bronzo sono gli scavi di Odòs Dodekanisou, dove sono stati evidenziati resti dell'Antico Elladico II e dell'Antico Elladico II-III in diverse fasi, con un orizzonte di distruzione alla fine dell'Antico Elladico II. Si tratta di case absidate, con fondazioni in pietra e alzato in mattoni crudi, che hanno restituito ceramiche, utensili in pietra, figurine ecc. A Egira sporadiche tracce di occupazione sono testimoniate da frammenti ceramici dell'Antico Elladico I e II e del Medio Elladico, ma mancano resti di strutture e depositi puri. In altri casi abbiamo invece soluzioni di continuità sia alla fine dell'Antico sia alla fine del Medio Elladico. Muri perpendicolari, resti di abitato dell'Antico Elladico II sono segnalati a Starochori (loc. Koupholes), apparentemente senza immediata continuità abitativa. Anche l'A., dunque, sembrerebbe partecipe di quella fioritura, così ricca di potenzialità sul piano culturale, che caratterizza l'area meridionale del continente greco nell'Antico Bronzo, bruscamente interrotta da un diffuso orizzonte di distruzioni (v. elladica, civiltà).
Nelle diverse aree dell'A., già con il Tardo Elladico I ha inizio un più intenso e sistematico insediamento, e nel Tardo Elladico IIIA si può a buon diritto parlare di una vera e propria espansione micenea in questa regione, con un numero crescente di nuovi abitati; una certa contrazione, ma non una stasi totale, si avverte nel Tardo Elladico IIIB, che tende a stabilizzarsi I nel IIIC, peraltro caratterizzato da una notevole densità abitativa. Tutte le zone coltivabili dell'A., in particolare le aree attorno a Patrasso, nella regione di Pharai e attorno a Aigion, sembrano essere state occupate nel Tardo Bronzo, a riprova del fatto che il ruolo di questa regione nel mondo miceneo, pur non essendo di primissimo piano, ebbe una sua importanza. Va dunque rivista la vecchia idea di un insediamento sparso nell’ A. nord-orientale o pressoché inesistente in quella occidentale almeno fino al Tardo Elladico IIIB (Desborough, 1964), con un vero sviluppo solo nel Tardo Elladico IIIC.
Per il Tardo Elladico si può operare una distinzione tra la zona occidentale e sud-occidentale e quella nord- orientale, per le quali sono state osservate situazioni differenti. Nella zona occidentale la piana di Dyme, le zone attorno a Patrasso (v.) e a Pharai, sono le aree più ricche di terre coltivabili e più popolate, come appare evidente dalla fittissima serie di rinvenimenti, relativi soprattutto a necropoli con largo uso di tombe a camera.
In particolare nella zona di Patrasso (v.), le importanti necropoli di Klauss (Koukoura) e Kallithea (v.) spiccano per la ricchezza dei materiali, dal Tardo Elladico II/IIIA al submiceneo. Recentissime esplorazioni a Voudenì Achaias, a breve distanza da Patrasso, hanno localizzato una vasta necropoli di tombe a camera. Tra quelle di particolare interesse è la tomba 4, con un dròmos lungo 21 m e una camera di 25 m2. Si è individuato anche il sito di un centro abitato. L'insieme dei materiali abbraccia l'intero arco del Tardo Elladico III.
A Paralimni, a S del capo Araxos, nel massiccio dei Mavra Vounà, il «Muro dei Dimei», noto a Polibio (IV, 595, 4; 83) e localizzato nel territorio della più occidentale delle città achee, sembra sia da riconoscersi in una notevole fortificazione preistorica, poi utilizzata con rimaneggiamenti fino al Medioevo. La cinta ciclopica di questa fortezza, ora sicuramente datata in età micenea, rappresenta a tutt'oggi l'unica probabile cittadella dell'Acaia. A ridosso di una scoscesa parete a SO il muro di cinta, che si sviluppa su tre lati con andamento NO-SE e racchiude un'area di c.a 190 X 50 m, ha uno spessore tra m 4,20 e 5,20. Costruita forse non prima del Tardo Elladico IIIB, rioccupata nel IIIC dopo una distruzione, la cittadella rimase abbandonata fino al Tardo Geometrico. All'angolo SE della cinta si apriva una porta con torre, ora andata distrutta; un'altra era al centro del lato lungo, rivolto verso la pianura a NE. Il sito, esplorato sistematicamente dal 1962 al 1966, presenta tracce di frequentazione fin dal Neolitico, resti di insediamento con una tomba dell'Antico Elladico, fondazioni di case del Tardo Elladico e abbondante ceramica del Tardo Elladico III; a parte le tracce di un incendio, tombe e resti architettonici sembrerebbero assicurare un'ininterrotta sequenza dalla fine del Medio Elladico all'età micenea. Tra і rinvenimenti micenei meritano particolare menzione alcuni pregevoli bronzi, tra cui una spada del tipo «Peschiera». Secondo alcuni studiosi sarebbe possibile ipotizzare un'identificazione con la Myrsinos del «Catalogo delle navi», in cui l'A. occidentale non è ben distinta dall'Elide e rappresenterebbe, per una certa parte, l'antico territorio degli Epei (Ноm., Il., II, 618-624).
La zona che fu poi territorio della città di Pharai fu abitata fin dal Medio Elladico e poi in epoca micenea come mostrano numerosi resti di insediamenti nelle vicinanze del villaggio di Katarraktis (case di abitazione costituite da un ambiente principale, con vani più piccoli sui due lati) e molte tombe a camera; in quest'area, che dovette essere abbastanza importante in epoca preistorica, si segnalano inoltre (Haghios Athanasias, a S di Katarraktis) due tombe a thòlos (A e B, entrambe depredate, ma A sarebbe più antica di B che potrebbe essere stata costruita nel TE II e utilizzata ancora nel TE IIIA e B); tra і pochi materiali recuperati sono di un certo interesse una spada di bronzo ageminata, con figure di delfini e una tazza d'argento ornata di scudi a 8 e di cerchi, datate agli inizi del XV sec. a.C. Assieme alla thòlos rinvenuta a Kallithea (v.) queste due tombe sono tra le poche testimonianze sicure del tipo in Α., rarissime se rapportate al numero assai cospicuo di tombe a camera, fittamente documentate in oltre una trentina di siti, e utilizzate, come di consueto, per più deposizioni: tra le segnalazioni più recenti possiamo ricordare, per quest'area, ancora le tombe a camera di Vryssari (Kato Goumenitsa), in una delle quali è interessante il rinvenimento di due pugnali in ferro che per il contesto si datano al Tardo Elŕadico IIIB-C.
Presso Chalandritsa è stato messo in luce, per ampi tratti, un interessante abitato miceneo del Tardo Elladico IIIB-C, con strade ad andamento circolare che determinano una pianta concentrica di almeno tre file di case; altre strade hanno un andamento radiale. Le fondazioni, in pietre irregolari, poggiano sulla roccia naturale e appartengono a unità abitative composte generalmente da due ambienti a pianta quadrangolare o trapezoidale. Le abitazioni più ampie e rifinite SI trovano sul lato SE dell'abitato. All’ interno degli ambienti erano focolari angolari e in taluni casi indizi dell'esistenza di un piano superiore. In alcuni ambienti si sono rinvenute, sotto al piano pavimentale, tombe di infanti, a fossa, coperte da lastre. Fra і materiali rinvenuti, ceramica (perlopiù vasi eseguiti a mano, frammenti di kỳlikes del Tardo Elladico HIB, pochi frammenti di anfore a staffa, molti di pìthoi), coltelli di bronzo e utensili in selce. Tutta la zona attorno a Chalandritsa è particolarmente ricca di trovamenti di questo periodo.
