ACCATTONAGGIO (accattone da accattare, che ora significa "mendicare", ma significò anche "chiedere", "prendere" e, in molti dialetti, "comprare", come il fr. acheter, che ha lo stesso etimo, accaptare; fr. mendicité; spagn. mendicidad; ted. Bettelei; ingl. begging, mendicity)
L'accattonaggio, il mendicare per mestiere, conseguente al fenomeno economico del pauperismo, è un fatto socialmente dannoso e fastidioso, che da secoli è, con mezzi varî, colpito e, se non eliminato, almeno limitato.
L'accattonaggio costituisce un pericolo e un danno sociale sotto varî aspetti: per la possibilità che fra i mendicanti, e camuffati come tali, vadano a zonzo delinquenti preparando delitti; per il frequente sfruttamento della credulità e bontà altrui da parte di oziosi, avari o malvagi, in veste d'inabili e ammalati; per il rischio di contagio, conseguente alla vita randagia di gente ignorante e sudicia; per il non raro uso di modi tracotanti e petulanti, da parte di mendichi spinti dal bisogno, con danno della pace privata; per l'offesa al decoro pubblico nazionale, che è menomato dal girovagare di turbe di cenciosi, che ostentano miseria anche al di là di quel che sia realmente; e così via. Né va taciuto che la vita randagia del mendico è spesso una scuola di corruzione (specie per donne, ragazzi) e un pericolo per la pace sociale e l'ordine pubblico, dando incentivo a lotte di classe. Aggiungasi che il pericolo e il danno sociale sono tanto più grandi, in quanto, mancando i freni, l'accattonaggio tende naturalmente e quasi automaticamente a espandersi, disabituando 4aste masse dal lavoro.
Nell'antichità il fenomeno dell'accattonaggio fu diffusissimo, non di rado incoraggiato dalla gratuita o semigratuita distribuzione di viveri ordinata da consoli o imperatori.
Nell'epoca presente il fenomeno dell'accattonaggio è molto più limitato. A ciò concorrono: lo sviluppo delle istituzioni benefiche; l'interessamento dello stato e degli enti locali, che evitano la disoccupazione con opere pubbliche, talvolta imponenti; lo sviluppo dei trasporti, che impedisce le carestie localizzate; l'igiene pubblica, che previene le epidemie e la conseguente miseria; e specialmente lo sviluppo della previdenza e del risparmio, talv0lta, provvidenzialmente, obbligatorî (assicurazione contro la disoccupazione, la invalidità e la vecchiaia; casse pensioni per impiegati e salariati; assicurazione contro gl'infortunî). Né sono da dimenticarsi l'accumularsi della ricchezza, che è risparmio trasmesso da una generazione all'altra; le scoperte scientifiche, che moltiplicano la produzione agraria e industriale, ecc.
Infinite furono, come si è detto, le sanzioni contro l'accattonaggio, talvolta draconiane e feroci. Una costituzione di Graziano (Lib. XI, Cod. XXVI, I) stabilì, ad es., che i mendicanti abili al lavoro divenissero servi o coloni in potestà di chi denunciasse il mendicare di essi. Altri provvedimenti furono presi da Giustiniano (Nov., LXXX, C., 4 e 5). Nel Medioevo e successivamente, la Chiesa diede alla carità pubblica e privata un impulso straordinario, talché ospedali, ricoveri, opere pie iniziarono la parabola ascendente che porta all'odierno rigoglio della beneficenza.
Legislazione del regno d'Italia. - La legge di pubblica sicurezza del 1865 (20 marzo, n. 2248, allegato B), coll'art. 67, seguiva un criterio molto largo: nei comuni in cui non esistesse ricovero di mendicità, gl'inabili privi di mezzi potevano ricevere dall'autorità comunale, col visto di quella politica, un certificato di indigenza; con questo, era lecito mendicare nell'ambito del circondario, escluse le ore di notte, e vietati sempre i modi inurbani, la mostra di piaghe, mutilazioni, ecc. La detta legge non regolava però il caso (purtroppo comunissimo) che nel comune o città esistesse ricovero, ma che questo non avesse capienza o rendite per dar ricetto a tutti gl'inabili esistenti nella circoscrizione. Talché, in pratica, l'accattonaggio era consentito de iure, e largamente, dappertutto.
La legge di pubblica sicurezza del 1889, auspice il Crispi, dettò più complete disposizioni, che per altro, purtroppo, rimasero in buona parte senza attuazione, per mancanza di adeguati mezzi di bilancio. Con la detta legge del 1889, si stabilì (art. 80) che, pur ove non esistesse ricovero, e là dove il ricovero non fosse sufficiente, non fosse, parimenti, lecito mendicare, in quanto il ricovero era da compiersi in istituto di altro comune, e la spesa era da accollarsi ad enti varî (confraternite; congregazioni di carità e altre opere pie; comuni; se necessario, lo stato). Nello stesso torno di tempo, era pubblicato il codice penale, in forza del quale (articoli 453 segg.), chi, abile al lavoro, è còlto a mendicare, e chi, inabile, mendichi "senza aver adempiuto le prescrizioni stabilite dalla legge" (farsi possibilmente ricoverare, ecc.), è punito con l'arresto sino ad un mese.
