ACCRESCIMENTO (fr. croissance; sp. crecimiento; ted. Wachstum; ingl. growth)
Si chiama così la proprietà che hanno i corpi di aumentare la propria massa, assumendo nuova sostanza dall'ambiente che li circonda. Questa proprietà ha un carattere assai generale in quanto si riferisce sia alla vita inorganica, sia a quella organica, per quanto si compia con modalità assai differenti. Mentre gli esseri vivi, animali o piante, crescono mutando volume, forma e dimensioni secondo tempi e periodi definiti dalle fasi del loro sviluppo, quelli inorganici sono suscettibili di accrescimento indefinito e illimitato a seconda dei diversi fattori geologici dei quali subiscono l'influenza. Di più, ed è questa la differenza più importante, i primi non assumono nuova sostanza nella intimità delle loro strutture organiche, se non dopo una cernita e una elaborazione dovuta all'attività specifica del protoplasma vivente; cioè l'accrescimento avviene per intrasusceptionem; nei secondi invece agiscono fattori puramente fisici e chimici, e l'aumento di massa si compie per sovrapposizione o extrasusceptionem.
Sono perciò molto diversi e distinti gli aspetti sotto i quali si può studiare il fenomeno dell'accrescimento: noi ne considereremo i più importanti, nel mondo inorganico e in quello organico.
Accrescimento nel mondo inorganico.
Le sostanze inorganiche e amorfe non hanno modalità speciali di accrescimento, per l'assenza stessa di una loro particolare struttura: si accrescono quindi irregolarmente.
Le sostanze cristalline invece obbediscono nel loro accrescimento a speciali leggi. Tutti sanno che l'accrescimento di un cristallo, già formato, accade per sovrapposizione di nuova sostanza parallelamente alle facce. Anche se la nuova sostanza non è identica a quella del cristallo primitivo, può in certi casi verificarsi ugualmente questo accrescimento parallelo: p. es., se la nuova sostanza è isomorfa con la primitiva. Si costituiscono così accrescimenti paralleli di sostanze isomorfe (ottaedri di allume potassico con nucleo centrale costituito da un ottaedro di allume di cromo (v. cristallografia).
L'accrescimento parallelo dei cristalli è il fondamento della legge di Stenone o della costanza dell'angolo diedro (v. cristallografia).
Studiando più intimamente il fenomeno, si osserva che, se la forma poliedrica del cristallo è raggiunta per accrescimento, ne consegue che la sostanza cristallina non si deposita in modo uguale in tutte le direzioni: se ciò fosse, i cristalli tutti avrebbero una forma unica, e precisamente la forma sferica. In modo più esatto si può dire che la velocità di accrescimento della sostanza cristallina non solo varia con la direzione, ma varia in modo discontinuo; il che si esprime in linguaggio matematico così: le velocità di accrescimento dei cristalli sono funzioni discontinue dell'angolo fra le direzioni.
In effetto l'esperienza dimostra che le normali a quelle facce che in definitiva costituiscono un cristallo, sono direzioni di minima velocità di accrescimento. Da ciò la legge di Stenone può assumere questa espressione generale: sostanze di composizione chimica uguale e di uguale peso specifico, in uguali condizioni, possiedono uguali direzioni di minima velocità di accrescimento. Fisicamente l'accrescimento dei cristalli è regolato dalla legge di Curie, secondo la quale gli accrescimenti perpendicolari alle facce di un cristallo sono proporzionali alle loro costanti capillari; intendendosi per costante capillare l'energia necessaria per aumentare dell'unità una superficie data.
Accrescimento nel mondo organico.
Vanno distinte due specie di accrescimento: quello dell'età embrionale e quello della vita adulta. Quest'ultimo dipende massimamente da due fattori che s'integrano vicendevolmente: trofismo cellulare e moltiplicazione. Se prevalgono i processi di assimilazione su quelli di disassimilazione, le cellule crescono finché non intervenga il fenomeno della riproduzione cellulare, poiché l'accrescimento è sempre subordinato a condizioni morfologiche che armonicamente conducono gli elementi a non superare mai in volume determinati limiti di grandezza, che variano da tessuto a tessuto, da organismo a organismo. In un primo tempo il citoplasma cresce assai più che non il nucleo, quasi l'aumento di volume di quest'ultimo fosse ostacolato da quello della massa plasmatica. Da questa discordanza di crescita proviene la tensione nucleo-plasmatica, che, ad un dato momento, determina una elevazione improvvisa nel contenuto dei materiali nucleari a spese di quelli citoplasmatici; fenomeno cui fa seguito la cariocinesi. Più complesso è lo studio dell'accrescimento embrionale, nel quale l'acqua d'imbibizione assume grandissima importanza. Tra l'accrescimento degli embrioni animali e dei tessuti vegetali corre un sensibile parallelismo. Il Pfeffer (1881) e il Sachs (1887) dimostrarono, per primi, che nel grande periodo di crescenza delle piante il fenomeno più saliente è rappresentato dal notevole aumento di pressione dell'acqua intracellulare. Nei germogli delle piante si riconoscono tre diverse zone: quella dell'apice vegetativo, che presenta un debole aumento di volume tutto dovuto ad accrescimento protoplasmatico; indi una seconda zona, luogo della maggior crescenza, ove gli elementi si trasmutano in otricoli carichi di linfa, che ne mantiene tese le membrane, elevando al massimo grado il valore della pressione di turgore; e quindi una terza zona ancor ricca di linfa a