Rimane incerta la attribuzione al Tardo Elladico di una thòlos con sepolture multiple che conteneva prevalentemente materiali geometrici. Presso Haghios Andreas di Gourzoumisa era pure un sito preistorico, come mostrano tombe dell'Antico e del Tardo Elladico.
È possibile che l'A. occidentale fosse parte, se non sede, di un piccolo regno miceneo con un centro importante nella fortezza costiera di Paralimni, che, pur avendo subito alcuni danni tra il Tardo Elladico IIIB e il IIIC, non risulta toccata in maniera sensibile dai sommovimenti che sconvolsero in questo periodo altre regioni della Grecia; si ritiene che questo regno possa essere durato fino al Tardo Elladico IIIC, rappresentando una zona in cui rifugiati da altre aree del mondo miceneo trovarono protezione. Ciò si accorderebbe con le fonti (Paus., V, 4, I) secondo cui і Dori di Oxylos, invece di usare la strada costiera, penetrarono nell'Elide passando per l‘Arcadia allo scopo di evitare una battaglia con gli Achei e і loro alleati. Strabone (VIII, 5, 5) e Pausania (VII, 1-5) accennano a una migrazione di Achei (vale a dire non Dori) dalla Laconia in Α., e alla cacciata di Achei da Sparta e da Argos. E possibile che il momento critico che si riscontra, a livello archeologico, nel Tardo Elladico IIIB e nel passaggio tra il IIIB e il IIIC sia attribuibile alla presenza di questi nuovi venuti, che, oltre a determinare un aumento di popolazione, potrebbero essere і responsabili, assieme ad altri movimenti migratori, dei pochi nuovi insediamenti in zone meno facilmente accessibili come Tritala e, già in Arcadia, l'area di Kalavryta. Vista l'esistenza di ceramiche affini a prodotti della Messenia e dell'Elide soprattutto in questo periodo, non è da escludersi la presenza anche di gruppi provenienti da queste regioni.
Nell'A. orientale і siti più importanti risultano Aigion, Egira e Chadzi. Ad Aigion, che si è rivelato un sito importante anche per le fasi più antiche dell'Età del Bronzo, reperti preistorici provengono sia dal centro urbano sia dall'area circostante. Una necropoli micenea si trovava presso la Piazza Psila Aionia e un'altra, con tombe a camera, sulla strada Patrasso-Corinto; quest'ultima è la più antica nota in A. e l'uso dell'area come necropoli dura fino a epoca romana. Tratti di abitato miceneo (edificio a mègaron circondato da altri ambienti) la cui data di impianto si colloca nel Tardo Elladico IIA-B, in una zona dove sembrerebbe attestata una continuazione di vita in epoca geometrica, sono stati messi in luce recentemente (Odòs Polychroniadou) non lontano dalla necropoli di Psila Aionia, con la quale sembrerebbe siano da porsi in rapporto; a un periodo di abbandono di questo abitato si fanno risalire alcune sepolture più tarde rinvenute nell'area, successivamente occupata parzialmente da istallazioni di età romana.
Saggi sull'acropoli di Egira hanno portato alla luce strutture e materiali di età micenea con ceramiche che ricordano rapporti con l'Argolide e Pylos. Va notata la presenza di un forno da vasaio nonché di due strutture a forma di mègaron e di case con magazzini contenenti pìthoi per derrate. Questa «dimora signorile» del TE IIIC, fu distrutta da un incendio verso la metà del periodo. Presso Dherveni, a breve distanza, si è rinvenuta una tomba a camera in cui erano quattordici sepolture (altre due nel dròmos) con ceramica della fine dell'età micenea. Una tomba a camera si è rinvenuta c.a 1,5 km a E-SE dall'acropoli. Altri materiali indicati come provenienti da Egira comprendono una figurina in terracotta, armi e ceramica del Tardo Elladico IIIA-C. Presso il villaggio di Chazdi, oltre a una tomba micenea, sono stati individuati resti di mura di incerta datazione, da alcuni ritenuti del Tardo Elladico IIIA2-C.
Nel «Catalogo delle navi» (Ноm., II., II, 573-575) Pellene, Hyperesia (Egira) e Gonoessa (altra città dell'A orientale non ancora identificata con sicurezza), Aigion e Helike figurano tutte come partecipanti alla guerra di Troia al seguito di Agamennone. Ciò sembrerebbe indicare la persistenza nella tradizione di una possibile dipendenza dell'A. orientale dall'Argolide; una conferma pare venire dalla facies ceramica che mostra proprio in quest'area una più marcata presenza di influenze da questa regione.
La ceramica micenea dell'A. mostra inoltre caratteristiche locali nella tecnica, nelle forme e nella decorazione, distinguendosi in generale per una buona qualità di lavorazione e per l'assenza di elementi estranei. Differenze nette si notano tra le ceramiche del Tardo Elladico IIIB e IIIC e quelle del periodo più antico come pure tra le produzioni delle due aree occidentale e orientale che dovrebbero rispecchiare un diverso svolgimento degli eventi nelle rispettive zone. Troppo scarsi sono gli altri oggetti (utensili metallici e in pietra, armi, oreficerie, pietre lavorate) per consentire una distinzione di peculiarità locali. E stato possibile, con qualche cautela, prospettare, sulla base della ceramica, anche un quadro di rapporti con aree esterne nel corso dei vari periodi. A una situazione poco chiara nel Tardo Elladico I e II (rapporti con Argolide, Etolia e forse Creta), segue nel Tardo Elladico IIIA una continuità di contatti con le medesime aree, a eccezione di Creta, e un allargamento verso l'Elide e Cefalonia (forse anche Epiro, Eubea, Cipro). Nel IIIB rimangono stretti і legami con l'Argolide, l'Elide e Cefalonia e più a largo raggio, quando nel IIIC appaiono elementi di contatto con la Laconia, mentre si indeboliscono le relazioni con Argolide, Elide e Messenia, e si rafforzano quelle con l'Etolia e le Isole Ionie, preludendo in parte al quadro che si manifesterà ancora nel tardo protogeometrico. Di un certo interesse sono le attestazioni a Paralimni («Muro dei Dimei») e a Egira di ceramiche eseguite a mano e lucidate (c.d. barbarian ware) di discussa origine (secondo molti occidentale e comunque non egea), la cui presenza è stata osservata in svariati siti dell'Egeo.