Esistevano già, d'altra parte, e sono tuttora in vigore, speciali sanzioni contro coloro che, per professioni girovaghe, o per questuare, impieghino ragazzi minori di anni 18, di altrui famiglia, o che consegnino ad altri i figli, i pupilli, ecc. per questuare (carcere da uno a tre mesi, ecc.; legge 21 dicembre 1873, n. 1733, richiamata dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277, art. 23).
In esecuzione degli articoli 80-82 della legge di pubblica sicurezza, si emanò poi un r. decr. 19 novembre 1889, n. 6535, per regolare più minutamente la materia (chi e con quale procedura potesse essere dichiarato inabile; quali enti dovessero sopportare l'onere del ricovero, e come si effettuasse, con ordinanza dell'intendente di finanza, il riparto dell'onere stesso). È questo un importante decreto di 29 articoli, che dev'essere consultato da chi voglia approfondire la materia. Nell'anno seguente, fu inoltre emanato il regio decr. 12 gennaio 1890, n. 6594, che diede facoltà ai prefetti e sottoprefetti di compilare elenchi delle confraternite, fraterie, ecc. soggette all'onere di mantenere inabili. Tali due decreti furono presentati al parlamento, ma questo non ne pronunciò mai la formale conversione in legge; tale conversione, per altro, si è ritenuto siasi avuta, implicitamente, con la legge 22 luglio 1897, di cui infra (cfr. Brondi, La beneficenza legale, in Orlando, Trattato di diritto amministrativo, VIII, Milano 1905, p. 76 segg.). Sono ancora da ricordare le seguenti disposizioni:
a) legge 22 luglio 1897, n. 334, con cui, per ridurre la spesa dei ricoveri e uniformare i criterî per tutto il regno, si tolse ai prefetti la potestâ di ordinare i ricoveri stessi, e la si conferì al ministro dell'interno,
b) r. decr. 13 giugno 1915, n. 873, art. 4, con cui si stabilì che chi non ha compiuto dodici anni (e non più nove, come era pel decr. 6535 del 1889), è ritenuto inabile al lavoro (come se fosse ammalato, deficiente, ecc.) di pieno diritto;
c) infine deve tenersi presente (e ciò è importante) che, entrata in vigore la legge 17 luglio 1890, n. 6972, sulle opere pie, si ritenne (da allora in poi, pacificamente) che il nuovo istituto del domicilio di soccorso, introdotto dalla legge stessa, si applicasse anche in materia d'inabili al lavoro. Perciò, mentre l'art. 23 del decr. 6535 del 1889 accolla l'onere della spesa al comune di origine (ossia, alle opere pie o al comune del luogo di origine del mendico), dopo la legge del 1890 si ritenne che la spesa toccasse, invece, alle confraternite, opere pie, o comune in cui il mendico avesse il domicilio di soccorso (quinquennale), e, in caso di difetto di mezzi, allo stato. Un commento ampio e pregevole di queste disposizioni e delle questioni relative è dato dall'Evoli, Manuale dell'assistenza obbligatoria, Torino 1906, pp. 471 a 645; v. anche il Brondi, citato.
Legislazione dopo il 1926. - La nuova legge di pubblica sicurezza (testo unico 6 novembre 1926, n. 1848), con gli articoli 155 e 156, non ha recato a questo sistema modificazioni sostanziali. L'art. 155 parla, per il rimborso della spesa, delle norme stabilite per il domicilio di soccorso; ma, come abbiamo visto, il sistema del domicilio di soccorso, in effetti, è già in vigore, nella presente materia, dal 1890 in poi. Lo stesso art. 155, sempre agli effetti del rimborso, menziona prima il comune, poi le istituzioni di beneficenza, poi lo stato, e non parla più di confraternite; ma, sotto questo aspetto, deve ritenersi che sia ancora in vigore il decr. 19 novembre 1889, n. 6535; epperò che l'obbligo cada in primo luogo sulle opere pie di ricovero d'inabili; in secondo luogo sulle altre opere pie e confraternite (salvo il riparto per quota fra tutte); in terzo luogo sul comune; in quarto luogo sullo stato. Certo, lo spirito della nostra legislazione in fatto di confraternite è mutato (cfr. art. 11, legge 17 giugno 1926, n. 1187, in base a cui i beni assegnati a scopi di culto possono essere devoluti alla chiesa parrocchiale); quindi è a ritenere che una confraternita di puro culto non sia oggi più soggetta agli oneri per gl'inabili al lavoro.
Comunque, è sentita, di certo, la necessità di nuove norme che regolino più precisamente questa materia del riparto della spesa, tenuto conto di tutte le modificazioni intervenute dal 1889 in poi.