grado di crescenza intermedia tra le prime due, nella quale si stabiliscono le differenziazioni istologiche. Il Davenport, preceduto dalle esperienze del Rusconi, del Loeb, del Herbst, del Roux e del Driesch, dimostrò (1897) con classici studî potersi distinguere nella crescenza delle rane tre periodi: un primo stadio determinato da una rapida divisione cellulare e caratterizzato dal debole aumento di volume dell'uovo, il cui contenuto acquoso oscilla in questo tempo tra il 50 e il 56% del peso totale dell'uovo; un secondo stadio, che si protrae per circa due settimane, caratterizzato dalla rapida crescita dell'embrione, il quale va acquistando la forma larvale caratteristica, mentre nel suo soma si formano gli abbozzi degli organi (l'acqua organica raggiunge in questo tempo il suo tasso più elevato, aggirandosi intorno al 96% del peso somatico); e un terzo stadio, nel quale prevalgono le differenziazioni istologiche, decrescono parallelamente la velocità di crescenza e la percentuale di acqua somatica, che discende circa all'88%. Ne dedusse il Davenport l'acqua essere di grande momento anche nel processo di crescenza degli organismi animali. In seguito le analisi di Schaper (1902) sulla crescenza della Rana fusca dimostrarono doversi distinguere l'acqua intracellulare da quella intercellulare, ossia l'acqua o linfa cellulare dai liquidi organici contenuti negl'interstizî e nelle molteplici cavità del soma embrionale. Il Backman e il Runnström studiarono (1909) la pressione osmotica nelle uova di Rana temporaria durante il loro sviluppo, e s'avvidero che questa pressione cade subito dopo il processo della fecondazione, per aumentare solamente in séguito, ossia durante il secondo periodo della gastrulazione, allorché ha luogo un improvviso aumento di questa pressione, venendo il germe a raggiungere quasi la metà della pressione definitiva. Si può ritenere che la primitiva caduta di pressione si debba al fatto che l'uovo fecondato e deposto nell'acqua assorbe d'un subito dall'ambiente la quantità d'acqua necessaria affinché, da ipertonico che era, esso si renda isotonico, e però in equilibrio osmotico con l'ambiente liquido in cui viene a trovarsi immerso. La ragione dell'improvviso elevarsi della pressione osmotica durante il secondo momento della formazione gastrulare sembra dimostrata dalle analisi istofisiologiche sulle uova di rana in via di sviluppo. In questo momento si effettua nell'interno del germe un fenomeno osmotico, per cui la cavità gastrulare si dilata e si distende a spese dell'acqua della cavità blastulare o di segmentazione, e ciò avviene perché dentro la cavità della gastrula si è accumulato il prodotto di una vivida secrezione cellulare, la quale ferve lungo tutta la primitiva lamina entodermica e dà a divedere un contenuto di sostanze osmoticamente attive; e poiché di qui innanzi il processo della secrezione non si attenua più, ché anzi cresce col formarsi di nuovi organi primitivi, i quali tutti riconoscono tra i loro fattori morfogenetici anche questo processo, così si può pensare che l'improvviso aumento della pressione osmotica nella gastrula, determinato da questo fattore, divenga progressivamente crescente per il progressivo assommarsi dei prodotti di secrezione dei restanti organi primitivi che vanno evolvendosi. Si è accennato più sopra come si distingua l'acqua o linfa cellulare da quella interstiziale o intercellulare, e ancora come nelle grandi e piccole cavità del soma sia sempre presente una determinata quantità di liquidi organici. L'acqua o linfa cellulare può poi essere intimamente mescolata con il colloide protoplasmatico, come anche può essere contenuta in vacuoli. Il Levi (1918) nelle colture in vitro dimostrò le cellule trarre dal plasma colturale una rilevante quantità di acqua, allorché cominciano a muoversi vivacemente e a moltiplicarsi con rapidità. L'imbibizione d'acqua, sia da parte delle cellule, sia da parte degli spazî intercellulari, come nelle libere cavità del germe, dimostra chiaramente la permeabilità delle membrane viventi, le quali tuttavia, massime le vegetali, presentano talora le proprietà di quelle fisiche semipermeabili, concedendo all'acqua di attraversarle, e impedendo il passaggio alle molecole e agli ioni del soluto. È però evidente che ogni membrana, se pur non continuamente, debba, tratto tratto, rendersi permeabile; la permeabilità fisiologica essendo condizione assolutamente necessaria per la vita cellulare. Invero, se la linfa degl'interstizî giova a mantener turgide le pareti del soma embrionale e ha tanta parte nel suo accrescimento di volume, essa altresì ne rappresenta il primitivo ambiente interno, e, circolando, offre ai singoli territorî del germe non solamente i materiali plastici necessarî alla moltiplicazione cellulare, ma anche gli stimoli ormonici necessarî ai territorî cellulari specifici, affinché questi ultimi possano mettere in gioco le loro funzioni morfogenetiche elementari per formare gli abbozzi degli organi. Di mano in mano che gli organi primitivi e quelli secondarî abbozzatisi vanno differenziandosi, mercé il processo della riproduzione cellulare, che ad un dato momento prende deciso sopravvento, il contenuto d'acqua del germe va sensibilmente decrescendo: fenomeno questo che trova il suo riscontro perfettamente parallelo in quel che accade nella vita post-etale, dove dall'età più giovane a quella adulta è un continuo progressivo decrescere del tasso d'acqua nell'organismo.
