accorrere
. Soltanto in If XIII 118, dove lo scialacquatore Lano, temendo di essere raggiunto dalle cagne (v. 125), grida: " Or accorri, accorri, morte! ". I commentatori sono concordi nel ritenere che il valore del verbo, qui con uso assoluto, sia " correre in aiuto ", " soccorrere ", accezione del resto prevalente nella lingua del Duecento (Cielo d'Alcamo, Inghilfredi, Guittone; nel componimento anonimo Oi llassa namorata si trova [v. 22] la medesima invocazione alla morte : " mai non credo aver bene / se non m'accorre morte "). Soltanto il Siebzehner-Vivanti spiega: " vieni più presto a prenderci ". Ma l'invocazione alla morte (si tratta della seconda morte menzionata da Virgilio in If I 117, cioè della dannazione ultima, la morte dell'anima?), perché gli sia di soccorso in questo frangente, rientra perfettamente nella psicologia dello scialacquatore; e l'equivalenza di a. (transitivo o assoluto) a " correre in aiuto ", " soccorrere ", è ulteriormente accertata grazie all'esclamazione ‛ accorr'uomo ' (‛ accorruomo ', ‛ a corr'uomo '), documentata in testi contemporanei o di poco posteriori a D.: " La balia incomincia a gridare: accorr'uomo, soccorrete, buone gente, soccorrete, vicini " (Livio volgar.).
Il Castelvetro, fondandosi sulla scarsa diffusione del verbo nella lingua volgare e sul fatto che D. stranamente non l'abbia usato in nessun altro passo, vorrebbe leggere ‛ Ora corri, corri, morte ! ', lezione che nessun codice attesta. Non è accettabile poi (cfr. Petrocchi, ad l.) la soluzione affacciata dal Verrua: ‛ accorre, accorre Morte ! '
Bibl. - P. Verrua, L'invocazione alla morte nell'episodio di Giacomo da Sant'Andrea, in " Miscellanea dant. pubblicata a c. del Comitato cattolico padovano ", Padova 1922; I. Sanesi, in " Giorn. stor. " LXXXI (1923) 93-162.