Dati statistici. - Rammentiamo che nel bilancio dello stato, per l'esercizio 1927-28, è stanziato un fondo di L. 4.400.000 per ricovero di mendici, per cui la cifra dei ricoverati, sempre a carico dello stato, potrà ascendere a circa 2500: cifra discreta, ma sempre troppo esigua in confronto al fabbisogno; motivo per cui si è molte volte sostenuto, a torto, che lo stato ricovera gl'inabili per fini di pubblica sicurezza, e non di beneficenza. Tale tesi è però a nostro avviso cavillosa e inesatta; enti varî e stato ricoverano i mendici, sia per pubblica sicurezza sia per beneficenza; s'intende che, quando i mezzi finanziarî si manifestino insufficienti, si arresta l'attività amministrativa e si fa quel che si può.
Giova, per altro, avvertire che, recentemente, la legge ha istituito una importantissima e ben dotata Opera per la protezione e assistenza della maternità ed infanzia (v. maternità e infanzia); e anche per tal fatto, il problema dell'accattonaggio si restringe ai giovani, adulti e vecchi, perché, pei fanciulli e ragazzi abbandonati o bisognosi fino a 18 anni, provvede l'opera suddetta (legge 10 dicembre 1925, n. 2277; regolamento 15 aprile 1926, n. 718; decr. legge 21 ottobre 1926, n. 1904), coi cospicui proventi della tassa sui celibi; e provvedono altresì, se si tratti d'infanti, i brefotrofî o le provincie (decr. legge 8 maggio 1927, n. 798).
Avvertiamo pure, in linea di fatto, che oggi, della spesa sostenuta per mendici, solo un quarto, grosso modo, anche per la ristrettezza dei loro mezzi, è accollato agli enti locali, e tre quarti finiscono a carico dello stato; tanto varrebbe accollare l'intera spesa allo stato (come si è fatto, in sostanza, se non formalmente, per i fanciulli), evitando laboriosissime pratiche burocratiche di liquidazione e riparto fra ente ed ente.
Da quanto precede, risulta ehe il numero degl'inabili al lavoro oggi ricoverati con ordinanza a sensi delle norme suindicate, si aggira sui 3000.
Aggiungasi, però, che (oltre la suddetta somma di 4 milioni circa per rette di ricovero d'inabili) lo stato eroga somme ingenti (nell'esercizio 1926-1927 furono erogate L. 22.600.000) per le opere pie di ricovero, e propriamente per sussidî e contributi a pareggio di bilanci dissestati di esse. Ma è da supporre che oltre la metà di tale somma sia stata corrisposta ad istituti di ricovero d'infermi (ossia ad ospedali veri e proprî) e non ad istituti di ricovero d'inabili.
Molto più arduo è invece il calcolare quanti inabili siano ricoverati a cura di pii istituti (enti pubblici autarchici) e a cura di fondazioni private, ecclesiastiche, comitati di beneficenza, ecc.
Nel 1900, risultavano nel regno:
Anche a supporre che ognuno dei detti stabilimenti ospitasse nel 1900 una media di 20 ricoverati, si giunge ad un totale di circa 30.000 ricoverati.
Si può per altro ritenere che dal 1900 ad oggi queste cifre si siano considerevolmente elevate, specialmente per fondazione di nuovi istituti.
È infine da tenersi presente che gl'inabili al lavoro non si soccorrono solo col ricovero, ma anche con soccorsi a domicilio (da parte delle moltissime opere pie elemosiniere), con gli asili notturni, le cucine economiche, ecc.
Rimane indubbio, tuttavia, che ben maggiori fondi dovranno essere assegnati alla beneficenza, perché scompaia, o si riduca a minime proporzioni, la piaga dell'accattonaggio.
Una statistica degl'inabili al lavoro, o dei mendici o ricoverati, non è stata per altro mai fatta, né forse è agevole; ad es., un vecchio povero di anni 70 è abile o inabile? o forse basta la dichiarazione o volontà di tal vecchio? D'altra parte, non conviene che la pubblica autorità rilasci declaratorie d'inabilità al lavoro, se poi le mancano i mezzi di provvedere al mantenimento dell'inabile stesso.
Bibl.: Oltre i Brondi e l'Evoli già citati, v. Saredo in Digesto Ital., voce Accattonaggio; Dalloz, Petit dictionnaire du droit, Parigi 1909, voce Vagabondage; Teichmann, nel Rechtslexicon del Holtzendorff, Lipsia, 3ª ed., 1880-81, voce Bettelei; Cammeo, Questioni di competenza in materia di spese per inabili, in Giurispr. italiana, III, 21, 1900; L. Rivière, Mendiants et vagabonds, Parigi 1902; H. du Puy, Vagabondage et mendicité, Parigi 1907; Calisse ed altri, Il pauperismo, conferenze, Roma 1910, ecc.