Accattone
(Italia 1961, bianco e nero, 116m); regia: Pier Paolo Pasolini; produzione: Alfredo Bini per Arco Film/Cino Del Duca; soggetto: Pier Paolo Pasolini; sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini, con la collaborazione di Sergio Citti; fotografia: Tonino Delli Colli; montaggio: Nino Baragli; scenografia: Flavio Mogherini.
Vittorio Cataldi, detto Accattone, è un pappone: sfrutta Maddalena, prostituta ereditata dal malvivente napoletano Ciccio, che lui stesso ha denunciato anonimamente. Vive tra le baracche dell'estrema periferia di Roma con Maddalena e la moglie di Ciccio, Nannina, che ha cinque figli a carico, ciondolando tra la casa e il baretto, dove s'incontra con uno strafottente gruppo di amici che disprezzano ogni forma di lavoro: per lo più ladruncoli, ricettatori e sfaccendati mantenuti dai genitori. Infine, ha un figlio di pochi anni, nato dal matrimonio ormai finito con Ascenza, che lavora in un'officina di riciclaggio di bottiglie usate. Un giorno quattro 'mariuoli' napoletani fanno una spedizione per conto di Ciccio, per capire chi è che lo ha tradito: Accattone, avuto sentore di quanto sta accadendo, scarica la colpa su Maddalena, che viene presa dai quattro e picchiata. La donna, impaurita, denuncia quattro innocenti e viene arrestata. Accattone resta senza lavoro. Dopo aver rifiutato l'offerta del ladro Balilla, va all'officina a chiedere un prestito alla moglie. Qui incontra Stella, una ragazza mite e ingenua, poverissima figlia di una prostituta, se ne innamora e la porta a vivere a casa sua. Cerca di lavorare per mantenerla, ma non ce la fa. Dopo aver derubato il figlioletto per regalare le scarpe a Stella, decide di sfruttare la ragazza: Stella accetta, ma a sua volta non riesce nel suo intento. Quando Maddalena viene a sapere della situazione, denuncia Accattone. Nel frattempo la polizia lo tallona e lo coglie in flagrante mentre svuota un camion di salumi col complice Cartagine. Accattone ruba una motocicletta e scappa: ma si schianta contro una macchina e muore.
Film d'esordio di Pier Paolo Pasolini, già scrittore di fama internazionale, ispirato esplicitamente nel suo bianco e nero ai grandi registi classici del cinema muto (da Dreyer a Ejzenštejn) così come, nell'uso delle prospettive di ripresa, ai grandi classici della pittura rinascimentale (da Masaccio a Tintoretto), Accattone ha una fotografia nitida e contrastatissima che affida gran parte della sua forza espressiva a un'alternanza di primissimi piani statici, dettagli, controcampi panoramici e campi lunghi in movimento, con un ritmo interno concitato: lunghe sequenze senza stacco, movimenti di macchina ridotti all'essenziale. Un lavoro fortemente innovativo sul piano linguistico, acuito dalla sostanziale estraneità del regista alle tecniche specialistiche, che ha consentito a Pasolini, come a molti registi delle coeve nouvelles vagues internazionali, di trattare il cinema come mezzo espressivo relativamente nuovo, con uno sguardo allo stesso tempo naïf e pieno di coscienza poetica. In questo senso, in Accattone Pasolini è riuscito a trasfondere, grazie anche all'aiuto del romano Sergio Citti, tutta la forza innovativa dei suoi romanzi Una vita violenta e Ragazzi di vita, utilizzando il dialetto romanesco nella sua forma viva e parlata, piuttosto che in quella storicizzata dall'uso letterario.
Notevole è anche il lavoro sul sonoro, soprattutto nella lunga sequenza in cui Accattone sogna il proprio funerale, dove il regista associa a brusche elisioni di montaggio silenzi netti e suoni fuori sincrono in modo particolarmente inquietante, creando un forte clima di allucinazione onirica. Nell'epopea di ispirazione marxista e gramsciana del popolo pre-borghese che l'antieroe protagonista incarna senza abbellimenti o edulcorazioni (grazie soprattutto alla recitazione icastica e spontanea dell'attore Franco Citti), in tutta la contraddittoria forza e in tutta la penosa meschinità della furbizia secolare di cui si fa carico come uomo solo e fuorilegge di piccola tacca, va a incastonarsi provocatoriamente anche l'uso della musica religiosa: il leitmotiv della Passione secondo San Matteo di Johann Sebastian Bach, che accompagna tutti i momenti topici della vicenda, acuisce in maniera allusiva il dramma umano di Accattone come figura cristologica, chiusa nel mondo senza pietà e senza scampo di una sopravvivenza brutale, a cui non è dato amare né redimersi, se non attraverso l'espiazione della propria condizione nella morte.
