Accesso alle infrastrutture portuali e Autorità dei trasporti
L’Autorità di regolazione dei trasporti (ART), sulla scorta dei principi fissati a livello nazionale e comunitario, è intervenuta per regolamentare l’accesso equo ed indiscriminato alle infrastrutture portuali con delibera 30.5.2018, n. 58. Tale intervento si è reso necessario a seguito della lacuna normativa costituita dalla mancata emanazione del decreto ministeriale disciplinante il rilascio, la sospensione e la revoca delle concessioni di aree e banchine portuali, previsto dall’art. 18 della l. 28.1.1994, n. 84, la quale ha causato una forte discrezionalità nelle modalità di rilascio di tali concessioni da parte delle autorità preposte. Con tale provvedimento, l’ART torna a focalizzare l’attenzione sulla concorrenza “nel porto” e sulle infrastrutture presenti nello stesso, l’efficienza delle quali del resto incide sulla competitività dell’intero scalo e del network logistico ad esso collegato.
La disciplina delle attività e delle operazioni che si svolgono all’interno dei porti continua ad essere un tema di particolare interesse per il legislatore ed il regolatore, in Italia come in Europa.
Gli scali marittimi, come noto, rappresentano una importantissima risorsa sia a livello nazionale che a livello europeo. Tuttavia, tra essi esistono differenze molto spiccate in termini di dimensioni, traffico, infrastrutture, governance portuale.
La dinamicità e l’importanza del settore ha pertanto richiesto a più riprese l’intervento del legislatore comunitario e di quello nazionale, i quali hanno cercato – non senza difficoltà – di adattare la realtà normativa ai repentini cambiamenti economico-sociali in atto. In Italia la riforma portuale più significativa è rappresentata, come noto, dalla l. 28.1.1994, n. 84, la quale ha istituito, nei porti maggiori, le autorità portuali (AP), provvedendo a distinguere tali enti pubblici non economici, dotati di poteri di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo, dai soggetti privati che materialmente provvedono alla fornitura delle operazioni e dei servizi portuali (imprese portuali, operatori terminalisti), secondo il modello del landlord port1.
Il merito di aver inquadrato giuridicamente la problematica del porto in un contesto più ampio spetta tuttavia all’UE, la quale ha provveduto, con l’emanazione dei regg. 2013/1315/UE e 2013/1316/UE, rispettivamente all’istituzione della rete transeuropea di trasporto (TENT), formata dai porti core considerati essenziali per il funzionamento del mercato interno, ed alla creazione del meccanismo per collegare l’Europa (MCE).
Il nuovo approccio introdotto dall’UE ha fatto emergere anche in Italia l’esigenza di superare l’impostazione originaria della l. n. 84/1994 per approdare ad una politica portuale maggiormente coordinata e tendente alla realizzazione di un sistema portuale a livello nazionale.
Anziché provvedere ad una riforma organica ed unitaria dell’intera disciplina portuale, tuttavia, il legislatore ha preferito porre in essere più interventi, mirati a migliorare il quadro normativo esistente. Il primo è consistito nell’adozione del Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL), prevista dal d.l. 12.9.2014, n. 133 (cd. sblocca Italia)2, volto a pianificare a livello nazionale un nuovo assetto delle AP, prevendendo al contempo un miglioramento dell’efficienza dei mercati nazionali, al fine di incrementarne la competitività. Anche in Italia, quindi, l’originaria visione legata al singolo scalo lascia il posto ad un approccio di più ampio respiro, che prevede interventi di programmazione e regolazione a livello nazionale, che prende in considerazione il sistema portuale nel suo complesso. Il passo successivo, sulla scorta delle osservazioni contenute nel PSNPL, è consistito, con il d.lgs. 4.8.2016, n. 1693, in una prima riforma degli organi di governo dei porti, che ha visto, da un lato, la sostituzione delle AP con le autorità di sistema portuale (AdSP), riducendone il numero e razionalizzandone e semplificandone gli aspetti organizzativi; dall’altro, l’introduzione del Piano regolatore di sistema portuale, da redigere in base ad apposite linee guida4, al fine di favorire maggiore uniformità nella programmazione degli interventi. Ulteriori misure integrative e correttive sono quindi state apportate dal successivo d.lgs. 13.12.2017, n. 232 (cd. correttivo porti)5, le quali hanno inciso significativamente, ancora una volta, sugli strumenti di pianificazione dei sistemi portuali, con particolare riferimento allo snellimento della procedura di approvazione dei piani regolatori portuali. Gli interventi menzionati, nel complesso, hanno integralmente ridisegnato un nuovo modello di governance portuale, maggiormente accentrato in un numero minore di AdSP, con procedimenti più snelli e con un coordinamento a livello nazionale rappresentato dalla neoistituita Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP presso il MIT (art. 11 ter, l. n. 84/1994), anche al fine di pianificare a livello nazionale le politiche di sviluppo in materia portuale, pur con gli adattamenti relativi alle realtà locali di ciascuna AdSP.
