ACCLIMAZIONE (dal gr. κλίμα "clima"; fr. acclimatation; sp. aclimatación; ted. Akklimatisation; ingl. acclimatation)
L'adattarsi da parte di un essere vivente, animale o vegetale, a vivere in un clima nuovo. Questo adattamento avviene sovente mediante modificazioni morfologiche o fisiologiche più o meno importanti dell'individuo o della specie, modificazioni che in generale sono più profonde nei vegetali che negli animali, e, fra questi, minime nell'uomo.
L'acclimazione dell'uomo. - L'uomo, grazie al grande sviluppo delle sue funzioni cerebrali, per cui può tarre profitto da tutte le condizioni favorevoli alla sua esistenza ed evitare le influenze nocive, è riuscito ad acclimatarsi in quasi tutte le regioni della terra: infatti soltanto nelle estreme regioni dei poli e sulle estreme cime dei monti superiori ai 5000 metri l'uomo non può vivere.
L'uomo europeo si adatta facilmente a vivere nelle regioni fredde, perfino nelle regioni polari, come ci dimostrano i numerosi esempî degl'Italiani nel nord Canadà o in Alaska. L'uomo di pianura si acclimata presto sulle montagne. L'adattamento si effettua bene quando l'uomo dei paesi temperati si reca nei paesi caldi (p. es. i meridionali d'Italia, nella Tunisia, nella Tripolitania, ecc.), mentre si può dire il contrario, quando si tratta di regioni tropicali propriamente dette, ove la mortalità, specialmente dei bambini europei, arriva ad un'alta percentuale (soprattutto per le dissenterie tropicali). L'età migliore per l'acclimazione è da 30 a 35 anni, mentre nei primi anni della vita riesce molto difficile. L'acclimazione si compie più presto, se il cambiamento di clima avviene nella buona stagione di quel certo paese. Abusi di alcoolici e malattie preesistenti rappresentano sempre un ostacolo all'acclimazione (v. igiene tropicale).
La capacità degli altri animali e delle piante di vivere in contrade diverse da quelle in cui sono indigene è invece molto più limitata, e i casi di acclimazione spontanea, senza l'intervento più o meno diretto e permanente dell'uomo (naturalizzazione propriamente detta, secondo alcuni) sono piuttosto rari.
Nei paesi caldi. - È la forma più frequente di acclimazione. Gli antichi medici coloniali scrivevano sotto l'impressione di morbosità e mortalità spaventevoli e, circa l'adattamento degli Europei ai paesi tropicali, le loro asserzioni erano tetramente pessimistiche. Allora non si conoscevano, o si conoscevano assai malamente, le cause della massima parte delle malattie, e tutto veniva messo a carico dei fattori climatici. Solo verso il 1860, alcuni medici tropicalisti, specialmente francesi, cominciarono a temperare i loro giudizî e a rivolgere l'attenzione, più che al cielo e all'aria, al suolo malsano e alla sporcizia delle genti, fattori patogeni modificabili dall'uomo. Più tardi (1897), gl'italiani Rho e Sambon furono i primi a sostenere con dati statistici demografici e sanitarî, e in base alla ormai nota eziologia dei morbi infettivi, la possibilità per individui di razza bianca di vivere e lavorare in buona salute sotto i tropici, a condizione che le norme di una retta igiene pubblica e privata siano rispettate e non manchi un efficiente assetto sanitario dei centri abitati.
La sempre crescente espansione coloniale, lo straordinario successo ottenuto dai Nordamericani nel risanamento della zona del canale di Panama (in altri tempi una delle più mortifere regioni del mondo), l'accrescimento della popolazione bianca e la relativa prosperità degli stati dell'America latina, anche all'infuori dell'immigrazione, dimostrano che in generale morbosità e mortalità alte, quando esistono come nel passato, sono conseguenze dell'anarchia igienica anziché delle influenze climatiche.