Periodi protogeometrico e geometrico. - Alla fine dell'epoca micenea che, quanto a cultura materiale, si prolunga forse nella regione fino allo scorcio del II millennio, l'A., coinvolta negli spostamenti di popolazioni che interessano l'area mediterranea orientale in questo momento, vive un periodo oscuro, con l'abbandono di molti tra і più importanti siti e in generale con documentazione assai povera (submiceneo). I dati archeologici, dal IX sec. in poi, sono ancora alquanto scarsi: provengono quasi esclusivamente da tombe, e comunque non risalgono oltre il tardo protogeometrico. Caratteristiche della regione in questo, periodo sono le sepolture a inumazione in pìthos, documentate da alcuni significativi rinvenimenti (Dherveni), e attestate in aree limitrofe (Elide). La ceramica mostra forme e decorazioni che si inquadrano in un più ampio gruppo (West Greek Geometrie del Coldstream, che comprende oltre all'A., l'Elide e Itaca). I vasi da alcune tombe in pìthos di Aigion trovano confronti con esemplari corinzi della prima metà del IX sec. a.C. e dovrebbero segnare la fine del Protogeometrico in Acaia. Presso il villaggio di Drepanon, che si trova c.a 2 km a S del promontorio omonimo, sono stati rinvenuti quattro pìthoi funerarî di epoca geometrica che contenevano come corredo vasi e anche oggetti di ornamento e armi in bronzo che mostrano affinità con produzioni argive: si aggiungono a corredi analoghi messi in luce precedentemente. La ceramica appartiene alla fine del Geometrico iniziale (circa metà del IX sec.) e continua la tradizione protogeometrica che presenta influssi corinzi già agli inizi del IX sec. Rinvenimenti coevi di tipo simile sono segnalati a Priolithos, al di là dei confini con l'Arcadia. Nel territorio della città di Pharai, oltre a numerosi resti preistorici, sparsi un po' ovunque presso il villaggio di Katarraktis, in località Haghios Gheorghios sono stati individuate tracce di insediamento con ceramiche geometriche e classiche e, nelle vicinanze, una sepoltura in pìthos e una tomba a cista con materiali di epoca geometrica. Di un certo interesse sono alcune tombe che riprendono il tipo della thòlos, in forme peraltro alquanto modeste (Mikròs Pontias, Troumbes Chalandritsas). Il Tardo Geometrico è documentato da materiali rinvenuti in tombe, oltre che a Pharai, nei pressi di Manesi, di Ano Kastritsi, nella zona di Leontion (sepolture entro pìthoi), nell'A. occidentale; a Aigion (pìthoi funerari) e a Selianà nella A. orientale. Lo studio di questi più recenti rinvenimenti ha accertato per l'A. l'esistenza di un periodo iniziale dello stile geometrico propriamente detto, in precedenza non documentato. Recente è lo scavo di un deposito votivo nelle vicinanze di Rakita (Ano Mazaraki), databile tra il Geometrico e l'età arcaica. I materiali più antichi presenti nella stipe si collocano alla metà circa dell'VIII sec., e comprendono, assieme ad abbondanti ceramiche, anche tre modellini di granaio e diversi oggetti in bronzo. A un livello più basso sono notevoli і resti di ossa animali, ed è possibile che il deposito si riferisca a un culto di divinità femminile, forse Artemide.
Sia le forme sia la decorazione della ceramica geometrica dell'A. hanno generalmente caratteri locali. La più tipica delle forme è un kàntharos globulare, mentre il repertorio decorativo, dove non mancano influssi corinzi, si presenta piuttosto limitato (elementi lineari, denti di lupo, meandri, elementi curvilinei; rare le raffigurazioni animali: cicogne, leone che assale un cerbiatto). La composizione dei motivi si adegua alla maniera greco-occidentale. In epoca tardo geometrica, e più precisamente nell'ultimo quarto dell'VIII sec., si trovano nelle tombe dell'A. anche vasi corinzi importati (classe di Thapsos). A partire da questo momento, sotto l'influsso della ceramica corinzia si forma un particolare stile locale cronologicamente corrispondente al Protocorinzio, attestato tra і materiali di Asani (Kalavryta), nell'area di confine tra A. e Arcadia.
Pur non manifestando particolare ricchezza, le tombe e le altre poche testimonianze del Protogeometrico e del Geometrico indicano una ripresa demografica ed economica e costituiscono indizio di insediamento in diverse aree della regione e nei siti di alcune pòleis. Il materiale è tuttavia troppo scarso e sparso per consentire una valutazione più puntuale di fenomeni socio-economici; proprio per quel che riguarda il tardo periodo geometrico, non va trascurato, naturalmente, il ruolo importante avuto dall'A. nella colonizzazione in Occidente (Sibari, Crotone, Caulonia, Metaponto) che si colloca verosimilmente negli anni finali dell'VIII sec. a.C.
Dall'età arcaica al periodo romano. - In tutta la regione si riscontra una generale scarsità di resti di età arcaica e classica. Solo alcuni elementi, rinvenuti prevalentemente in luoghi di culto (resti attribuiti al santuario di Artemide Triklarìa a Patrasso; santuario dell'acropoli di Egira; elementi più tardi della stipe di Ano Mazaraki e resti di un vicino abitato del VII sec. a.C., successivamente occupato fino al III sec. d.C. e oltre.; pochi altri trovamenti sparsi), possono risalire a età arcaica o agli inizi dell'età classica. Non pochi dei numerosissimi culti indicati da Pausania in tutta la regione potrebbero avere origini antiche, a riprova che, se la documentazione è difettosa, non dobbiamo pensare a una situazione del tutto precaria. Questa penuria di dati può attribuirsi, oltre che a fattori casuali, non solo alla ampia ristrutturazione di molti centri nel periodo ellenistico, ma anche ai notevoli danni subiti da diverse città in seguito a eventi bellici о a catastrofi naturali; a ciò si aggiunga la relativa scarsità di esplorazioni sistematiche. Pur non rivestendo un ruolo primario dal punto di vista politico ed economico le comunita dell'A. dovettero, tra l'età arcaica e l'età classica, godere di un discreto benessere, se si considera che a Elice si trovavano due statue bronzee, uno Zeus e un Hermes, opere di Ageladas (v.), e che Pellene poteva permettersi di commissionare al giovane Fidia (v.) una statua crisoelefantina di Atena, così come non dovettero mancare attività artistiche e artigianali di un certo pregio (sculture frontonali di Patrasso, terrecotte architettoniche di Egira). Non siamo in grado di attribuire con sicurezza ad ateliers locali alcuni vasi bronzei databili intorno alla metà del V sec., uno anche con iscrizione, indicati come provenienti da Aigion. D'altro canto, anche nel campo della statuaria, conserviamo la testimonianza epigrafica di un Athanodoros Ἀχαιός (SEG, XI, 1203), che firma a Olimpia una dedica di Prassitele di Mantinea, emigrato in Sicilia (databile al 484-461 a.C.) assieme ad alcuni artisti argivi, tra cui Argeiadas figlio di quell'Ageladas (v.) che aveva eseguito le statue di Elice. Ne verrebbe da pensare a uno stretto legame di Athanodoros, per il quale non è indicata la città di origine ma l' éthnos, con la ben più quotata scuola argiva. Gli Achei, peraltro, quando offrono il donano di Olimpia con le raffigurazioni dei capi achei partecipanti alla spedizione di Troia (Paus., v, 25, 10)5 commissionano il lavoro a Onatas di Egina (v.). Il coinvolgimento delle città achee negli eventi storici di maggior rilievo tra l'età arcaica e il V sec. a.C. resta tuttavia alquanto ridotto e forse ciò è alla base di una certa floridezza economica: Pindaro (Nem., X, 45-48) usa l'espressione Ἀχαιών ύψίβατοι ττόλιες, in relazione a grandi quantitativi di vasi in bronzo dati come premio ai vincitori dei giuochi. Agli inizi del IV sec. si può constatare una situazione di sufficiente prosperità e di qualche prestigio, se, dopo Leuttra, la confederazione delle città achee venne chiamata ad arbitrare le questioni fra tebani e spartani. Il terremoto del 373, che ebbe gravi conseguenze anche sul santuario di Delfi, provocò, forse in seguito a un violento maremoto, notevolissimi danni ad alcune città dell'A. centro-orientale che da quel momento persero importanza (Aigai, Boura, forse Ripe) o vennero del tutto annientate (Elice), a vantaggio di altre.