Il ruolo delle AdSP è dunque oggi più dinamico e significativo di quello delle precedenti AP: esse infatti – accanto ai compiti già propri delle AP – sono altresì chiamate a promuovere e coordinare «forme di raccordo con i sistemi logistici retro portuali e interportuali» (art. 6, co. 4, lett. f, l. n. 84/1994). Anche a livello normativo viene quindi sancita la vocazione di tali nuovi organismi a sviluppare una maggiore integrazione dello scalo con le catene ed i sistemi logistici, superando una volta per tutte la visione incentrata sul singolo scalo o city port, originariamente prevista dalla l. n. 84/1994, per avvicinare una concezione nella quale i porti sono ormai considerati nodi di un network infrastrutturale, inseriti nei flussi di trasporto passeggeri e merci.
Negli ultimi anni, tuttavia, stante la continua e costante evoluzione tecnologica ed operativa, ulteriori sfide hanno interessato il settore in esame, prima fra tutti il fenomeno del cd. gigantismo navale. La crescita esponenziale delle dimensioni e della capacità di carico dei mezzi in questione ha portato alla realizzazione di navi portacontainer di circa 400 metri di lunghezza ed in grado di trasferire carichi complessivi superiori alle 20000 TEU6, richiedendo infrastrutture moderne ed efficienti, in grado di movimentare e gestire i sempre maggiori flussi in arrivo ed in partenza in tempi contenuti, ma anche catene di trasporto e logistiche idonee a smistare simili carichi di lavoro: di conseguenza, tale fenomeno non coinvolge soltanto le infrastrutture portuali ma anche, ed in maniera significativa, quelle retroportuali e logistiche, compresi i collegamenti ferroviari e stradali. Del resto, la scelta degli scali da parte delle imprese di navigazione non è dettata esclusivamente dalle caratteristiche del porto ma anche delle retroportuali e dei collegamenti logistici. Dato il quadro ora precisato, sebbene negli ultimi anni i dati relativi al sistema portuale italiano evidenzino una crescita del traffico merci ed in particolare di quelle containerizzate – secondo le previsioni destinata ad aumentare ulteriormente7 – permane tuttavia rispetto agli altri scali europei una posizione di debolezza dei porti italiani, i quali mostrano una minore vocazione intercontinentale, un maggiore individualismo portuale oltre che una scarsa programmazione su scala nazionale. Le principali cause di tale situazione sono state individuate nella carenza di infrastrutture rispetto agli standard europei, e nella presenza di servizi latu sensu portuali non concorrenziali se confrontati con gli altri scali dell’UE. Di conseguenza, poiché la competitività dello scalo e dell’intero sistema intermodale di trasferimento parte anzitutto dall’efficienza delle infrastrutture portuali, queste ultime tornano – pur nella visione allargata di cui si è dato atto – ad essere al centro dell’attenzione del mercato e del legislatore. Non a caso, l’ultima tappa di questo breve excursus è rappresentata, a livello comunitario, dal reg. 2017/352/UE8, che entrerà in vigore il 24.3.2019, finalizzato a fissare un quadro normativo comune relativamente alla fornitura di servizi portuali nonché a dettare norme in materia di trasparenza finanziaria; simili finalità presenta, in ambito nazionale, il provvedimento dell’Autorità di regolazione dei trasporti (ART)9 in esame. L’attenzione, sia a livello comunitario che a livello nazionale, in conclusione, è tornata a focalizzarsi sul porto e sulle attività che in esso si svolgono, ed in particolare sulla competitività e sull’efficienza delle relative infrastrutture, con la rinnovata consapevolezza che dall’efficienza delle stesse dipende quella dello scalo e del sistema logistico ed intermodale ad esso collegato.