Dalle più accurate osservazioni termometriche risulta inesatto ogni presunto cambiamento della temperatura umana nel passaggio da climi temperati e freddi a climi caldi e viceversa, e lo stesso dicasi nel più prolungato soggiorno tropicale, purché si tratti d'individui normali. Anche la crasi sanguigna rimane inalterata, se non intervengono cause patologiche anemizzanti. Tutto sommato, in buone condizioni igieniche, l'europeo non corre maggiori pericoli che nella madre patria; piuttosto si può dire che corra con maggior frequenza pericoli d'altra natura, i quali derivano in parte da speciali malattie infettive, in minor parte da cambiamenti indotti nell'economia dal clima tropicale, donde deriva una maggiore suscettibilità morbosa di alcuni organi. È notorio, p. es., che ivi, come in estate da noi, predominano le malattie dell'apparato digerente in confronto di quelle dell'apparato 'respiratorio, che prevalgono invece nei climi e nelle stagioni fredde. Diminuisce, ed è un bene, l'appetito per l'alimentazione carnea, ma, specialmente nelle regioni aride, ov'è difficile avere vegetali freschi, si va spesso incontro a torpore intestinale e stitichezza. Dove predomina col caldo l'umidità atmosferica, la pelle va soggetta ad una iperfunzionalità con copioso sudore, che predispone a malattie cutanee. È pure innegabile in non pochi casi un'azione depressiva sul sistema nervoso, con danno dell'energia fisica e morale; ma sarebbe eccessivo parlare di neurastenia tropicale, perché trattasi quasi sempre d'individui con tare neuropatiche e quuindi predisposti, sovente anche dediti a stravizî bacchici o venerei, e privi dell'azione moderatrice dell'ambiente familiare; casi nei quali il clima rappresenta tutt'al più un fattore aggravante. Costoro possono presentare accessi d'ipocondria, d'apatia profonda o anche d'irascibilità speciale per indebolimento dei poteri inibitorî, fino a determinare scoppî di ciò che gl'Inglesi chiamano tropical fury (Tropenkohler degli autori tedeschi), o più semplicemente conflitti di attribuzioni, contese, puntigli inutili fra il personale dirigente; inconvenienti comuni pur troppo in tutte le umane società, ma che in certe circostanze hanno talora richiamato l'attenzione per la loro speciale forma di scandali coloniali.
Come d'estate presso di noi, così nei paesi caldi in genere, sono più sentiti gli stimoli delle funzioni sessuali, e la loro attività appare cresciuta; ma gli eccessi venerei sembrano anche più dannosi che nei nostri climi. Rattray (1871) e altri dopo di lui osservarono inoltre che fanciulli e adolescenti mostrano in quei paesi un più rapido accrescimento in altezza; e Sacerdoti (1896) verificò sperimentalmente sui giovani conigli (tenendo le loro zampe posteriori in manicotti con diverse temperature) che tutti i tessuti in via di accrescimento, sotto l'influenza del calore, presentano maggiore energia di sviluppo. Tali fatti ci dànno anche ragione della maggior precocità nella comparsa della mestruazione nelle fanciulle. In India le bambine inglesi arrivano alla pubertà in media un anno prima delle ragazze cresciute nella madre patria; questa precocità è ancor più accentuata nelle figlie di matrimonî misti anglo-indiani, e le fanciulle di puro sangue indiano mestruano 2-3 anni prima. Questo più rapido sviluppo nella gioventù d'origine inglese, secondo osservatori anglo-indiani, va però spesso a detrimento della robustezza; i giovinetti appaiono smilzi, delicati e fisicamente meno resistenti e prestanti dei loro genitori.
Per tale complesso di ragioni, secondo l'opinione di non pochi autori, una colonizzazione permanente da parte della razza bianca nei paesi tropicali sarebbe impossibile, e anche il Castellani è dello stesso parere, almeno per le regioni più basse con clima permanentemente caldo e umido. Altri invece sono più ottimisti, e ritengono che sia anche questione di razza, di temperamento e di costituzione individuale ed etnica. Già sir Joseph Fayrer (1882) aveva rilevato che persone vigorose e abitualmunte temperanti, di costituzione moderatamente asciutta, di temperamento, come si diceva, bilioso-nervoso, sono in special modo resistenti e adattabili ai climi caldi. Orbene, tipi riferibili a questo presunto temperamento, asciutti di forte ossatura, dai lineamenti energici, dai capelli bruni, dalla pelle olivastra fortemente pigmentata, sono frequenti nelle popolazioni meridionali d'Europa, naturalmente sobrie, e in cui il linfatismo è assente o poco accentuato. Portoghesi, Spagnoli, Provenzali, Italiani, Greci, Levantini, Maltesi presentano per la maggior parte i requisiti fisiologici, le attitudini fisiche e intellettuali, che li rendono preparati alle condizioni dell'ambiente intertropicale. Ciò può dipendere dall'essere nati e cresciuti sotto condizioni climatiche meno lontane da quelle dei tropici, condizioni che per secoli hanno inoltre esercitato la loro azione su queste genti, imprimendo loro caratteri trasmessi ai discendenti attuali. Anzi, questi caratteri son forse inerenti ancora ad un'origine etnica remota da abitanti di più calde regioni, se, come brillantemente sostiene il Sergi, la stirpe mediterranea, già esistente e diffusa prima dell'invasione aria, dové provenire da un nucleo etnico originario dell'altipiano etiopico, disceso lungo il Nilo, e propagatosi poi su tutte le coste, le isole e le penisole del Mare Mediterraneo. Comunque sia, i coloni d'origine portoghese nel Brasile, quelli d'origine spagnola negli altri stati dell'America meridionale e centrale, e qualche milione d'italiani ivi pure riversatisi, stanno a dimostrarci che l'acclimazione della nostra razza in paesi tropicali non solo è possibile, ma è un fatto compiuto.
