ACCETTILAZIONE
. Il termine acceptilatio, che deriva etimologicamente da acceptum ferre, designava nel linguaggio giuridico romano un modo formale di estinzione dell'obbligazione costituita verbis. Il debitore domandava al creditore se avesse ricevuto il pagamento della cosa dovutagli (acceptum habesne?), e il creditore rispondeva affermativamente (acceptum habeo). L'acceptilatio apparteneva agli actus legitimi, e quindi non tollerava l'apposizione di termini o di condizioni. Il rigore delle forme si andò attenuando durante l'evoluzione del diritto romano; mentre, secondo l'antico diritto, non era ammessa altra formula che quella che portasse il verbo habere e fosse pronunciata in latino, ai tempi di Ulpiano si ammise la possibilità di fare l'accettilazione in greco. L'accettilazione serviva originariamente ad estinguere l'obbligazione costituita verbis, vi fosse o non vi fosse stato pagamento. In seguito il pagamento divenne liberatorio, e l'accettilazione fu adottata in pratica principalmente per permettere la remissione a titolo gratuito del debito. Essa serviva però ad altri scopi, ad es. per eseguire un legato di liberazione o per estinguere un'obbligazione nascente da una promessa fatta senza causa, o in frode dei creditori. L'accettilazione non si applicava che alle obbligazioni costituite verbis; però si poteva, mediante novazione, trasformare in obbligazione costituita verbis qualsiasi diversa obbligazione, ed estinguerla in seguito mediante acceptilatio.
Bibl.: Erman, Zur Geschichte der römischen Quittungen und Solutionsakte, Berlino 1883; P. F. Girard, Manuel de droit romain, 2ª ed., Parigi 1924, p. 751 segg.; P. Bonfante, Istituz. di dir. romano, 8ª ed., Milano 1925, p. 135 segg.