ACCETTA
(fr. hache, hachette; sp. azuela; ted. Handbeil; inglese hatchet).- Questo vocabolo (derivato dal lat. ascia, o, attraverso il fr. hachette, dal germ. hapja) è dagli studiosi usato in modo promiscuo con quello di "ascia" per indicare, in genere, l'utensile da fendere, che l'uomo usò come arma e come strumento in tutte le fasi della sua evoluzione. L'accetta nella vita pratica è una specie di scure, l'arma del boscaiolo e del legnaiolo per eccellenza. Il vocabolo accetta è adoperato anche a designare oggetti non di uso pratico, ma votivi o rituali, o per le loro limitate dimensioni o per l'esilità, o per la delicatezza ed eleganza della loro decorazione (per le forme di questo strumento v. ascia).
Oggetti rituali o votivi, amuleti a salvaguardia del defunto, ad esso consacrati o alla divinità custode del sepolcro, si devono considerare nell'epoca neolitica le bellissime accette di giadeite e di fibrolite (rocce rare e di difficile lavorazione), spesso di modestissime dimensioni che si trovano, ad es., nel tumulo di Mané-er-H'roek, a Locmariaquer, nel Morbihan, le accettine, pure in giadeite, di Tumiac, le belle accette levigatissime delle cripte armoricane, della fine del neolitico, come quelle immanicate con corno di cervo delle tombe a corridoio, del tipo detto ad allée couverte, della Justice, a Presle (Seine-et-Oise) e delle grotte del Castellet, di Fontvienne e del tumulo di Taillan. Certo servirono come amuleti le accettine perforate in giadeite dei sepolcreti di Butmir, e quelle di varie regioni italiane, delle tombe neolitiche di Remedello, nel Bresciano, e quelle piccolissime ed elegantissime in giadeite e callaite degli ipogei di Anghelu Ruju, presso Alghero in Sardegna. E, per contrapposto, anche le grandi accette a due taglienti con foro mediano, capolavori della tecnica litica delle tombe della Danimarca, sono del pari da considerarsi amuleti o armi votive.
E questa concezione dell'accetta rituale si tramanda anche all'età dei metalli, ed appare in una vastissima area e quindi propria a molti popoli; ricordiamo le molte accette esilissime di bronzo del deposito di Plurien, a Maure di Bretagna, quelle in numero di 4000 a Kergrist (Cote-du-Nord), le bellissime accette piatte a taglio espanso con incisioni a bulino di Saint-Aigny (Parigi) e di altre località della Danimarca, dell'Irlanda, dell'Inghilterra. L'accetta votiva ha la sua affermazione solenne in Italia; notissima è l'accetta di Rimini, decorata a cerchielli concentrici nel Museo di Peabody (Cambridge, Mass.), quelle di Bibona presso Arezzo nel Museo Chigi di Siena, di piombo, con decorazioni a rettangoli incisi. Accette simboliche esilissime, sorreggenti una figura di uccello, a tutto rilievo, furono date dalle tombe di Bologna e di altre località dell'Italia; a questi esemplari si devonomettere accanto quelli di Hallstatt, dell'accettina a cannone sormontata da figurina di quadrupede. Tutte queste sono prove che durante le età preistoriche si ebbe un culto dell'accetta accanto a quello della bipenne (v. bipenne), specialmente collegato con il culto dei morti. Sono accette rituali quelle che troviamo ripetutamente incise nei dolmen della Francia, in varie pietre erette dei monumenti onorarî dolmenici di Gavrinnis e sulle pareti di otto tombe ipogeiche neolitiche della valle di Petit Morin. Il significato completo di questo culto dell'accetta ci sfugge; ma forse non è ardita ipotesi quella di coloro che trovano un legame fra questi oggetti e queste rappresentazioni e il concetto informatore della formula sempre oscura dei monumenti di età romana della Gallia (sub ascia dedicatum).
Bibl.: J. Déchelette, Man. d'archéol. préhist., Parigi 1906-1912; J. Du Baye, La sculpture en France à l'âge de la pierre, Mosca 1892; O. Montelius, Civilisation primitive d'Italie, Lipsia 1903-1912; S. Reinach in Anthropologie, 1896, p. 171; G. Mortillet, Musée préhist., 3ª ed., Parigi 1900.