Acclimazione degli animali. - L'acclimazione, intesa come procedimento diretto e sorvegliato dall'uomo, ha per scopo di abituare specie animali e vegetali a vivere e riprodursi in luoghi differenti da quelli nei quali quelle medesime specie vivono e si riproducono naturalmente. Poiché, almeno in apparenza, i nuovi fattori d'ambiente ai quali la specie deve abituarsi, sono di natura climatica, l'acclimazione consiste in un adattamento a clima diverso da quello normale. In realtà, le specie si distinguono in due grandi categorie: quelle insensibili o poco sensibili alle differenze di clima, e quelle che tali differenze non possono tollerare. Le prime tendono a diventare cosmopolite; le altre rimangono localizzate. Attraverso l'istmo di Panama, numerose specie neotropiche si sono diffuse nell'America settentrionale, come l'opossum, un armadillo, alcuni uccelli mosca. Questi animali dimostrano la possibilità di estendersi sopra tutto un territorio continuo, senza che monti o deserti, caldo o freddo, umidità o siccità costituiscano ostacolo alla loro diffusione. La maggior parte degli animali domestici, come equini, bovini, pecore, capre, maiali, polli, sono divenuti cosmopoliti, perché l'uomo li ha portati in tutto il mondo, ed essi hanno mostrato, in generale, resistenza ai diversi climi. Però, ad un cosmopolitismo generale della specie, è subordinata in determinate razze una variabilità nella resistenza a cambiamenti di ambiente. Il pollo domestico può dirsi genericamente cosmopolita, ma esistono razze che non sopportano i rigidi inverni nordici, e altre che non resistono a climi troppo secchi e caldi d'estate. Specie localizzate, che non possono, coi loro mezzi, migrare in regioni distanti, trovano tuttavia, anche in un altro emisfero, condizioni favorevoli, perché poco diverse da quelle proprie del luogo d'origine. Il dromedario, della steppa e del deserto dell'Africa settentrionale, è perfettamente acclimato nella steppa e nel deserto australiano. La starna e il fagiano, che vivono bene in tutta l'Europa, sono stati acclimati nell'America settentrionale e, in certe regioni, sono diventati più frequenti della selvaggina locale. Analogamente la renna domestica, animale che ha la massima importanza nella economia dei popoli dell'estremo Nord, può vivere, come nell'epoca neolitica, sulle Alpi e non nelle pianure dell'Europa centrale. Il nandù (Rhea americana) o struzzo d'America, importato in Francia, vi si riproduce normalmente, perché ha modificato il proprio ritmo riproduttivo; viceversa, un'oca australiana (Cereopsis Novae-Hollandiae), e l'emù, pure d'Australia, non possono essere acclimati, perché non hanno potuto fare altrettanto. In Europa seguitano a deporre le uova in novembre e dicembre, mesi corrispondenti alla primavera australiana, ma quelle gelano col freddo, o i piccoli non possono superare l'inverno. Le difficoltà dell'acclimazione sono spesso confuse con le difficoltà del trasporto a grande distanza: i disagi del viaggio fanno perire grande quantità di animali: ove il trasporto sia superato e gli animali siano posti nel nuovo ambiente in buone condizioni fisiche, l'acclimazione ha luogo, purché essi siano poco sensibili a modificazioni di ambiente, o questo corrisponda, almeno nei suoi caratteri generali, a quello originario.
Acclimazione delle piante. - Per ciò che si riferisce alle piante, s'intende per acclimazione la coltura delle specie vegetali in paesi diversi da quelli originali, distinguendo quindi questo processo artificiale dal processo spontaneo della naturalizzazione, il quale, secondo la concezione fissata dal De Candolle, corrisponde al caso di una specie che, pur non essendo originaria di un determinato paese, vi si mantiene, assumendo tutti i caratteri biologici di una pianta indigena: cresce, si moltiplica, occupa spontaneamente le stazioni più adatte, con una determinata frequenza e regolarità, e vi resiste anche a crisi climatiche eccezionali, sempre indipendentemente dall'intervento dell'uomo.