Circa un secolo dopo, a partire dal 280 a.C., quando Patrasso e Dyme scacciano le guarnigioni macedoni, cade il momento di maggior fioritura di tutta la regione con la ricostituzione, su iniziativa delle quattro città dell'A. occidentale (Patrasso, Pharai, Dyme e Tritala) della Lega Achea, alla quale aderiscono poco dopo Aigion, Boura, Keryneia e altre città dell'A. orientale e via via molte comunità anche di altre regioni (principalmente Arcadi). Dal 251 a.C. la Lega acquista potere e prestigio soprattutto con Arato, che caccia il tiranno di Sicione Nicocle e fa entrare questa città nella confederazione. È a questo momento che dobbiamo far risalire, per la maggior parte, і sistemi di fortificazione e molti impianti urbanistici di cui è possibile raccogliere un minimo di documentazione, in generale da resti affioranti in superficie e da scavi di urgenza, mentre solo in pochi casi l'esplorazione ha avuto e ha caratteri di maggiore sistematicità.
I danni della guerra sociale del 222-220 a.C., con le devastazioni da parte degli Etoli e le successive vicende della Lega fino alla conquista romana del 146 a.C., non favorirono momenti di particolare prosperità per l'A., ma перpure determinarono una crisi totale. Numerose stele funerarie rinvenute nell'A. occidentale (Ano Achaia e altre località) in forma di edicola variamente ornata, con una composizione dipinta nel campo principale, costituiscono una classe tipica di questo periodo (II sec. a.C.) e documentano, assieme a oggetti di ornamento in metalli preziosi e a produzioni ceramiche locali, l'attività artigianale sviluppatasi in età ellenistica, favorita probabilmente da una committenza di ricchi proprietari terrieri, soprattutto nelle zone di pianura dell'area di Patrasso. Non infrequenti sono і travamenti di tombe, talora monumentali (Mamousià), con ricchi corredi ove non mancano oggetti d'oro, che confermano la presenza di queste classi sociali elevate. Recenti studi vedono in Egira un centro di produzione di coppe a rilievo ellenistiche (Trümmer, 1990).
Dopo la distruzione di Corinto nel 146 a.C. le città achee, che avevano preso parte alla guerra contro і Romani, vanno incontro a un periodo di netto declino economico e demografico. Fa eccezione Patrasso che gode di una situazione speciale, dovuta alla posizione geografica oltre che a motivi politici, la quale si conserva anche nel periodo critico delle guerre civili e in quello immediatamente successivo, con le deduzioni coloniali di Dyme e di Patrasso stessa.
Dall'età augustea in poi è ancora Patrasso ad acquistare in tutta la regione - in quanto porto più occidentale e tappa importante dell'itinerario verso Oriente - un ruolo primario, mentre molti centri sopravvivono decrescendo in importanza o decadono completamente. Tra le altre città achee un certo prestigio sembrano mantenere Aigion ed Egira.
Alquanto scarsi sono і dati relativi alla cristianizzazione dell'A. e in generale al periodo tardo romano, fatta eccezione naturalmente per Patrasso (v.), pochi resti si trovano, sparsi, in altre località. Si possono menzionare avanzi di basiliche paleocristiane a Tritea e presso Gourzoumisa, e il recente rinvenimento a Skloessa Bozaïtikon di un ottagono paleocristiano con abside a E, due colonnati interni formanti tre navate e compartimenti laterali, successivamente rioccupato da una chiesa bizantina rimasta in uso fino al XIV sec. Sporadici sono, in generale, і resti tardoantichi nel territorio, soprattutto modeste tombe (Saravali, Dherveni Mamousias, Lefki Sigouniou); rare le tracce di abitato (Saravali, Leontion).
Per il periodo dall'età arcaica a quella della dominazione romana si forniscono brevi indicazioni relative ai singoli centri antichi e alla loro chòra, in una sequenza topografica, che muove, seguendo l'itinerario di Pausania, da Occidente verso Oriente.
Dyme (Δύμη, Δυμαι). L'area della più occidentale delle città dell A. è stata di recente oggetto di una ampia ricognizione (1984-1988) che ha interessato il vasto pianoro formato dalla erosione del fiume Peiros e dei suoi affluenti. Fondata per sinecismo di otto demi (Strab., viii, 337; il nome di uno di essi, era Stratos; da un altro, Paleia, era nativo Oibota, vincitore a Olimpia nel 756) è oggi identificata in una serie di strutture individuate presso il villaggio di Kato Achaia, sulla sponda sinistra del fiume, con l'acropoli sull'altura di Rhiari, in una posizione dominante la zona costiera. Si tratta di muri appartenenti almeno a tre fasi edilizie, di età ellenistico-romana, la prima delle quali si distingue per una maggiore accuratezza della lavorazione. Pausania (VII, 17, 5) ricorda un antico tempio di Atena, un santuario di Cibele e Attis e le tombe dell'eroe Sostrato e di Oibota. Se ne dovrebbe dedurre che la città sia sorta nel luogo dell' antico demo di Paleia, patria di Oibota. Diverse necropoli ellenistiche sono state identificate nei dintorni, con tombe isolate (una di queste particolarmente ricca) о raggruppate. La ricognizione del territorio ha evidenziato una concentrazione abitativa, di piccole borgate o di fattorie isolate prevalentemente in zone collinose, mentre la pianura occidentale, forse poco salubre, non risulta insediata. Il sistema difensivo aveva і suoi punti di forza nell'antica fortezza del capo Araxos, detta «Muro dei Dimei» (v.sopra), e nei resti presenti a Karavostasi, sulla costa meridionale del Golfo di Patrasso, probabilmente fortificazioni ellenistiche costruite per proteggere il litorale dagli sbarchi degli Etoli. Al territorio dovevano appartenere і resti rinvenuti ad Ano Achaia (stele funerarie ellenistiche); nella stessa zona (loc. Aloumbardo) è segnalato un edificio quadrangolare di buona tecnica costruttiva, forse un'esedra. Con la dominazione romana, Dyme ebbe lo status di colonia (Colonia Iulia Augusta Dumeorum): le prospezioni hanno evidenziato le tracce di due diverse centuriazioni, che si inseriscono nel sistema viario più antico. All'interno, verso S, in direzione del confine con l'Elide, sulla strada da Santomeri al monastero di Maritsis, sono stati individuati resti di un piccolo tempio di ordine dorico.