L'accrescimento nelle piante, vale a dire l'aumento di volume accompagnato da cambiamento di forma, è più rapido e più evidente, in generale, che quello degli animali. In certi casi è tanto rapido da poterlo quasi seguire a vista d'occhio: ce ne dànno un esempio i grossi corpi dei funghi più comuni, i quali, quando la temperatura è favorevole e il terreno molto umido e ricco di sostanze organiche, compaiono pressoché improvvisamente, e raggiungono in poche ore le loro dimensioni definitive, crescendo, in taluni casi, di 5 mm. al minuto, ossia in ragione di 30 cm. all'ora. Di qui il modo di dire popolare: cresce come i funghi.
Anche le piante superiori ci presentano dei casi di accrescimento molto rapido: le grosse infiorescenze dell'agave raggiungono in poche settimane 5-6-7 metri di altezza, allungandosi, nel periodo di accrescimento più attivo, di 20 e più cm. al giorno; le magnifiche infiorescenze di Saxifraga cotyledon, che ornano a primavera alcune delle nostre vallate alpine, sorgono quasi d'un tratto da una piccola rosetta basilare fogliare, e formano in 12-15 giorni un bel grappolo, alto talora oltre un metro, con centinaia di candidi fiori. Presentano un allungamento di parecchi centimetri al giorno, quando vegetano in buone condizioni, i turioni degli asparagi, i giovani polloni dei bambù, le guaine fogliari delle muse, ecc.
Nella maggioranza dei casi, però, l'accrescimento delle piante superiori è meno evidente e arriva soltanto alla media di qualche frazione di millimetro all'ora, sì che, per seguirne l'andamento, si richiedono apparecchi speciali che lo ingrandiscano (v. auxanometro).
Nello studio dell'accrescimento delle piante si distingue l'accrescimento in lunghezza e l'accrescimento in grossezza o spessore.
Il primo, a differenza di quanto avviene negli animali, non ha luogo contemporaneamente e proporzionalmente in tutte le parti della pianta o di un organo, ma si localizza in una parte di essa, detta zona di allungamento, lunga in certi casi (p. es., all'apice delle radici) solamente qualche millimetro, e in altri casi (p. es., alla parte superiore del fusto di alcune piante) parecchi decimetri. In relazione alla posizione che questa zona occupa in un determinato organo, si dice che l'accrescimento è basipeto, quando essa è alla base, in modo che, mentre la parte superiore ha già finito di crescere ed è, si può dire, vecchia, la parte basale continua a crescere ed è ancora tenera: ne abbiamo esempio nelle foglie dei giaggioli o negl'internodî del culmo delle graminacee. Si dice invece che l'accrescimento è acropeto, quando la zona di allungamento è all'apice dell'organo studiato, ed è quindi apicale la parte più giovane e tenera.
L'accrescimento acropeto è di gran lunga il più comune: è quello per cui si allungano le radici, il fusto e i rami.
In esso si distingue una fase che si può chiamare di accrescimento apicale propriamente detto, dato dalla moltiplicazione delle cellule dei meristemi (o tessuti giovanili) apicali, e porta alla formazione di parti e organi nuovi, quali sono, quando si tratta di un fusto o di un ramo, gl'internodî separati da nodi, in corrispondenza ai quali si inseriscono le foglie nell'ordine in cui si dispongono nella gemma apicale (fig. 1). È una fase a decorso molto lento, e nei nostri climi si richiedono uno, due, talora tre giorni, perché si formi un nuovo internodio, sia pure della lunghezza di una frazione di millimetro; nella stagione più favorevole e nella valle padana se ne contarono 9 in 24 giorni nella vitalba, 8 in 16 giorni nella bignonia, 11 in 13 giorni nella vite, 7 in 9 giorni nel luppolo, 11 in 9 giorni nel vilucchio.
A questa fase di accrescimento apicale segue, appena sotto la gemma, se si tratta di un fusto, la fase di vero allungamento, dovuta specialmente al distendersi delle cellule. È la fase più visibile, che si può seguire con misure più precise, e che dà gli allungamenti di cui si è più sopra parlato.
In seguito, quando l'organo ha raggiunto o sta per raggiungere la sua lunghezza definitiva, comincia l'accrescimento in spessore, con formazione di tessuti secondarî, che si sovrappongono a quelli primarî derivati dal meristema apicale. Tali tessuti secondarî sono il prodotto dell'attività di uno strato di cellule, che, tutto attorno al fusto e alla radice, si mantiene allo stato giovanile, o meristematico: il cambio (v.).
