accapricciare
Per " provare orrore ", " inorridire ", in If XXII 31 I' vidi, e anco il cor me n'accapriccia, essendo comune nei ‛ verba sentiendi ' lo scambio tra le forme intransitive e quelle intransitive pronominali accapricciare accapricciarsi '). " Istud vocabulum [accapriccia]... est nomen tuscum, et tantum sonat in vulgari quantum in grammatica ‛ rigeo, es ' " (Guido da Pisa). Qualche interprete antico dà invece al verbo valore transitivo, e a cos significato di " memoria ", intendendo: " La memoria (di ciò che io vidi) mi fa ancora paura, mi dà spavento ". Tuttavia non risulta che in altri luoghi danteschi ‛ cuore ' valga " memoria ". Se si accetta il valore transitivo del verbo, il cor potrebbe anche essere oggetto. In tal caso diverrebbe soggetto della proposizione lo spettacolo che si offerse agli occhi di D.: " io vidi, e ciò che vidi mi riempie il cuore di orrore ". Quest'ultima interpretazione trascura però la funzione semantica della particella ne, e non appare accettabile (cfr. If XIV 78 Lo cui rossor ancor mi raccapriccia). V. anche RACCAPRICCIARE.