Olenos (Ὤλενος). La città antica, di cui abbiamo solo poche menzioni nelle fonti, era talora identificata con il sito presso Kato Achaia, dove altri colloca Dyme. E. Meyer suggeriva una localizzazione della città a о di Tsoukalaiïka sulla costa, a E di Kato Achaia, dove si sono rinvenuti resti antichi, tra cui mosaici romani. Tra і rinvenimenti recenti si segnala un esempio, raro nella regione, di tomba a cista della fine del IV sec. a.C., con le pareti rivestite di lastre di terracotta.
Patrasso: v. patrasso.
Leontion (Λεόντιον). Indicata da Polibio tra le dodici città principali di età arcaica e tra le dieci esistenti alla sua epoca, con qualche maggior sicurezza è ora individuata in località Kastritsi, a N del monastero di Haghios Nikolaos Vlasias, presso il villaggio di Kato Vlasia. I ruderi sono da altri identificati con Tritala. La posizione strategica certamente ne indica la natura di città di confine tra A. e Arcadia. Scavi condotti negli anni '50 hanno portato alla luce materiali di età arcaica, permettendo di precisare alcuni elementi della topografia. Una cinta muraria e un teatro (resti presso la strada Patrasso-Kalavryta) erano stati costruiti nel IV sec. a.C. e distrutti dal fuoco verso la fine del III.
Un insediamento di qualche rilevanza si trovava, ad alcuni chilometri di distanza verso N, presso Gourzoumisa (ora ribattezzata non correttamente Leontion): nella zona, oltre a tombe di età micenea e submicenea, si conservano anche resti di età storica, iscrizioni ellenistiche e romane, un muro ellenistico e fondazioni di una chiesa paleocristiana.
Pharai (Φαρά, Φαραί). - La città di età storica, prossima al fiume Peiros, doveva trovarsi presso il villaggio di Lalikosta da dove provengono frammenti di epigrafi e una base di statua con iscritto il nome dell'eroe Thrason. Dopo il declino di Ripe ne divise con Aigion il territorio, occupandone la parte meridionale verso і monti Panachaikon ed Erymanthos; in età romana dipendeva politicamente da Patrasso. Pausania (VII, 22, 2 s.) ricorda un culto oracolare di Hermes nell'agorà di Pharai, e un santuario extraurbano dei Dioscuri. A S del fiume Peiros sono stati messi alla luce tumuli di età incerta, con tombe a cista e sepolture in pìthos.
Tritaia (Τριταία, Τρίτεια). - Presso Haghia Marina, sulle pendici occidentali dell'Erimanto (sotto il villaggio di Kalentsi) si ritiene oggi sicuramente localizzabile Tritaia. Ad essa si allude anche come città dell'Arcadia (iscrizione metrica sulla base della statua del pugilista Agesarco, vincitore a Olimpia in Paus. VI, 12, 8), ma lo fu forse solo per un breve periodo nel corso del tardo ellenismo, dopo il 146 a.C. Pausania (VII, 22, 6 ss.) ricorda alcuni monumenti, tra і quali una stele marmorea dipinta da Nicia, un santuario dei Grandi Dei con statue fittili e un tempio di Atena il cui simulacro originario, rimpiazzato da una copia, era stato portato a Roma. Pochi resti furono individuati in passato in località Panaghia: la cappella della Panaghia (1854) conserva infatti molti materiali di recupero. Si rinvennero fondazioni di edifici (agorà), un perirrhantèrion in pietra, capitelli e iscrizioni funerarie di età romana. Nello stesso sito il Nerantzoulis (1941) menziona un grande edificio antico (tempio?) a tre ore di distanza a NE sotto il villaggio montano di Kalentsi da dove si apre un altopiano. Ledifido è ben costruito con grandi blocchi squadrati isodomici; misura m 6,50 di lungho m 3,40 di largh. e poggia su un crepidoma rettangolare in un luogo, come pare, isolato.
Il capo Drepanon costituisce la barriera geografica tra l'A. occidentale e quella orientale: il centro di Argyrà, in rovina al tempo di Pausania (VII, 23, 1), si trovava presso una omonima sorgente forse identificabile nei dintorni di Rhion. Pausania nomina anche Bolina, un sito non ancora identificato che si ritiene fosse vicino al mare, non lontano dal capo Drepanon; il periegeta lo indica come luogo di rifugio dei patrini dopo una disgrazia bellica.
Ripe (Ῥύπες, Ῥύπαι). La città fu importante soprattutto in epoca più antica (Herodot., I,145). Dalle fonti (Thuc., VII, 34 e altri) risulta che essa dette nome alla regione e fondò, con l'ecista Myskellos, la colonia di Crotone, fatto questo che ne indica l'esistenza, in qualche forma, già alla fine dell'VIII sec. a.C. In seguito perse importanza e in età imperiale il suo territorio era forse incorporato a quello di Aigion. Il sito della città si identifica tra і fiumi Meiganitas e Selinous a so di Aigion, su un altopiano detto Trapeza, presso il villaggio di Koumari. Resti di una fortificazione a grandi blocchi poligonali sono conservati per una lunghezza di c.a 24 m, con parti di torre sul tratto orientale. Altri resti sono rappresentati da un pavimento a mosaico, da due capitelli dorici e da altri esemplari simili visti da F. von Duhn nel 1877. A Haghios Andreas di Gourzoumisa esisteva in età storica un piccolo centro fortificato che il Meyer riteneva forse da collegarsi al territorio di Ripe. Presso il villaggio di Menychtaiïta si è rinvenuto uno schiniere in bronzo di età arcaica.