Anche l'accrescimento in spessore è, di solito, molto lento: i grossi tronchi dei più belli alberi che ammiriamo nei nostri parchi o nelle nostre campagne, hanno raggiunto le dimensioni che hanno oggi in seguito ad un accrescimento che dura da decennî o, per alcuni, da secoli. Soltanto in certe specie si può avere, sempre che le condizioni di vegetazione sieno favorevoli, un accrescimento in spessore relativamente rapido, sì che il diametro del loro tronco può aumentare di alcuni centimetri all'anno: ce ne dànno un esempio le paline dei pioppi, dei castagni, ecc. Anche il fusto di certe piante annuali (canape, girasole, ricino, ecc.) può raggiungere in pochi mesi parecchi centimetri di diametro.
Caratteristica di tutte queste forme di accrescimento è che seguono un ritmo: cominciano lentamente, diventano sempre più attive fino a raggiungere un massimo di attività, poi gradatamente decrescono fino a cessare. Per es., per quanto riguarda la fase di accrescimento meristematico, il numero degl'internodî nuovi che si sono formati all'estremità della gemma apicale di un ramo di vitalba, in periodi successivi di 24 giorni, tra il 30 marzo e il 2 ottobre, è stato: 4-5-6-9-8-8-4-1.
E per quanto riguarda la fase di allungamento, l'allungamento presentato di due in due giorni dall'asse di una grossa infiorescenza di Saxifraga cotyledon sviluppatasi nel mese di maggio, in un giardino dell'alta Lombardia, è stato, dal suo primo apparire fino a sviluppo completo, di mm. 9-32-47-92-93-82-57-36-19.
E, finalmente, per l'accrescimento in spessore, un fusto di girasole che in un giardino di Lombardia ha raggiunto, dal 2 giugno al 6 ottobre, 3 cm. e mezzo di diametro, presentò, misurato di 12 in 12 giorni, i seguenti aumenti di diametro: mm. 2,4-4,3-5,9-6, 1-6,6-4,1-2,2-0,8.
A questo ritmo di accrescimento per l'intiero organo corrisponde un ritmo uguale per le sue parti: ogni internodio del fusto, da quando esce ancora brevissimo dalla gemma apicale, a quando ha raggiunto la sua lunghezza definitiva, si allunga prima lentamente poi sempre più rapidamente fino ad un massimo, poi ancora più lentamente fino ad allungamento definitivo. Ne viene che, misurando in un medesimo periodo di tempo l'allungamento che presentano gli internodî successivi ancora in via di accrescimento, siccome ciascuno di esso si trova in una fase del suo ciclo più avanzata dell'internodio superiore e meno avanzata di quello inferiore, si avrà un succedersi regolare di allungamenti prima piccoli, poi più forti, poi ancora piccoli; per es., in un ramo di vitalba, all'estremità superiore del quale la zona di allungamento (ossia la porzione che ancora non aveva finito di crescere) si estendeva a sei internodî, si ebbero dal 15 al 21 agosto i seguenti allungamenti: per l'internodio più alto, appena sotto la gemma, 3 mm., pel successivo 12, poi per gli altri, progressivamente dall'alto al basso, mm. 62-125-111-15.
Lo stesso può vedersi su un apice radicale, quando, in mancanza di segmenti morfologicamente distinti, quali sono gl'internodî del fusto, si segnino sotto l'apice, con tratti d'inchiostro, dei segmenti di un millimetro di lunghezza.
La periodicità e il ritmo di accrescimento si riflettono anche nella lunghezza definitiva che raggiungono gl'internodî successivi di un medesimo ramo: di solito gl'internodî inferiori che si formarono pei primi, quando l'accrescimento del ramo era in principio del suo ciclo, sono i più brevi, e portano, ai nodi, le foglie più piccole; quelli che seguono, sono invece gradatamente più lunghi, fino ad un massimo di lunghezza presentato dagl'internodî formati quando l'accrescimento del ramo era nella fase culminante del ciclo; seguono poi internodî di lunghezza decrescente fino all'apice, rappresentanti la parte decrescente del ciclo di accrescimento.
L'accrescimento, come ogni altra manifestazione della vita delle piante, è in stretta relazione con le condizioni esterne di vegetazione: richiede dei limiti di temperatura che variano dall'una all'altra specie; ha bisogno di umidità. Viene ritardato dalla luce: al buio gli organi assili delle piante si allungano di più e più rapidamente, ma presentano un minore accrescimento in spessore (v. eziolamento).
Durante l'accrescimento, che si compie, come si è visto, per divisione e ingrandimento di cellule, la pianta sviluppa una certa energia capace di vincere anche forti resistenze, che si oppongano al suo aumento di volume; così la radice che, allungandosi, s'incunea nelle screpolature di una roccia, può poi, quando cresce in spessore, forzare la roccia medesima e produrne la spaccatura.
Le dimensioni a cui possono arrivare le piante perenni teoricamente non hanno limiti, perché ogni anno le gemme apicali dei rami continuano a formare nuovi organi, e il cambio dei loro tronchi continua a produrre nuovo legno che si sovrappone a quello formatosi negli anni precedenti; però vi sono condizioni speciali inerenti all'organizzazione di ogni specie, per cui non tutte le specie possono superare certe dimensioni: i 100 e più metri di altezza raggiunti dalle gigantesche sequoie della California o dagli altissimi eucalipti australiani non possono essere raggiunti dagli alberi più comuni.