Condizione essenziale dell'acclimazione è che il clima al quale è soggetta la pianta nelle sue stazioni ordinarie differisca il meno possibile da quello della stazione nella quale si desidera introdurla. Il ritenere che un individuo vegetale possa modificarsi abbastanza profondamente da acconciarsi a vivere in condizioni ambientali molto differenti da quelle che gli sono specificamente proprie prepara all'acclimatore sicure delusioni, perché l'attitudine della pianta ad accomodarsi alle variazioni ambientali non è mai molto ampia. Come osserva anche Baillon, la presenza stessa di una specie vegetale in condizioni di sviluppo normale in una stazione secondaria è un indice sicuro della corrispondenza delle condizioni ecologiche di quest'ultima a quella del luogo d'origine della pianta.
Nel giudicare delle probabilità di acclimazione di una specie, si accorda quasi costantemente un'importanza esclusiva alle condizioni termiche. Ma se, incontestabilmente, per lo sviluppo dell'individuo vegetale, è indispensabile una certa quantità di calore, distribuita lungo il periodo vegetativo secondo una legge che fa parte dei caratteri della specie, è altrettanto certo che l'acqua, sia allo stato di liquido circolante nel terreno, sia a quello di vapore o di precipitazione atmosferica, rappresenta nella vita della pianta, e quindi anche nelle condizioni di acclimazione, una parte importante. Del resto a questi due fattori essenziali e all'influenza delle condizioni fisico-chimiche del substrato si aggiungono altri fattori probahilmente assai numerosi e certo in parte tuttora ignoti. Circostanze insospettate, capaci di favorire o di contrastare lo stabilirsi di una specie in un nuovo paese, vengono messe in evidenza continuamente dalla critica ecologica delle acclimazioni riuscite o fallite: così una grande importanza in proposito hanno certamente la microflora e la microfauna del terreno, e in genere i rapporti biologici, talora molto complessi, che le specie di qualunque flora spontanea assumono fra di loro e con gli animali commensali, e in mancanza dei quali spesso i tentativi di coltura in un nuovo ambiente riescono vani. Sono note, p. es., le belle ricerche di Noel Bernard e di Burgeff sulla importanza dei funghi simbionti delle radici per lo sviluppo delle specie di orchidee.
Di fronte alle difficoltà create all'acclimazione dalla scarsa accomodabilità che globalmente presentano le specie, rimane allo allevatore la risorsa della variabilità individuale, cioè la possibilità di selezionare, fra gl'individui della specie che interessa, quelli che presentano una maggiore accomodabilità alla stazione dove questa dev'essere introdotta. Anche in questo caso, però, e ammettendo che, in una serie di generazioni successive, si riesca, mediante la metodica eliminazione dei ceppi meno resistenti, ad ottenere un prodotto che possieda in grado notevole le qualità richieste dall'ambiente nel quale lo si vuole introdurre, bisogna ricordare che la semplice selezione non crea nessun carattere nuovo, e che quindi la tecnica dell'acclimatore si riduce all'estrarre, da un complesso d'individui possedenti proprietà in un certo grado differenti fra di loro, quelli soltanto che possono servire allo scopo che egli si propone. La brevità dell'estate in una determinata stazione, p. es., è un fattore naturale che lo condurrà ad eliminare preventivamente tutti gl'individui di una specie che non siano capaci di portare i loro semi a maturazione in un periodo abbreviato. Il fatto essenziale sta nell'accertare che questi esistano veramente e a sceverarli dal complesso degl'individui della medesima specie che non possiedano questa qualità; così Schubeler per es., è riuscito a coltivare il mais e altri cereali in distretti della Norvegia, ove prima non esistevano. Nel distretto di Oslo, in pochissimi anni, la durata del periodo di coltura del granoturco è stata ridotta da circa 123 a 90 giorni, mediante la selezione di piante meno elevate del tipo medio e portanti pannocchie con cariossidi meno numerose, ma ancora sufficienti a giustificare economicamente la coltura.
Riportate le piante in Germania, donde provengono, questa variazione non si mantiene, e l'uso agricolo dello scambio dei semi è appunto fondato sulla nozione sperimentale che i caratteri colturali acquisiti nelle condizioni di ambiente e di allevamento proprî di qualche determinata regione, non si conservano al di là di poche generazioni. Praticamente, dunque, questo inconveniente è oggi facilmente ovviabile dalla facilità delle comunicazioni, che permettono di rinnovare continuamente il materiale che tende a perdere i caratteri colturali acquisiti. Non occorre evidentemente che una forma raggiunga la fissità specifica e neppure che il suo ciclo vitale si svolga sino alla maturità sessuale, quando i prodotti che noi le chiediamo, sono ottenuti in una fase precoce, e quando la rapidità di trasporti ci consente di sostituire gl'individui utilizzati per le nostre esigenze con nuovo materiale continuamente prodotto là dove esistono le condizioni o i mezzi tecnici necessarî.
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