Aigion (Αἴγιον, Aegium). Oggi, come nell'antichità, è la seconda città dell'A.; Pausania la ricorda quasi esclusivãmente per і suoi culti, benché essa fosse, sotto і Romani, il centro politico-religioso della Lega Achea. Il sito della moderna Aigion, in una stretta fascia della costa su una collinetta alta c.a 50 m, è certo sia stato abitato fin dalla preistoria. In età arcaica questo centro era messo in ombra da Elice e Ripe, forse anche da Aigai. Le tre città, fiorite in un tempo più antico, lasciarono poi ad Aigion il ruolo di centro piu importante dell'Aigialeia dopo il declino di Ripe e dopo la rovina di Elice (373). Durante il periodo ellenistico la città fu il centro cultuale degli Achei, divenendo sede della nuova Lega Achea (dopo il 276, quando Aigion aderì per prima alla confederazione politica costituita dalle quattro città dell'A. occidentale). Molti trovamenti (strutture di vario tipo, elementi architettonici, resti di sculture, pavimenti a mosaico, monete) sono stati effettuati in punti diversi della città, ma a tutt'oggi non si è ancora in grado di fornire una visione di insieme. Un tratto di muro di cinta, con orientamento NO-SE, in grandi blocchi di conglomerato lavorati grossolanamente, risale al IV sec. a.C. In un piccolo scavo nella parte alta della città, presso la moderna conserva d'acqua, è venuto alla luce un complesso di costruzioni quadrilatere: una del IV sec. a.C., in opera isodoma a grandi blocchi squadrati, un'altra, in opera poligonale, del V sec.; vicino al secondo edificio si rinvenne una condotta per l'acqua di età classica, costruita con lastre in pietra, e due altri condotti in terracotta di epoca successiva. Impianti per la conservazione e la distribuzione dell'acqua rinvenuti un po' ovunque (tra cui una sala ipostila, forse una cisterna con scala interna del IV sec. a.C., in Odòs Kanellopoulou) si datano in vari momenti, anche tardi, dell'età imperiale. Nella stessa area della cisterna moderna, un altro edificio quadrangolare con lati lunghi m 5,60 era costruito con materiali recuperati da un tempio di età classica (cinque capitelli dorici, rocchi di colonne doriche e grandi blocchi squadrati della cella). Anche questo poteva appartenere a un santuario tra quelli che erano piu prossimi alla linea di costa. Il medesimo scavo rivelava la presenza di una necropoli di età classica a NO della cisterna. Un'altra necropoli nella discesa verso il mare era di epoca ellenistica e romana. Tombe ellenistiche si rinvennero anche vicino a Meiganita; altre, ellenistiche e romane, in varie zone, sia isolate sia organizzate in necropoli talora con qualche oggetto prezioso nei corredi. Scavi occasionali hanno a più riprese portato alla luce resti di strutture, abitative o destinate ad attività varie, di età ellenistica e romana: un bacino di età ellenistica pavimentato a mosaico di ciottoli bianchi e neri; il muro di un grande edificio; resti di una cisterna e di una struttura monumentale di epoca romana costituiti da quattro muri paralleli la cui disposizione ricorda un edificio di scena (lo strato di distruzione conteneva numerosi elementi architettonici in pòros e in marmo). Resti di un magazzino ellenistico con 12 pìthoi riutilizzati da una sovrapposta necropoli romana sono venuti in luce nel 1979 nel corso di scavi di urgenza. Di un vasto complesso termale di età romana (II-IV sec. d.C.) sono stati liberati dodici ambienti, alcuni riscaldati. Recente è la scoperta di un forno da vasaio di età arcaica (Odòs Dodekanisou), che è il più antico degli impianti artigianali rinvenuti nella zona. Le attività artigianali sono ben documentate, per і periodi successivi, da diverse strutture di età ellenistica e romana: in particolare si può ricordare un forno da vasaio di età ellenistica presso il quale si sono rinvenuti abbondanti scarti di lavorazione. Non molti і resti tardoantichi: recente è la scoperta dell'angolo di una costruzione del V-VI sec. d.C. (Odòs Londou). Tra le iscrizioni finora edite è interessante un piccolo frammento di decreto del IV sec. a.C. perché riporta in serie gli etnici Ῥύπες, Πατρεĩς, Ὠλένιοι, καί Δυμαĩοι, fatto che indica come ancora in quell'epoca Ripe e Olenos erano considerate come città. Un'altra iscrizione è importante perché attesta la presenza nel I sec. a.C. di un gruppo di residenti italici con attività commerciali (italicei quei Aegei negotiantur) dopo il 146 e prima della fondazione delle colonie di Corinto, di Patrasso e di Dyme. Fra i trovamenti più notevoli di scultura vanno ricordate le statue rinvenute nel 1860 e pubblicate per la prima volta dal Körte nel 1878: si tratta di una statua di Hermes nudo con mantello sulla spalla e kerykèion e di una figura femminile vestita di chitone e himàtion facenti parte probabilmente di un monumento funerario di eta imperiale romana. Di un certo interesse è anche il rinvenimento di una statua virile acefala con egida tipo Zeus Aigìokos, da attribuirsi forse a una statua iconica. Nell'area circostante a Aigion non mancano rinvenimenti occasionali; si segnalano soprattutto tombe, in particolare una con deposizione femminile (loc. Kouloura Aigiou), di recente scoperta, presentava un corredo particolarmente rieco, con diversi oggetti d'ornamento in oro, un pendente in cristallo di rocca con figura di Dioniso, uno specchio in bronzo con satiro e ninfa.
Elice (Ἑλίκη). La città, il cui nome è noto a Omero (II., II, 575; VIII, 203), si localizza presso la costa a E della foce del fiume Selinous. Le fonti antiche (Pol., II, 41, 7; Strab., VIII, 34; Diod. Sic., XV, 48, 1; Paus., VII, 25, 4) ci informano in vario modo circa la sua distruzione, avvenuta forse assieme a quella di Boura (Strab., I, 89; Anth. Pal., IX, 423; Philostr., Her., 20, 31) nel 373/2 a.C. a causa di una grave catastrofe naturale. La citta fu sommersa dalle acque marine in concomitanza di un fortissimo terremoto. Il luogo ebbe qualche importanza in età arcaica come sede di un santuario di Posidone, già ricordato da Omero (IL, VIII, 203). Una testimonianza di Eratostene raccolta da Strabone riferisce che і pescatori subivano talora danni alle reti dalla statua bronzea di Posidone con un ippocampo in una mano, ancora visibile sul fondo del mare. Questa divinità è effigiata su un conio monetale emesso poco prima della catastrofe, dopo la quale la popolazione e il territorio vennero assorbiti da Aigion (Strab., VIII, 387; Paus., VII, 25, 4). Sono molte le ipotesi formulate per individuare і resti della città che potrebbero fornire molti dati interessanti. Secondo un'ipotesi, Elice si troverebbe sotto il livello delle acque presso il villaggio di Rhodià, ma esiste anche la possibilità che in seguito all'avanzata della linea di costa la città sia da ricercarsi a una certa profondità sotto la terraferma; alcuni suggerivano una localizzazione, in verità improbabile, nelle rovine presso Rhizomylo, dove ora si riconosce il piccolo centro di Kallistai. Le ricerche finora effettuate non hanno tuttavia portato a risultati soddisfacenti.
Un sacello databile al II-I sec. a.C. è stato messo in luce nelle vicinanze (Nea Keryneia); rimpiazzava due edifici analoghi di età arcaica e classica, forse distrutti dal terremoto del 373/2.
Sulle rive del fiume Selinous in località Potami (Drossato) resti antichi (frammenti di colonne, stele funeraria ecc.) sono indizi dell'esistenza nel luogo di un centro abitato.
Keryneia (Κερύνεια). Quasi nulla sappiamo sul periodo più antico della città che aderì alla seconda Lega Achea per iniziativa del tiranno Iseas. La sua collocazione topografica è incerta, benché generalmente siano assegnati a questa città і ruderi visibili sopra Rhizomylo, presso і quali è un villaggio ora denominato Keryneia. Attualmente le rovine a N del villaggio di Mamousià (da altri attribuite a Boura) sono piuttosto ritenute pertinenti all'antica Keryneia, mentre il sito di Rhizomylo viene identificato dal Meyer con Kallistai, centro sconosciuto alle fonti letterarie e noto solo da documenti epigrafici e da monete. Più a S di Mamousià, sempre secondo il Meyer, bisogna ricercare l'antica Ascheion (territorio dei villaggi di Valta, Plataniotissa, Dhigela).