Nel quadro ora delineato, l’intervento in commento prende le mosse dall’assenza di una chiara e precisa normativa in tema di rilascio delle concessioni di aree e banchine portuali.
In virtù dell’entrata in vigore della l. n. 84/1994, alla normale procedura di assegnazione in concessione di beni demaniali prevista dal codice della navigazione (art. 36 e ss.) sono venute ad aggiungersi due ulteriori procedure: quella ex art. 16, volta al rilascio delle autorizzazioni per lo svolgimento di operazioni e servizi portuali e quella ex art. 18, avente ad oggetto la concessione di aree e banchine portuali, destinate per propria natura ai fini commerciali propri della navigazione marittima.
Al riguardo, la legge richiedeva l’emanazione di due decreti attuativi del MIT che avrebbero dovuto disciplinare, rispettivamente, le procedure relative al rilascio, alla regolamentazione ed alla revoca delle autorizzazioni ex art. 16 e delle concessioni ex art. 18 l. n. 84/1994. In effetti con d.m. 31.3.1995, n. 585 sono state fissate le modalità relative al rilascio, alla sospensione ed alla revoca delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento delle operazioni portuali di cui all’art. 16, l. n. 84/1994, mentre con successivo d.m. 6.2.2001, n. 132 sono stati fissati criteri per l’individuazione dei servizi portuali, anche essi oggetto di autorizzazione. Con riferimento alle concessioni, invece, nessun decreto ministeriale è stato sinora emanato, decreto che oggi peraltro dovrebbe necessariamente adeguarsi alle ulteriori norme nazionali e comunitarie nelle more intervenute: anche per tale motivo, del resto, non hanno ancora visto la luce gli schemi di decreto predisposti dal MIT10. Tale lacuna normativa ha portato le singole Autorità a disciplinare autonomamente – alcune attraverso un proprio regolamento – il rilascio di tali concessioni per aree e banchine, dando luogo ad una applicazione ed interpretazione disomogenee dei principi generali che informano la materia e aumentando la discrezionalità amministrativa nelle scelte in questione, sia in sede di rilascio che in sede di rinnovo delle concessioni, a cui si aggiunge l’assenza o la scarsa chiarezza sul punto dei Piani regolatori portuali. Tale situazione ha causato una serie di presunte violazioni delle norme sulla concorrenza avvenute in diversi scali italiani e portate all’attenzione dell’ART nel 2017: si tratta, più in particolare, di dispute tra operatori e AdSP relative ai porti di Livorno, Civitavecchia e Genova11. Per sopperire all’assenza di regole chiare circa l’accesso alle infrastrutture portuali, l’ART ha ritenuto quindi opportuno intervenire con il provvedimento in esame, stante la propria competenza nel «garantire, secondo metodologie che incentivino la concorrenza, l’efficienza produttiva delle gestioni e il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese e i consumatori, condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali e alle reti autostradali (…), nonché in relazione alla mobilità dei passeggeri e delle merci in ambito nazionale, locale e urbano anche collegata a stazioni, aeroporti e porti» (art. 7, co. 2, lett. a, d.l. 6.12.2011, n. 201), ed alla luce dell’art. 8, lett. n, l. n. 84/1994, secondo il quale il Presidente dell’AdSP esercita le competenze delle AdSP, sentito il Comitato di gestione, attribuite dagli artt. 16, 17 e 18, l. n. 84/1994 nel rispetto delle disposizioni contenute nei decreti del MIT nonché «nel rispetto delle deliberazioni dell’Autorità di regolazione dei trasporti per gli aspetti di competenza». Nel quadro degli obiettivi generali perseguiti nel settore, consistenti nella completa attuazione della liberalizzazione dei relativi servizi portuali e nel miglioramento dei collegamenti e dell’integrazione tra scali portuali e snodi logistici, gli obiettivi specifici che l’ART si propone di raggiungere con le misure predisposte consistono anzitutto nel tutelare il principio di accesso equo ed indiscriminato alle strutture portuali ed incrementare l’efficienza gestionale agendo sul sistema tariffario, al fine di incrementare il numero di operatori ed i volumi di traffico, attraverso l’introduzione di criteri di contabilità regolatoria e di meccanismi incentivanti, anche in relazione all’utilizzazione di infrastrutture essenziali.