Bibl.: Pei primi e fondamentali lavori sull'accrescimento delle piante, la bibliografia è raccolta tutta in L. Montemartini, Ricerche intorno all'accrescimento delle piante, in Atti dell'Istituto Botanico di Pavia, ser. 2ª, V. Pei lavori che vennero dopo, si veda Pfeffer, Physiologie végétale, traduzione di J. Friedell, Parigi 1912.
L'accrescimento nell'uomo è studiato dall'auxologia ("dottrina della crescenza"), la quale abbraccia tutte le conoscenze relative al divenire del giovane organismo umano, sia dal lato somatico sia dal lato psichico, considerate in modo sintetico. L'accrescimento è stato definito nei termini più concisi come l'aumento dell'organismo umano per l'aggiungersi ad esso di sostanza vivente, morfologicamente e funzionalmente perfetta. Tale aumento si verifica, sia per moltiplicazione delle cellule già esistenti nei tessuti formati da elementi labili e stabili (soggetti cioè a rinnovamento per divisione), sia per semplice aumento di volume delle cellule o fibre di quegli altri tessuti che sono costituiti da elementi perenni (cioè non soggetti a rinnovamento per moltiplicazione o riproduzione durante la vita), quali sono il sistema nervoso, quello muscolare e il cristallino (Levi).
Ma l'accrescimento non si può considerare come un puro e semplice aumento di massa, con mantenimento dei rapporti strutturali primitivi, bensì va considerato anche come un processo di profonda ed essenziale trasformazione morfologica, che segue di pari passo l'aumento di massa e che porta al perfezionamento e all'integrazione anatomica e funzionale del giovane organismo. Dunque l'accrescimento si compie attraverso una complessa evoluzione morfologica, che s'inizia alla nascita, anzi più esattamente al momento della fecondazione dell'uovo, e si continua fino ad oltre l'epoca della pubertà.
Durante l'accrescimento si ha una differenziazione dell'organismo anche nel senso che viene a modificarsi il rapporto che corre fra i varî costituenti fondamentali dei varî organi, in quanto vengono a mano a mano acquistando sempre maggiore importanza le strutture di sostegno, le impalcature, in confronto degli elementi parenchimali cui è devoluta la funzione specifica degli organi e che prevalgono invece nelle prime età.
Si comprende da ciò che non si può prendere come indice dello sviluppo corporeo la sola cifra del peso, la quale ci dà indicazioni utili solo riguardo l'aumento globale della massa corporea, e che occorre invece tener conto anche dei dati che ci possono illuminare circa le particolarità più intime del complesso processo morfogenetico. La via più battuta, perché la più semplice, è quella di studiare parallelamente il decorso del peso e della statura. Occorre però aver presente il significato di questi due valori. Essi non sono valori semplici, sibbene espressioni sintetiche di un complesso di valori, di natura non sempre omogenea. Così il peso è la somma dei valori ponderali singoli relativi ai varî apparati e ai varî tessuti che costituiscono l'organismo; l'altezza risulta dalla somma delle altezze delle varie sezioni di cui è composto il corpo. Ora né gli uni né le altre variano durante la crescita in modo tale da mantenere invariati i rapporti primitivi; anzi, come ogni aumento del peso implica in genere uno spostamento dei rapporti reciproci fra i varî tessuti, così ogni aumento di statura indica in genere una variazione dei rapporti reciproci fra le varie sezioni del corpo. Con tutto ciò, tanto il peso quanto la statura vengono usufruiti nello studio dello sviluppo quali dati sintetici. Al peso si suol dare il valore di una misura dello sviluppo di massa; alla statura si suol dare il valore di un indice della evoluzione morfologica, della differenziazione dell'individuo. Si possono studiare tali valori nelle loro variazioni, tenendo soltanto presenti i valori medî normali, e stabilendo un confronto fra i valori trovati e quelli che si dovrebbero avere per quelle determinate età: il che si può fare agevolmente, per esempio, facendo ricorso alle apposite tavole fatte a tale scopo dal v. Pirquet; oppure si può ricorrere ai cosiddetti valori indici, i quali sono diretti in massima parte a indagare il rapporto esistente nelle varie fasi della crescita fra lo sviluppo del corpo e il suo perfezionamento morfologico.
L'importanza e l'utilità di questi indici sta nel fatto che essi permettono di dare un giudizio non più sopra un valore assoluto, bensì sopra un valore relativo. Una stessa cifra del peso, per esempio, che si riscontri in varie persone di diverso aspetto, potrà essere giudicata normale o no, a seconda del rapporto che essa ha con le varie stature. Ed è per questo che i valori indici permettono bene lo studio dello sviluppo, perché durante le varie fasi di questo gl'indici si mantengono invariati, fino a che l'aumento proporzionale delle varie parti procede in modo sincrono e parallelo. Di più, i valori indici permettono il confronto fra individui di massa corporea diversa. Un gigante e un nano possono avere indici uguali, purché le proporzioni delle varie parti del corpo fra loro siano in entrambi identiche.