La città occupava uno scosceso costone con pendenza da N verso s, dove si conservano resti di una cinta muraria con una porta di accesso (probabilmente l'unica) sul lato meridionale; parti del muro di cinta, costruito, come le torri, con blocchi squadrati, sono meglio conservate nella parte più alta, a N; la natura del terreno comporta la presenza di molti muri di terrazzamento; ben distinguibile è anche il luogo dove sorgeva il teatro, di cui sono visibili tratti di muro della scena e di una parodos.
I ruderi a N di Mamousià sono assegnati a Keryneia anche da J.K. Anderson, che eseguì sul posto alcuni saggi: in quell'occasione vennero scoperte presso il teatro le fondazioni in pietra di una casa di epoca ellenistica, con alzato in mattoni crudi; presentava al pian terreno tre ambienti, il più ampio dei quali (6,20 X 3,50 m) era utilizzato come magazzino con grandi pìthoi. Il secondo ambiente, di minori dimensioni (3,50 X 2,35 m), era una stanza da bagno con apprestamenti per lavacri all'angolo NE; il terzo (c.a 3,50 X 2,75 m), fuori della casa vera e propria, era il piu modesto, con una copertura leggera che non utilizzava tegole: è probabile che fosse una stalla. Le persone che vivevano nella casa abitavano al piano superiore raggiungibile tramite una scala esterna.
Nei pressi di Mamousià sono state individuate anche parti di necropoli. Va ricordato un interessante edificio funerario monumentale di età ellenistica, con la facciata adorna di otto semicolonne ioniche, al centro delle quali era una falsa porta. Tra gli elementi architettonici dell'aizato che si sono recuperati figurano anche blocchi con rappresentazioni a rilievo di scudi. All'interno, dietro la falsa porta, erano due tombe a cassone, una delle quali vuota. L'altra conteneva un corredo comprendente numerosi oggetti, anche preziosi (corona di foglia d'oro, vasi di argento, una mоneta d'oro di Sicione, ecc.), che forniscono una datazione al III sec. a.с. Sul retro del monumento erano anche tombe più antiche (VI e IV sec. a.C.), ma tutta l'area fu utilizzata fino alla avanzata età imperiale come necropoli (I-III sec. d C.).
Boura (Βоυρα). Fortemente danneggiata dalla catastrofe del 373, assieme a Elice, ebbe modo, nel tempo, di risollevarsi. Il sito di Boura è più incerto di quello di Keryneia e la sua identificazione e in rapporto ai fiumi del territorio circostante, che pure non si riconoscono facilmente tra quelli nominati dalle fonti antiche. Se si accetta l'identificazione di Keryneia con il sito archeologico presso il villaggio di Mamousià e quindi del fiume di Kalavryta con l'antico Kerynites, Boura va riconosciuta presso 11 villaggio di Kastro (a SE di Diakophtìs) dove sono visibili/resti di un muro di cinta, di un muro di terrazzamento, di fondazioni di un edificio. Dalla zona provengono monete di età romana con raffigurazioni forse del santuario oracolare di Eracle Bouraikòs.
Aigai (Aἰyaí). Situata presso il fiume Krathis faceva parte della dodecapoli (Herodot., I, 145), ma non esisteva più nel 280 quando fu riorganizzata la Lega Achea: per questo non è ricordata da Polibio. Strabone (VIII, 386) dice che і suoi abitanti si erano trasferiti a Egira. Nel borgo agricolo di Akrata è forse possibile localizzare ľantica citta, come aveva suggerito il rinvenimento di un capitello dorico probabilmente pertinente a un edificio tempiare, forse l'antico tempio di Posidone ricordato da Pausania (VII, 25, 12).
Egira (Αἴγειρα). Nei poemi omerici aveva il nome di Hyperesia (Il, II, 573; Od., XV, 254) e faceva parte dei domini di Agamennone. Nel 688 a.C., quando Ikaros o Ikarios vinse nella gara della corsa ai giochi olimpici, la città continuava a portare questo nome. Egira svolse un ruolo importante sia nella prima che nella seconda Lega Achea. Soprattutto dopo la fondazione della seconda Lega nel 280 si può osservare una intensa attività edilizia che culmina nella costruzione del teatro e dei quartieri circostanti. Dopo і danni della guerra con gli Etoli, una discreta floridezza caratterizza questo centro anche in età romana.
La ripresa, nel 1972, degli scavi condotti dalla Scuola Austriaca, ha molto contribuito a una migliore conoscenza della città antica, O. Walter aveva effettuato nel 1916 e nel 1925 due campagne: nel corso della prima era avvenuto il rinvenimento, in un piccolo tempio presso il teatro, della nota testa colossale di Zeus, ora nel Museo Nazionale di Atene. Insieme era stato trovato anche un torso loricato di epoca romana imperiale (forse parte di un aerolito).
Sull'acropoli, grazie ai recenti scavi, è stato possibile definire una sequenza degli insediamenti e documentare le più antiche fasi di vita nell'area: alla fase micenea (Tardo Elladico UIC, v. sopra) e a un breve periodo di abbandono (strato intermedio sterile) segue la costruzione del tempio A, che non è immediatamente successivo e che indica una diversa destinazione di questo settore in età storica, da abitato a santuario, forse sullo stesso luogo di un culto domestico miceneo.
Tracce di frequentazione posteriori al periodo miceneo e anteriori al tempio sono rappresentate da frammenti ceramici databili tra il X e l'VIII sec. rinvenuti nella trincea di fondazione. La pianta del tempio A, estremamente sehematica, ricorda secondo gli scavatori, che ne propongono una ricostruzione, il noto modellino dell’Heràion di Argo. Una fase successiva è rappresentata dal Tempio B, struttura a pianta allungata (m 6 X 20) senza peristilio, forse con colonnato assiale interno e con orientamento E-О, ipoteticamente assegnato agli inizi dell'età arcaica; resti delle sue fondazioni sono stati scavati più in profondita sui lati E e O, ma senza che emergessero chiari indizi cronologici.
In una cisterna lungo il muro di terrazzamento s dell'acropoli e nell'area circostante, sono state rinvenute terrecotte architettoniche dipinte appartenenti probabilmente a due serie, resti di sima frontonale e tegole. Interessante, dallo stesso complesso, è il materiale votivo, tra il tardo arcaismo e la prima metà del v sec.; notevoli due teste di kòre in terracotta con pòlos, databili c.a al 520-510, e una statuetta del 460 c.a; una pelìke a figure rosse, una hydria attica a figure nere tarda assieme a qualche pezzo più antico, come il piede di un cratere geometrico. La presenza di figurine fittili femminili confermerebbe la possibilità che si tratti del tempio di Artemide Iphigèneia. Secondo una recente ipotesi, in età ellenistica questo culto sarebbe stato trasferito in uno dei tempietti della sottostante area del teatro, dove Pausania aveva visto forse l'antica statua di culto, che indica come immagine di Ifigenia, e una statua di stile più recente. Ciò risulterebbe dimostrato anche dalla assenza sull'acropoli di reperti posteriori alla media età ellenistica.
