Province, accorpamento delle
Province, accorpaménto delle. – Dal 1948 la Costituzione italiana dispone tre livelli amministrativi: il Comune, la Provincia e la Regione. Secondo alcuni, Province e Regioni costituivano un’inutile duplicazione, pertanto tra il 1948 e il 1970 ci furono molte ipotesi mirate a impedire l’attuazione delle Regioni oppure ad abolire le Province. Nel 1861 le Provincie erano solo 59; nel 1870 erano 69; nel 1927 erano 93; nel 1992 erano 103. Dopo la riforma in senso federalista dello Stato, confermata dal referendum del 2001, sono aumentati notevolmente i poteri attribuiti alle Regioni, mentre quelli delle Province sono limitati a materie considerate minori: tutela, valorizzazione e difesa del suolo, delle risorse idriche ed energetiche, dei beni culturali, di viabilità e trasporti, di flora e fauna, di caccia e pesca, dello smaltimento dei rifiuti, dell’istruzione secondaria. Questo ha suscitato da più parti sollecitazioni ad abolire tutte le Province, riconducendone le mansioni ai Comuni o alle Regioni e numerosi movimenti politici hanno inserito nei loro programmi elettorali questa proposta, nonostante ciò sono state create otto Province. nel 1992, altre quattro nel 2001 e altre tre nel 2009. L’abolizione delle Province è stata al centro del dibattito politico nell’estate del 2011: il 4 luglio una proposta di legge presentata da IdV (Italia dei valori) per l’abolizione di tutte le Province è stata bocciata alla Camera dalla maggioranza di centro-destra, con l’astensione del PD (Partito democratico). Nelle settimane successive sono state avanzate diverse proposte per i criteri di selezione: per es. una popolazione di almeno 200.000 abitanti, o un’estensione di almeno 2500 km2, o la presenza di almeno 50 Comuni, o l’esistenza di un confine con uno Stato estero. Il 13 agosto il d. l. n. 138 ha fissato come criteri minimi 300.000 abitanti oppure un’estensione di 3000 km2, ma non è stato chiaro se tali criteri si riferissero anche alle Regioni a statuto speciale. In totale avrebbero dovuto essere abolite 29 Province, ma l’applicazione di tale norma è stata vincolata a un censimento che l’ISTAT avrebbe concluso solo nell’autunno successivo. L’8 settembre il governo ha approvato un disegno di legge costituzionale per la soppressione di enti intermedi, che avrebbe portato alla creazione di Città metropolitane oppure di enti di area vasta comprendenti più Comuni. L’abolizione delle Province avrebbe dovuto avvenire entro il 30 novembre. Nelle more dell’attuazione, il 29 settembre è stata resa pubblica una lettera dalla Banca centrale europea firmata da J.-C. Trichet e M. Draghi che raccomandava «un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province)». Il 17 novembre 2011 si è insediato il governo Monti, che già il 5 dicembre è intervenuto sulla materia con due disposizioni contenute nel cosiddetto decreto Salva-Italia. La prima disposizione proroga le decisioni su abolizioni e accorpamenti di un anno, abolisce le giunte provinciali e modifica la natura elettiva dei Consigli provinciali, i cui componenti (al massimo 10, mentre prima erano fino a 45) saranno eletti dai Consigli comunali e regionali e non più direttamente dai cittadini. Inoltre tutte le cariche delle giunte provinciali decadranno il 30 novembre 2012: si prevede di trasferire, oltre alle mansioni, anche i dipendenti delle Province negli enti regionali e comunali. Le nuove Province avranno solo funzioni di «indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale». La seconda disposizione, con il comma 20 dell’articolo 23, precisa che «con legge dello Stato è stabilito il termine decorso il quale gli organi rimasti in carica delle Province decadono». Infatti, come conseguenza, nella tornata elettorale del maggio 2012 i Consigli provinciali in scadenza (Ancona, Como, Genova, La Spezia, Ragusa e Vicenza) non sono stati rinnovati e si è proceduto alla nomina di un commissario. Questo fatto, benché transitorio, rappresenta un passo decisivo e inedito nell’abolizione delle Province. Gli accorpamenti di Province non devono essere confusi con le istanze dei fautori di nuove , differenti per capacità fiscale e poteri giuridici. Il 6 maggio 2012 un referendum celebrato in Sardegna ha visto la vittoria di coloro che auspicavano l’abolizione di tutte le Province sarde (vecchie e nuove), anche se il Consiglio regionale ne ha prorogato l’esistenza almeno fino al 28 febbraio 2013. Il 20 luglio il governo ha decretato di accorpare le Province con meno di 250.000 abitanti e di 2500 km2, criteri che individuano 64 Province suscettibili di fusione, senza contare le 10 Città metropolitane e il caso di Province che non devono essere accorpate in virtù di una norma ad hoc. Nei mesi successivi all’emanazione del decreto si sono susseguite numerose proteste, soprattutto a mezzo stampa. Il 13 settembre un incontro tra l’Unione delle Province e il ministro per la Pubblica amministrazione si è concluso con la previsione di una serie di fasi da percorrere. Il 3 ottobre avrebbero dovuto essere resi pubblici i piani di riordino delle Province elaborati a livello locale (dai CAL, Consigli per le autonomie locali, oppure dai Consigli regionali) tenendo conto dei criteri stabiliti dal governo, ma non tutti hanno portato a termine tale lavoro. Il confronto all’interno dell’Unione Europea rileva la presenza di un ente intermedio tra il Comune e la Regione in tutti gli stati confrontabili con l’Italia per dimensioni. Il 31 ottobre 2012 il governo, con il decreto 52 bis, ha stabilito per le Regioni a statuto ordinario i confini geografici delle Province, accorpandole fino a ridurne il numero a 51; con il medesimo atto, ne ha rinviato l’attuazione al gennaio del 2014, concedendo un ulteriore semestre alle Regioni a statuto speciale.