Girato con attori non professionisti, veri abitanti delle borgate, il film si propone di dare voce dall'interno alla vitalità e alla verità del sottoproletariato urbano, che il regista vede come latore di una residua purezza della socialità pre-borghese e pre-storica, cancellato dall'orizzonte del cinema italiano della società del boom secondo una mirata campagna di progressivo "genocidio antropologico". La critica militante dell'epoca guardò con simpatia ma anche con una certa diffidenza all'opera da neofita del cinema del celebre scrittore, contribuendo in parte al suo sostanziale isolamento. Girato con il giovane Bernardo Bertolucci come aiuto-regista, Accattone, dopo la prima proiezione avvenuta alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione informativa il 31 agosto 1961, fu il primo film in Italia a essere vietato ai minori di diciotto anni per decreto e subì un violento boicottaggio all'uscita nelle sale di Roma da parte di movimenti neofascisti. Ha ricevuto nel 1962 il premio per la migliore regia al Festival di Karlovy Vary.
Interpreti e personaggi: Franco Citti (Vittorio Cataldi detto Accattone, doppiato da Paolo Ferrari), Franca Pasut (Stella), Silvana Corsini (Maddalena), Paola Guidi (Ascenza, doppiata da Monica Vitti), Adriana Asti (Amore), Romolo Orazi (suocero di Accattone), Massimo Cacciafeste (cognato di Accattone), Adriano Mazzelli (cliente di Amore), Francesco Orazi (burino), Mario Guerani (commissario), Stefano D'Arrigo (giudice istruttore), Enrico Fioravanti (primo agente), Nino Russo (secondo agente), Emanuele Di Bari (sor Pietro), Franco Marucci (Franco), Carlo Sardoni (Carlo), Adriana Moneta (Margheritona), Polidor (becchino), Sergio Citti (cameriere), Elsa Morante (detenuta), Danilo Alleva (Iaio). Gli amici di Accattone: Alfredo Leggi (Pupo Biondo), Galeazzo Riccardi (il Cipolla), Giovanni Orgitano (lo Scucchia), Giuseppe Ristagno (Peppe il Folle), Leonardo Muraglia (Mammoletto), Luciano Conti (il Moicano), Luciano Gonini (Piede d'oro), Mario Cipriani (Balilla), Piero Morgia (Pio), Renato Capogna (il Capogna), Roberto Giovannoni (il Tedesco), Roberto Scaringella (Cartagine), Silvio Citti (Sabino). I napoletani (doppiati da attori della compagnia di Eduardo De Filippo): Umberto Bevilacqua (Salvatore), Adele Cambria (Nannina), Amerigo Bevilacqua (Amerigo), Dino Frondi (Dino), Franco Bevilacqua (Franco), Mario Castiglione (Mario), Sergio Fioravanti (Gennarino), Tommaso Nuovo (Tommaso). I farlocchi: Edgardo Siroli, Renato Terra.
D. Maraini, L''Accattone' di Pier Paolo Pasolini, in "Cinema nuovo", n. 150, marzo 1961.
M. Argentieri, Nella periferia romana nasce il film di Pasolini, in "L'Unità", 7 aprile 1961.
B. Bertolucci, Pasolini gira il suo film: la vita di Accattone, in "Vie Nuove", 6 maggio 1961.
E. Bruno, L'Accattone, in "Filmcritica", n. 112-113, agosto-settembre 1961.
P.P. Pasolini, Accattone, in Alì dagli occhi azzurri, Milano 1965.
P.P. Pasolini, Il mio Accattone in Tv dopo il genocidio, in "Corriere della Sera", 8 ottobre 1975.
S. Murri, Pier Paolo Pasolini, Milano 1994.