Il primo intervento nel settore da parte della ART è rappresentato dalla delibera 16.3.2017, n. 40, con la quale l’autorità ha avviato il procedimento finalizzato all’adozione di un atto di regolazione contenente il quadro metodologico ed i criteri da applicarsi al sistema nazionale della portualità, al fine di garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle relative strutture. Con la successiva delibera 22.12.2017, n. 156, quindi, l’ART ha ritenuto opportuno fissare una consultazione pubblica sino al 2.2.2018, per consentire agli stakeholders di effettuare osservazioni sullo schema di atto di regolazione. Con la medesima delibera n. 156/2017 è stata altresì convocata una audizione dinanzi il Consiglio dell’Autorità, tenutasi il giorno 8.2.2018, per consentire ai soggetti interessati di esporre osservazioni e proposte. Al procedimento sono stati acquisiti i pareri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) e dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). All’esito delle audizioni, pertanto, l’ART ha emesso il testo definitivo, pubblicato con delibera 30.5.2018,
n. 58 (Metodologie e criteri per garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture portuali. Prime misure di regolazione). La delibera è accompagnata dalla relazione di analisi di impatto della regolazione (relazione AIR, all. B), mentre il testo regolatorio vero e proprio è contenuto nell’all. A. Alla delibera è altresì allegata la relazione istruttoria degli uffici, contenente tutte le osservazioni mosse allo schema di provvedimento nonché le posizioni della ART in relazione ai pareri ricevuti ed alla nota del MIT.
Il testo del provvedimento, contenuto nell’all. A, presenta una struttura invero piuttosto snella, essendo composto da soli 6 articoli preceduti da una breve premessa.
Il primo articolo si preoccupa di individuare l’oggetto dell’intervento e delimitare il campo di applicazione delle norme successive: si escludono espressamente le concessioni per la realizzazione e gestione di opere infrastrutturali, previste dall’art. 18, co. 5, l. n. 84/1994, in relazione alle quali trova applicazione il d.lgs. 18.4.2016, n. 50 (cd. codice dei contratti pubblici)12.
Pertanto, il provvedimento in esame non prende in considerazione né i servizi di interesse generale13 né i servizi tecnico-nautici.
Con particolare riferimento alle concessioni di aree e banchine (art. 2), l’ART evidenzia in primo luogo l’importanza di individuare previamente le aree interessate attraverso gli atti di pianificazione e programmazione previsti dalla l. n. 84/1994, garantendo una riserva di spazi operativi per le imprese non concessionarie nel rispetto dei principi di trasparenza, equità e non discriminazione.
Si stabilisce altresì di individuare preventivamente le deroghe ai piani portuali in vigore, nelle more dell’adozione del Piano regolatore di sistema portuale. Allo stesso modo, l’ART precisa che occorre preventivamente determinare i criteri di assegnazione delle concessioni, anche al fine di limitare la discrezionalità delle AdSP nella valutazione comparative delle diverse domande da parte dei soggetti interessati; appare altresì necessario individuare previamente la durata massima delle concessioni e, per quelle di maggior durata, eventuali aggiornamenti intermedi.