Di questi indici ne sono stati proposti molti. Il primo e il più semplice di tutti è quello studiato dal Quételet, e rappresentato dal rapporto fra il peso e l'altezza del corpo:
Tale indice però è matematicamente poco corretto, perché i termini messi a rapporto sono troppo eterogenei (una misura lineare e un valore tridimensionale); perciò il Livi pensò di modificare tale indice, proponendo il suo indice ponderale:
(fig. 2). Sostanzialmente identico all'indice del Livi, ma di più semplice applicazione è l'Index der Körperfülle (indice della corpulenza) del Rohrer:
Una formula simile è stata proposta dal Giuffrida-Ruggeri, che le ha dato il nome di indice barico, e che l'ha giudicata particolarmente adatta allo studio delle variazioni antropometriche del periodo dell'adolescenza. Gl'indici del Livi e del Rohrer si prestano bene a studiare il comportamento della statura e quello dello stato di nutrizione.
Kaup - il quale sostiene che le proporzioni del corpo umano sono dominate da una particolare distribuzione nei due sensi, longitudinale e trasversale, caratteristica della specie, così che la sezione mediana del corpo crescerebbe proporzionalmente alla lunghezza corporea - pensa che nei corpi umani i pesi sono proporzionali ai quadrati delle stature, e che ci si dovrebbe quindi servire, per confrontare i varî individui, del rapporto:
Il v. Pirquet per la ricerca dell'indice altezza-peso ha capovolto la formula del Livi, proponendo la seguente:
Si hanno inoltre indici nei quali vengono messi in rapporto i valori del peso e della statura trovati nel soggetto in esame con i valori corrispondenti proprî di soggetti normali della stessa età e dello stesso sesso (indici di Öder, di Ascher, di Huth, di Öttinger).
Un altro indice di questo gruppo, ma che differisce dai precedenti in quanto invece della statura in piedi considera la statura a sedere (la quale, secondo v. Pirquet, è in diretto e costante rapporto col peso ed è una misura più sicura, essendo in rapporto con lo sviluppo del tronco e, quindi, non soggetta alle cause di errore derivanti dalle variabili condizioni di accrescimento degli arti inferiori), è quello del v. Pirquet, proposto col nome di pelidisi:
Quest'indice si presenta pressoché costante nelle varie età, ed è utile soprattutto nella valutazione dello stato di nutrizione. Il nome di pelidisi è stato dal v. Pirquet capricciosamente tratto dalle seguenti parole: pondus decies lineare, divisio, sedentis altitudo.
Si hanno poi i cosiddetti indici di robustezza, i quali, oltre che del peso e dell'altezza, tengono conto anche di altri dati, come, per esempio, il perimetro toracico (in- ed espiratorio), la capacità respiratoria (Simon, Häberlin, Schwend, Bornhardt, Oppenheimer, Wolfer, Mayet, Pignet, Galluppi, Kárina-Marinucci, ecc.). Speciale importanza, secondo Frassetto, sarebbe da dare al rapporto fra la statura e il perimetro toracico, che negli adulti di varia statura cresce con progressione aritmetica.
Ma a tutti questi indici si può fare l'appunto che sono basati sopra dati troppo limitati e di valore troppo generico, quindi non si prestano che ad un giudizio generale di orientamento. Alla stessa obbiezione non si sottrae nemmeno un altro indice, che pure è basato sopra criterî antropometrici, però sempre troppo parziali, e cioè l'indice schelico, che, considerando il rapporto fra statura in piedi e statura a sedere, viene a valutare lo sviluppo degli arti inferiori.
Data quindi la necessità di basare il giudizio relativo allo sviluppo sopra una serie più estesa e più completa di dati, si comprende come gli studî più recenti sull'argomento siano stati condotti facendo uso di numerose misurazioni antropometriche ed eseguendo le indagini, sia seguendo singoli individui lungo le varie fasi della loro esistenza, sia raccogliendo i dati relativi a gruppi numerosi di individui di una stessa età, e traendo da essi i valori medî. Sotto questo aspetto, secondo le ricerche della scuola del Francioni prima, poi del Del Duca e del Berghinz, si è dimostrato buon mezzo di studio dell'accrescimento nel fanciullo il metodo di antropometria (v.) clinica proposto dal Viola col nome di metodo di deformazione, il quale si presta molto bene a mettere in rilievo le particolarità dello sviluppo distinte nei loro diversi e, talora, contrapposti aspetti.
Quali ultimi e più complessi metodi di studio del processo dell'accrescimento dobbiamo ricordare il metodo auxologico-pedagogico del Godin, il quale, oltre che delle più importanti misure antropometriche relative al tronco, al capo e agli arti, tiene conto di alcune attitudini funzionali e anche delle note del progresso psichico; e il metodo seguito nelle ricerche, pure molto estese e complesse, che vengono praticate, sotto la direzione del Pende, nell'Istituto di biotipologia umana di Genova.
