accarnare
Vale, in senso proprio, " penetrare profondamente nella carne " con un ferro o con i denti (v. Armannino Fiorita [Firenze, Bibl. Naz. II. III. 137 c. 31 v° b] " Allora [E]dippo menò a llui uno gran colpo con la sua spada in sulla spalla, ma no llo acarnò, imperciò ch'egli era tutto coperto de penna "); ma nell'unica presenza di Pg XIV 22, in rima, ha il valore figurato di " penetrare addentro ", " comprendere bene ": a D., che aveva alluso all'Arno con una lunga circonlocuzione, Giudo del Duca dice: Se ben lo 'ntendimento tuo accarno / con lo 'ntelletto... / tu parli d'Arno. Chiosa il Vellutello: " Accarno, ciò è... ‛ penetro bene con l'intelletto '... per similitudine de' cani quando hanno giunto e preso la fiera, che pascendosi sopra di quella penetrano co' denti fino alla carne ".
Il Daniello invece spiega: " ‛ colorisco ', tratto da' dipintori quando danno la carnagione alle figure ".
Il Tommaseo dal canto suo, ricordando che nella Bibbia ‛ carne ' sta spesso per " vita ", dà al verbo il valore di " dar vita nel proprio pensiero al pensiero altrui ".