Ancora, la necessità di favorire l’effettiva partecipazione al procedimento di assegnazione impone che per la ricezione delle domande di assegnazione delle concessioni sia indicato un termine minimo (e comunque non inferiore a 30 gg.) dalla data di pubblicazione dell’avviso – così come del resto previsto sia dal d.lgs. n. 50/2016 sia dal reg. 2017/352/UE – e che i criteri di selezione delle domande prevedano le relative ponderazioni.
Conseguenze analoghe, in termini di pubblicità, devono avere anche gli esiti delle procedure di affidamento, che vanno resi pubblici nelle stesse forme degli avvisi introduttivi e in ogni caso tempestivamente comunicati ai partecipanti.
Con particolare riferimento al contenuto degli avvisi delle procedure di selezione, l’ART prescrive che i requisiti di partecipazione siano fissati «in maniera puntuale, oggettiva, trasparente, equa e non discriminatoria» (art. 2.8 lett. a); analogamente chiari e dettagliati devono essere gli aspetti legati al trattamento di fine concessione e le modalità per il conferimento delle concessioni, alla scadenza, al nuovo affidatario (art. 2.8 lett. b). Si precisa che, nella determinazione dei canoni concessori, sia presente una componente fissa, legata all’estensione dell’aria oggetto di concessione e delle relative caratteristiche, ed una componente variabile, determinata attraverso meccanismi incentivanti finalizzati a migliorarne l’efficienza produttiva. Con riferimento alle autorizzazioni per lo svolgimento delle operazioni e dei servizi portuali (art. 3), l’ART evidenza anzitutto l’importanza della preventiva individuazione e conseguente elencazione sia delle diverse attività oggetto di autorizzazione (delle diverse categorie di operazioni e servizi portuali) sia degli elementi necessari a ritenere comunque determinate attività – non rientranti nell’elenco ora menzionato – autorizzabili. Si ribadisce quindi la necessità di procedere alla valutazione dei requisiti economici, professionali e tecnico-organizzativi dei soggetti richiedenti l’autorizzazione – di cui all’art. 16, co. 4, lett. a), l. n. 84/1994 ed al d.m. n. 585/1995 – nel pieno rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, e di predeterminare criteri quantitativi e qualitativi in sede di comparazione e valutazione delle domande di autorizzazione. Eventuali limitazioni del numero dei prestatori di operazioni e servizi portuali devono essere rese pubbliche prima della adozione del provvedimento. L’ART non manca di sottolineare, all’art. 4, la particolare importanza rivestita dalla vigilanza delle tariffe per operazioni e servizi portuali che presuppongono l’utilizzazione di una infrastruttura essenziale, intendendosi per tale quella struttura considerata condivisibile, non sostituibile e non duplicabile a costi socialmente sostenibili14. Al successivo art. 5 vengono quindi indicati una serie di principi e criteri generali (pertinenza, congruità, competenza, imputazione al conto economico, separatezza, comparabilità dei valori e verificabilità dei dati, meglio esplicitati all’art. 5.2) reputati necessari alla determinazione delle tariffe che presuppongono l’utilizzo di tali infrastrutture essenziali: sono forniti, in particolare, strumenti di contabilità regolatoria. Sono altresì fissati principi per valutare l’ammissibilità degli investimenti (art. 5.3) operati nonché procedure per la verifica qualitativa e quantitativa dei meccanismi incentivanti correlati ai canoni concessori (artt. 5.1, 5.4). In chiusura, l’art. 6 prevede l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo alla sua pubblicazione – avvenuta, lo ricordiamo, con delibera 30.5.2018, n. 58.