Per lo studio dell'accrescimento corporeo può essere utile tener conto anche della superficie del corpo e delle sue variazioni, del volume di esso, nonché del suo peso specifico, ossia della densità: ma tutte queste misure non sono facili a prendersi in modo diretto, quindi non hanno trovato ancora estesa applicazione in pratica, salvo la misura della superficie corporea, la quale viene per lo più dedotta dal peso (mediante la formula di Vierordt-Meeh basata sul principio, per la prima volta introdotto in fisiologia dal Moleschott, che corpi di diverso volume, ma di pari densità, hanno superficie che si comportano come le 2/3 potenze dei pesi). Tale misura però non rappresenta un valore obbiettivo assoluto, ed è piuttosto, per il modo come è ottenuta, una misura convenzionale. Il Frontali ha ideato un metodo abbastanza pratico di misurazione diretta.
Servendosi dei mezzi di indagine di cui si è parlato fino ad ora, si può studiare il complesso processo dell'accrescimento e si può giungere ad una nozione esatta del suo andamento normale e delle sue più comuni deviazioni. Lo studio può essere condotto, sia valutando le variazioni di dimensione che si osservano in categorie di numerosi soggetti appartenenti ad età varie, sia seguendo i cambiamenti che si verificano nello stesso individuo col crescere dell'età (Puccioni).
Nella descrizione dell'accrescimento conviene prima prendere in esame l'andamento dei singoli valori e poi passare a considerazioni sintetiche. Conviene pure prendere come punto di partenza non già la nascita, bensì l'epoca della fecondazione, includendo quindi il periodo della vita fetale, nel quale si svolge una fase delle più importanti dello sviluppo: facendo ciò, si dovrà tener conto della cosiddetta età dal concepimento.
Prendendo le mosse dalla statura, vediamo che nei primi mesi di vita fetale si ha una forte ascesa che va di continuo accentuandosi fino a verso la fine del 5° mese, avendosi un raddoppiamento ad ogni mese; segue poi fino alla nascita un periodo di più lento accrescimento staturale, che si continua dapprima con ritmo abbastanza celere (corrispondente a quello degli ultimi mesi di vita fetale) per i primi 4-5 trimestri, e poi va lentamente e progressivamente degradando, in modo che viene a delinearsi una curva alla quale von Lange avrebbe riconosciuto un andamento parabolico (il che peraltro viene negato dal Pfaundler). Ma, quando la curva della statura tenderebbe a raggiungere l'orizzontale, si ha d'un tratto una improvvisa ripresa ascensionale, che si verifica nel 10°-11° anno per le femmine e nel 13°-14° anno per i maschi (epoca che corrisponde all'inizio della pubertà), e si continua fino a dopo superato il periodo della maturità sessuale e raggiunto il completo sviluppo (cioè fino al principio del terzo decennio); dopo di che la linea della statura si fa orizzontale o appena lievemente ascendente. La statura si raddoppia circa a 6 anni, e diviene 3,3 volte tanto al termine della crescita. Nel periodo pre-pubere l'aumento staturale è così rapido che le femmine, la cui altezza è in media alquanto inferiore a quella dei maschi, raggiungono questi ultimi, e si mantengono per qualche tempo superiori ad essi, cioè fino a quando anche i maschi non presentino a loro volta il rapido aumento staturale (fig. 4).
Secondo Stratz ed altri si dovrebbero ammettere anche altri periodi di più intenso accrescimento staturale alla fine del 4° anno e fra il 6° e 7° anno, il che confermerebbe l'opinione di Godin (diffusa anche qua e là nel popolo) che verso il 6° anno di vita il profilo somatico del bambino preannunci quello che sarà il profilo dell'adulto. Sempre a tal riguardo, secondo Baldwin, sarebbe possibile, servendosi di una sua formula, di fare una specie di predizione di quella che sarà la statura di un dato soggetto a 12 anni, partendo dalla statura che esso ha a 6 anni, e sarebbe possibile predire l'altezza che esso avrà a 15-16 anni, partendo dalla sua statura dei 9-10 anni, e ciò con un errore medio molto basso.
L'andamento della crescita staturale si può dedurre, oltreché dalla curva dei valori ottenuti nelle varie età, anche dalla curva tracciata coi valori indicanti la velocità di accrescimento annuo (cioè quella quota di accrescimento che si avrebbe, se si mantenesse per un anno intero l'intensità di accrescimento che si verifica al momento dell'esame). Si vede che tali valori durante la vita fetale raggiungono il massimo al 5° mese, e, dopo la nascita, presentano due culmini: uno nei primi mesi e un altro nell'epoca pre-pubere: per il rimanente essi mantengono un andamento quasi costante.
La misura della statura costituisce il dato più importante per giudicare dello sviluppo dell'uomo, quantunque su di essa influiscano varî fattori che partecipano a costituirla, cioè le ossa, le cartilagini, le articolazioni, i dischi intervertebrali, e nonostante il fatto che le varie sezioni e i varî segmenti del corpo possono presentare un ritmo di accrescimento diverso l'uno dall'altro. Soprattutto la statura fornisce dati che sono immuni dalle cause di errore inerenti al diverso stato di nutrizione e quindi al variabile volume delle parti molli (muscoli e grasso), all'accumulo nell'organismo di acqua, di feci, ecc.
