Fiorentina, Accademia
. Dapprima Accademia degli Umidi, fondata il primo novembre 1540 da Giovanni Mazzuoli, detto lo Stradino, assunse il nome di A.F. il 14 dello stesso mese. In origine essa si propose la lettura di qualche sonetto del Petrarca, senza solennità alcuna e senza iattanza, e la composizione burlesca e scherzosa di sonetti durante le abituali ‛ tornatelle '. In seguito, da sodalizio di privati, l'Accademia divenne un'istituzione ufficiale ed ebbe la protezione del granduca Cosimo, che così voleva continuare il tradizionale mecenatismo della sua famiglia.
Oltre il culto e lo studio della nostra lingua, grande suo merito fu l'aver curato, in un secolo che volgeva la sua adorazione al Petrarca, la lettura e il commento della Commedia, poiché essa, oltre a dimostrare l'idoneità del volgare a trattare i più alti problemi, a esprimere concetti ardui e complessi, si prestava a esposizioni dottrinali e scientifiche, così come alla speculazione filosofica. E se pure nel commento della Commedia gli accademici assunsero, come principio unitario di ricerca, l'utile-dulci delle poetiche del Cinquecento, e non operarono alcuna distinzione fra il loro aristotelismo e quello dell'età di D., circoscrivendo il valore della filosofia a categoria morale, seppero tuttavia accantonare ogni ricerca sul simbolismo e l'allegorismo che il Landino alla fine del Quattrocento aveva sottolineato.
Fecero parte dell'Accademia uomini di alta dottrina e chiara fama quali il Varchi, il Gelli, il Giambullari, e, pur se al di fuori della cerchia accademica, ma ad essa legato nella sua opera e nei suoi intenti, il Borghini.
Primo a tenere una lezione pubblica nell'Accademia fu il Gelli, il quale nel 1541 commentò il c. XXVI del Purgatorio; continuò poi la sua fatica di lettore, per commissione del granduca Cosimo, dal 1553 al 1563, con un solo anno d'intervallo, il 1559. Il Varchi commentò la Commedia sin dal 1543; nel 1545, quando era console dell'Accademia, tenne quattordici lezioni: nove sul primo e cinque sul secondo del Paradiso; quattro ne tenne il Giambullari. Alla cattedra dantesca dell'Accademia salirono inoltre Francesco Verini, che tenne due lezioni sui vv. 91-93 del XVII del Purgatorio e sul verso 1 del I del Paradiso, il cesenate Iacopo Mazzoni, che nel 1557 e nel 1559 commentò il XVII del Purgatorio, e il I del Paradiso, e G. Galilei, che tenne nel 1587 due lezioni " sulla figura, sul sito e grandezza dell'Inferno " a difesa delle tesi del Manetti contro quelle del Vellutello.
Da ricordare ancora, quali lettori della Commedia, anche se con scarsi apporti, gli accademici Mario Tanci, Giovanni Strozzi, Niccolò Martelli, Cosimo Bartoli, Piero Trucioli, Ugolino Martelli, Damiano di San Gemignano, Leonardo Tanci, Guglielmo Persani da Bibbiena, Lodovico Epifani, Selvaggio Ghettini, Francesco D'Ambra, Piero Fabrini, Andrea di Chimenti Ticci, Iacopo Marchesetti, Giovanni Cervoni, Angelo Segni, Ventura Strozzi, Lelio Bonsi, Lorenzo Minori, Tommaso Ferrini, Iacopo Baroncelli, Annibale Rinuccini, Giovan Battista Adriani, Nero del Nero, Baccio Bandini, Bernardetto Buonromei, Niccolò Fabbrini, Giovan Battista Vecchietti.
Com'era naturale l'Accademia partecipò alle ‛ dispute ' in difesa della Commedia: Carlo Lenzoni, anch'egli più volte lettore, dettò una Difesa di D. pubblicata postuma per le cure del Giambullari nel 1557; il Mazzoni, con lo pseudonimo di Donato Roffia, pubblicò nel 1572 una sua giudiziosa Difesa, ripubblicata nel 1573 con il proprio nome.
Bibl. - Firenze, Bibl. Naz. Centrale, ms. Magliabechiano IX 91: Atti dell'Accademia fiorentina; Magliabechiano VIII 49: Letture del Gelli ai canti XX e XXVI dell'Inferno; A.F. Doni, Lettioni d'Accademici, Firenze 1547; P.F. Giambullari, Lezioni, ibid 1551; S. Salvini, Fasti consolari dell'Accademia fiorentina, ibid 1717; V. Borghini, Discorsi, ibid 1754; B. Varchi, Lezioni su D., ibid 1841; M. Barbi, Della fortuna di D. nel sec. XVI, Pisa 1890, 180-181, 354-361; F. Flamini, Il Cinquecento, Milano 1897; ID, D. nel Cinquecento, ibid 1897; ID, D. nel Cinquecento e nella decadenza, in D. e l'Italia, Roma 1921; G. Mazzacurati, D. nell'Accademia fiorentina, in " Filologia e letteratura " XIII (1967) 288; A. Vallone, L'interpretazione di D. nel Cinquecento, Firenze 1969, 141 ss.