Nell’attuale complesso quadro normativo in materia portuale, il provvedimento emesso dall’ART focalizza una delle principali falle del sistema di governance portuale, ovvero l’assenza di un regolamento attuativo riguardante la integrale disciplina delle concessioni di aree e banchine all’interno dei porti, particolarmente importanti anche dal punto di vista economico-produttivo. Anche l’ANAC, nell’aggiornamento del 2017 del Piano nazionale anticorruzione (PNA), ha osservato che proprio le specifiche attività poste in essere dalle AdSP – in particolare le fasi di programmazione, di scelta del concessionario e di rinnovo della concessione – rappresentano aree soggette ad alti rischi corruttivi, alla luce delle peculiarità del settore e del relativo mercato15. Il testo in commento, unitamente all’aggiornamento del PNA operato dall’ANAC e ad alcuni provvedimenti dell’AGCM, testimonia il crescente interesse delle autorità indipendenti alle problematiche connesse ai sistemi portuali, ed il tentativo di fissare principi applicabili ex ante ai procedimenti autorizzatori e concessori. Lo stesso, inoltre, sembra opportunamente tenere nel debito conto le osservazioni sul tema sviluppate dalla giurisprudenza e dalla dottrina, oltre che i principi di matrice comunitaria, molti dei quali già ribaditi dal reg. 2017/352/UE. Tuttavia, si esprimono anche alcune perplessità: in primo luogo, si osserva che il provvedimento in oggetto interviene in una disciplina già piuttosto frammentata, con norme poste da fonti diverse ed applicabili a fattispecie non esattamente identiche (alla data del 24.3.2019 entrerà in vigore il regolamento comunitario sulla fornitura dei servizi portuali), a cui si aggiungono gli arresti della dottrina e della giurisprudenza in materia: tale frammentarietà di disciplina potrebbe pertanto complicare, anziché agevolare, le attività di amministrazione attiva di competenza delle AdSP. Le perplessità riguardano in particolare le caratteristiche e la portata del provvedimento in esame: anzitutto si tratta di «prime misure di regolazione», come tali necessariamente non caratterizzate da un elevato grado di specificità. Inoltre, le misure poste in essere hanno ad oggetto solamente una parte delle attività che si svolgono nel porto (autorizzazioni, concessioni, profili tariffari), senza prendere in considerazione i servizi di interesse generale, le problematiche relative alla possibile apertura alla concorrenza dei servizi tecnico-nautici16, le delicate questioni relative all’autoproduzione delle operazioni e dei servizi portuali: tutti aspetti che incidono in maniera significativa sull’efficienza dello scalo nel suo complesso. Anche il riferimento alle infrastrutture essenziali appare eccessivamente generico, trattandosi di un tema particolarmente delicato. Un altro motivo di riflessione riguarda anzitutto l’ambito di competenza dell’ART rispetto a quelli delle AdSP17 e, più in generale, del MIT, incaricato dell’emanazione dei decreti attuativi. Come evidenziato nella nota del MIT riportata nella relazione istruttoria18, in effetti, in diversi punti le scelte operate dall’ART nel provvedimento sembrano sovrapporsi alle competenze delle AdSP e dello stesso MIT, specialmente nei casi in cui – come in quello relativo al rilascio delle autorizzazioni per le operazioni ed i servizi portuali – siano già in vigore appositi decreti ministeriali indicanti i criteri da seguire. Maggiori approfondimenti e riflessioni richiedono anche i rapporti e le possibili interazioni nella materia in esame da parte delle diverse autorità indipendenti, che potrebbero dar luogo, se non armonizzati, a sovrapposizioni di competenze e di provvedimenti contrastanti: del resto, le modalità di selezione dei concessionari di aree e banchine portuali sono oggetto sia del provvedimento dell’ART, sia di provvedimenti della AGCM19. Tali approfondimenti sono opportuni anche in vista dell’entrata in vigore del il reg. 2017/352/UE, in base al quale la gestione dei reclami e dei ricorsi sorti in applicazione del