I nuovi scavi hanno interessato direttamente anche il teatro, che è stato rilevato e analizzato in tutte le sue fasi: la prima, risalente agli inizi del III sec. a.C., dovrebbe rientrare in un programma edilizio con ogni probabilità posteriore alla ricostituzione della Lega Achea, che si riconnette a un radicale rinnovamento urbanistico di Egira. Le gradinate e gran parte dell'orchestra sono state scavate nella roccia naturale; la scena aveva subito varie trasformazioni, l'ultima di età adrianea.
Nell'area a N del teatro, la radicale pulizia del tempietto prostilo (D) in cui era stata rinvenuta la testa di Zeus attribuita, sulla base della testimonianza di Pausania (VII, 26, 4), allo scultore Eukleides e datata verso la metà del III sec. a.C., ha consentito di chiarire diversi problemi. Il fatto che al suo interno, in una cavità presso la parete S, sia stata rinvenuta la testa, non risultava determinante ai fini della pur probabile identificazione dell'edificio come tempio di Zeus, sulla quale lo stesso Walter aveva espresso dei dubbi, principalmente per le dimensioni. La scoperta di un mosaico pavimentale a ciottoli bianchi e neri che presenta, al centro, un emblema con un'aquila alle prese con un serpente, inquadrato da fregi con grifi affrontati, vasi, tirsi, bucrani e altri motivi geometrici e vegetali elimina questi dubbi, poiché è evidente il richiamо simbolico a Zeus; la datazione del mosaico e di alcuni frammenti architettonici recuperati si pone nel II sec. a.C. Il recente rinvenimento, inoltre, di una piccola testa in terracotta riproducente il tipo dello Zeus di Eukleides dovrebbe confermare la sua natura di statua di culto e offrire qualche elemento in più per l'identificazione del tempio, al quale si attribuiscono dei frammenti di sima (III sec. a.C.). Anche gli altri due tempietti che si aprono sull'ampio spazio a N del teatro sono stati oggetto di indagini. Il tempio E, anche questo prostilo, affiancato al tempio D, presenta due chiare fasi edilizie: la più tarda è di età romana (probabilmente adrianea o di poco successiva: sono riutilizzati due pilastri del proscenio del teatro ellenistico, rifatto in questo periodo), ma il nucleo originario dovrebbe risalire, come mostrano resti di pitture murali, al tardo II sec. a.C. All'interno era una base (con una coppia di incavi di fissaggio in posizione eccentrica), che appare adatta a sostenere due statue, probabilmente quelle di Ifigenia e Artemide, riferibili al culto trasferito dall'acropoli sulla terrazza del teatro. Il terzo tempietto (F) ha solo una fase tardo-ellenistica, del I sec. a.C. Anche qui il pavimento della cella è a mosaico, nella più recente tecnica a tessere. L'orientamento verso NO pare sostanzialmente dettato da motivi estetici, in quanto esso veniva a formare una quinta architettonica assieme al teatro e agli altri due tempietti.
L'esplorazione si è estesa a un quartiere a NO del teatro prevalentemente a destinazione artigianale e commerciale. All'ultima fase appartiene un forno da vasaio circolare databile al III sec. d.C.; all'esterno del complesso, a un livello più antico, si sono rinvenuti alcuni bacini comunicanti tra loro, probabilmente utilizzati per la decantazione dell'argilla (cfr. Herodot., II, 36). La lunga permanenza in questo settore di attività artigianali sembrerebbe confermata dall'abbondanza di frammenti ceramici e da matrici di coppe a rilievo, nonché da un gran numero di piccoli supporti di forma triangolare. Fra і trovamenti, frammenti di vasi ellenistici a decoro stampigliato e a rilievo, unguentari, frammenti di stile West Slope, lampade corinzie tra cui una con figura di Artemide, terra sigillata della I metà del I sec. d.C. e Late roman A della metà del III sec. Dal forno proviene anche un capitello ionico del I sec. a.C. Le ultime campagne di scavo (1986-87) hanno messo in luce, nei livelli più bassi dell'area occupata, in epoca tarda, dalla officina di vasaio, і resti del santuario di Tyche (Paust, VII, 26, 8), identificato in un'esedra rettangolare, grazie al rinvenimento dei frammenti di una grande statua di marmo in cui può riconoscersi, appunto, un'effigie di questa divinità. Le tracce, su un podio a и presente nell'esedra, della sistemazione di un ciclo di diverse statue di varie dimensioni, nonché frammenti delle medesime, coincidono con la descrizione di Pausania ed hanno un significativo parallelo architettonico a Messene (v.). L'esedra era decorata anche con pitture murali di cui si conservano alcuni avanzi. Per il complesso è stata proposta una datazione al II sec. a.C.
Sul versante so dell'Acropoli sono venuti alla luce una casa ellenistica e anche un tratto del muro di cinta; a N del teatro (loc. Palati) sono state scavate le fondazioni di una stoà ellenistica. Significativi anche і resti di un acquedotto di epoca romana (II sec. d.C.). Un'altra importante operazione, iniziata di recente, è la prospezione sistematica del territorio della città. Resti antichi erano già stati segnalati nel villaggio di Pyrgos (frammenti architettonici reimpiegati nei resti di una chiesa paleocristiana), ma era incerta l'identificazione con la cittadina di Phelloe, menzionata da Pausania (VII, 26, 10), che, grazie ad alcuni saggi di scavo, si localizza ora a Selianà.
Pellene (Πελλήνη). La più orientale delle città della Lega Achea, Pellene, si può localizzare nelle rovine a O del villaggio di Zougra, tra і fiumi Kriòs e Sythas, tra і villaggi di Xylokastro e Trikala di Korinthia. Il Leake aveva visto a Zougra resti di edifici e di elementi architettonici, e gli scavi condotti dall'Orlandos nel 1931 e nel 1932 confermavano, con documenti epigrafici, l'identificazione del sito dell'antica Pellene. Avvio a un'indagine sistematica fu dato dalla scoperta di tombe e di fondazioni di edifici antichi nel corso di lavori stradali. Lo scavo sull'altura di Tserkova, dove si trovarono і resti più cospicui di un antico insediamento, mise in luce solo resti tardo-romani, mentre sul versante SO della collina fu evidenziata una struttura semicircolare che aveva all'interno tre serie di sedili e un diametro di m 13,80. Fu anche scavata la krepìs di un tempio lunga 30 m su un monticolo a E del villaggio. Si rinvennero infine una parte di capitello dorico, una lastra con triglifo e metopa e altri elementi architettonici, che sono datati alla fine del V о alla prima metà del IV sec. a.C. Se si trattava del tempio di Atena ricordato da Pausania (VII, 27, 2), la statua di culto criselefantina opera di Fidia doveva trovarsi in origine da qualche altra parte, o il tempio venne rinnovato nel IV sec. A poca distanza dai limiti occidentali del villaggio, l'Orlandos aveva scavato un ambiente di una casa ellenistica con pavimento a mosaico di ciottoli bianchi e blu scuro con motivi marini. Materiali litici dell'antica Pellene vennero trasportati anche nel villaggio di Dendrì, a SO di Zougra (iscrizioni funerarie, dedicatorie ecc. tra queste una dedica di romani residenti a Pellene).
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