regolamento (artt. 16 e 18) dovrà essere affidata ad organi indipendenti, che potrebbero essere individuati nelle attuali autorità indipendenti20. Si aggiunga poi una ulteriore considerazione: per migliorare l’efficienza degli scali e più in generale del sistema portuale italiano, in base all’attuale approccio che vede il porto quale nodo di una rete transeuropea di trasporti, alle misure come quella in esame, relative allo svolgimento di attività all’interno dei singoli scali, devono essere necessariamente affiancate iniziative finalizzate a migliorare la pianificazione e programmazione dell’intero sistema logistico-portuale e della catena di trasporto, volti a promuovere il raggiungimento di un medesimo livello di efficienza e competitività anche nelle infrastrutture che intervengono nella catena del trasporto una volta che le merci ed i passeggeri hanno lasciato il porto. In conclusione, in ogni caso, sia le regole poste dalla ART che altri eventuali provvedimenti di autorità indipendenti non appaiono in grado – anche volendo aderire a quegli orientamenti giurisprudenziali che ritengono l’art. 18 l. n. 84/1994 una norma cd. self-executing, e pertanto considerando comunque le AdSP tenute a porre in essere procedure sostanzialmente aperte, trasparenti, imparziali ed adeguatamente pubblicizzate21 – di sostituirsi, sul tema, ad un intervento normativo, ed in particolare al più volte richiamato decreto attuativo: resta pertanto più che opportuno un intervento esaustivo in grado di chiarire una volta per tutte, con apposito regolamento, le procedure, le modalità ed i criteri per il rilascio delle concessioni di aree e banchine portuali, operando quella necessaria funzione di raccordo con le norme del codice della navigazione e con il regolamento per la navigazione marittima (d.P.R. 15.2.1952, n. 328), e – soprattutto – di adeguamento alle «normative comunitarie», come prescritto dall’art. 18 l. n. 84/1994.
1 n generale sull’assetto introdotto dalla l. n. 84/1994 si rimanda, anche per gli ulteriori riferimenti bibliografici ivi contenuti, a Lefebvre d’Ovidio, A.Pescatore, G.Tullio, L., Manuale di diritto della navigazione, XIV ed., Milano, 2016, 146 ss.; per le successive modifiche si vedano i riferimenti infra.
2 Il PSNPL è presente sul sito del MIT (www.mit.gov.it). Sul tema, si veda il contributo di Mancini, F., Il piano della portualità e della logistica, in Libro dell’anno del diritto 2016, Roma, 2016, 471 ss.
3 Si veda al riguardo Mancini, F., Le Autorità di sistema portuale, in Libro dell’anno del diritto 2017, Roma, 2017, 473 ss., e Rubechini, P., Critica della ragion portuale: una prima analisi del D.Lgs. n. 169/2016, in Giorn. dir. amm., 1/2017, 19 ss.
4 Le Linee guida per la redazione dei Piani Regolatori di Sistema Portuale sono state emanate nel marzo 2017 e sono reperibili sul sito del MIT.
5 Sul tema si rimanda a La Spina, M.P., Brevi note sulle novità introdotte dal decreto legislativo n. 232 del 13 dicembre 2017 in materia portuale, in Giureta 2018, 237 ss.
6 In tal senso si veda Corte dei Conti europea, Il trasporto marittimo dell’UE è in cattive acque: molti investimenti risultano inefficaci e insostenibili, relazione speciale n. 23/2016, 12 ss., reperibile sul sito www.eca.europa.eu.
7 Per ulteriori dati al riguardo, si rimanda alla relazione AIR allegata alla delibera ART 30.5.2018, n. 58, 8 ss., nonché, anche per una visione di maggior dettaglio sui principali scali nazionali, alla Relazione sull’attività delle autorità portuali – anno 2016, predisposta dal MIT e reperibile sul relativo sito web (www.mit.gov.it).
8 Sul reg. 2017/352/UE del 15.2.2017 si rimanda, anche per ulteriori riferimenti normativi e bibliografici, a Ragazzoni, D., Il regolamento UE sulla fornitura dei servizi portuali, in Libro dell’anno del diritto 2018, Roma, 2018, 435 ss. Per un commento alla proposta di regolamento del 2013 (cd. port paper), sia consentito rinviare a Ragazzoni, D., La proposta UE sull’accesso ai servizi portuali, in Libro dell’anno del diritto 2014, Roma, 2014, 461 ss.
9 Sull’ART in generale, si vedano Cossu, L., L’Autorità di regolazione dei trasporti, in Libro dell’anno del diritto 2013, Roma, 2013, 254; Tonetti, A., L’Autorità di regolazione dei trasporti, in Giorn. dir. amm., 6/2012, 589 ss. e Frignani, A., L’Autorità dei Trasporti fra tutela della concorrenza e regolazione: troppe competenze o troppo pochi poteri?, in Riv. it. antitrust, 2014, 2, 41 ss.
10 Si vedano al riguardo i pareri del Cons. St. 3.5.2016, n. 1076 (interlocutorio) e 27.6.2016, n. 1505, in cui è stata ribadita l’insufficienza, ai fini del rispetto dei principi di trasparenza e selettività, del datato meccanismo dell’avviso ad opponendum di cui al reg.nav.mar.
11 Si veda in proposito la relazione AIR dell’ART alla delibera n. 58/2018, 6 ss.
12 Anche il reg. 2017/352/UE lascia espressamente impregiudicate le dirr. 2014/23/UE e 2014/24/UE, rispettivamente sull’aggiudicazione dei contratti di e sugli appalti pubblici, nonché la dir. 2014/25/UE, alle quali è stata data attuazione in Italia con d.lgs. n. 50/2016. È il caso di segnalare alcune incertezze interpretative nella materia de qua conseguenti alle modifiche del d.lgs. n. 50/2016 introdotte dal d.lgs. 19.4.2017, n. 56 (cd. correttivo), ed in particolare l’interpretazione dell’inciso «contratti attivi». Anche a seguito del parere del Cons. St., 11.5.2018, n. 1241, appare potersi concludere che le concessioni portuali, in quanto concessioni di beni pubblici, non sono specificamente disciplinate dal d.lgs. n. 50/2016.
13 In relazione a tali servizi, l’art. 15, co. 2, d.lgs. n. 232/2017 ha abrogato il d.m. 14.11.1994, relativo alla individuazione dei servizi di interesse generale da fornire a titolo oneroso.
14 È il caso di notare che ogni riferimento ad un «impianto portuale essenziale», presente nella proposta di regolamento del 2013, definito «un impianto l’accesso al quale è indispensabile per effettuare un servizio portuale e che non può essere riprodotto in condizioni normali di mercato» (art. 2.4 proposta), è scomparso nella versione definitiva del reg. 2017/352/UE.
15 L’aggiornamento del 2017 è stato approvato con delibera 22.11.2017, n. 1208, e può essere reperito sul sito dell’ANAC (www.anticorruzione.it). Sul tema si veda a Montebello, C., Brevi note in materia di anticorruzione e concessioni demaniali marittime, in Giureta 2018, 7 ss.
16 Sulla concorrenza nei servizi tecnico-nautici, si veda Ragazzoni, D., La posizione della AGCM sui servizi tecnico-nautici, in Libro dell’anno del diritto 2014, Roma, 2014, 465 ss.
17 Sul punto si veda Cons. di St., par. 24.10.2017, n. 2199.
18 Il riferimento è alla nota del MIT del 19.1.2018, i cui contenuti sono riportati nella Relazione istruttoria, 6 ss.
19 Si fa riferimento al provv.to AGCM 24.11.2017, n. AS1457, nonché agli altri in esso richiamanti, reperibili sul sito della AGCM (www.agcm.it).
20 Nella versione finale del regolamento è stato eliminato il riferimento ad un apposito «organismo indipendente di vigilanza» deputato al controllo ed alla supervisione del regolamento stesso (artt. 16 e 18 reg.), presente nella proposta.
21 Il riferimento, come precisato anche nella relazione istruttoria dell’ART (p. 27), è a Cons. St., par. n. 1076/2016. Per ulteriori arresti giurisprudenziali a riguardo, si rinvia a quelli indicati in Montebello, C., Brevi note in materia di anticorruzione e concessioni demaniali marittime, cit., 12, sub nt. 8.