Per ciò che si riferisce al peso, durante la vita fetale si ha un rapido aumento di esso, con raddoppiamento mensile, che si protrae fino al di là del 7° mese. Dopo la nascita, superato il breve periodo della transitoria diminuzione fisiologica propria del neonato, si ha un aumento abbastanza intenso, con ritmo uguale a quello degli ultimi tempi della vita fetale; ma poi la linea del peso va degradando lentamente fino a che non si verifica una ripresa d'intenso aumento all'epoca della pubertà, cioè dopo gli 11 anni nelle femmine e dopo i 13 anni nei maschi, verificandosi anche per il peso il transitorio incrocio dei valori pertinenti ai due sessi. L'esame della curva della velocità di accrescimento annuo conferma l'esistenza di questo periodo d'intenso accrescimento ponderale alla pubertà, il quale non di rado si prolunga, con ritmo più tranquillo, ancora per qualche anno: fatto che si può spiegare sia ammettendo un ulteriore, anche modico, aumento delle dimensioni corporee, sia riconoscendo un aumento di massa da parte dei varî visceri, un più intenso sviluppo della muscolatura, una più completa calcificazione dello scheletro e un accumulo di materiali di riserva.
Il tempo di raddoppiamento del peso che l'uomo ha alla nascita, è in media, secondo Camerer, di 140 giorni, cioè un periodo molto più lungo di quello proprio degli altri mammiferi, anche se di mole molto superiore a quella dell'uomo. Questo ha dunque un lento sviluppo, e anche dal punto di vista del consumo di energia, durante il periodo dell'accrescimento, si differenzia dagli animali più prossimi a esso (Rubner).
Passando ora a considerare il comportamento che presentano durante la crescita i varî indici, vediamo che, per ciò che si riferisce al valore
(ossia peso per centimetro), il suo decorso è rappresentato da una linea spezzata, composta di segmenti rettilinei di lunghezza diversa e proporzionale alla durata di determinati periodi dell'accrescimento, durante i quali il rapporto fra le variazioni della statura e quelle del peso si mantiene costante (Frassetto). Se tali variazioni fossero sempre parallele, il rapporto sarebbe naturalmente rappresentato da una linea intiera: lo spezzarsi della linea in varî punti indica il dissociarsi della crescita staturale e ponderale. Il valore che l'indice presenta alla nascita si trova di solito raddoppiato alla fine dell'età lattante, e triplicato all'inizio dell'età pre-pubere.
La curva relativa all'indice ponderale del Livi presenta un aumento negli ultimi periodi di vita fetale e durante l'età lattante. Di poi diminuisce fino a raggiungere un minimo verso i 10 anni nelle femmine e verso gli 11 anni nei maschi; segue un periodo di quasi stazionarietà, cui ne tiene dietro uno nel quale l'indice comincia a risalire, e ciò verso i 14 anni nelle femmine e i 17 anni nei maschi: le femmine conservano poi sempre un indice più elevato.
L'indice del Rohrer si comporta naturalmente in modo analogo a quello del Livi. Comportamento del tutto inverso presenta invece l'indice della statura-peso del Pirquet, il quale va aumentando fino all'epoca pre-puberale per poi diminuire lentamente. L'indice di Kaup si mantiene abbastanza costante in alcune epoche dello sviluppo, specie nel periodo dai 6 ai 15 anni (da 1,72 a 1,79).
Per ciò che si riferisce all'indice pelidisi, risulta dalle indagini fatte dallo stesso Pirquet che, a pari sviluppo della muscolatura e del grasso, esso si mantiene in pratica quasi costante in tutte le età, oscillando fra 94,5 e 105: per tale sua proprietà e per l'indipendenza dalla statura, esso si presta bene soprattutto per una valutazione dello stato di nutrizione.
L'indice schelico, secondo gli studî fatti dal Riccardi nel Modenese, va gradatamente degradando dall'età dei 3-4 anni (56) fino all'età adulta (52), essendo un po' più elevato nelle femmine.
Dalla sintesi di tutti i dati forniti dalle misurazioni e dagl'indici di cui si è parlato fin qui, possiamo farci un'idea complessiva sul modo di compiersi dell'evoluzione morfologica nell'uomo. Nell'insieme si vede che l'accrescimento si compie con un ritmo che ha una velocità massima subito dopo la nascita, e che poi va gradatamente rallentando fino a che si verifica la caratteristica ripresa propria dell'età pubere. Però durante le varie fasi dell'intero processo i valori relativi al peso e alla statura non procedono sempre di conserva, il che in gran parte è in rapporto col fatto che le dimensioni trasversali del corpo non hanno lo stesso ritmo di aumento che le misure longitudinali, quindi si origina quel fatto che, oltre al forte acceleramento puberale, caratterizza la crescita dell'uomo e che fu per il primo segnalato da E. A. H. Key, cioè l'alternarsi di fasi durante le quali a volta a volta il tenero organismo appare più sottile o più pieno. Si crede di spiegare il fatto ammettendo che ogni periodo di più rapido accrescimento s'inizî con un acceleramento della crescita staturale e termini con un aumento ponderale. Si ha quindi una specie di stiramento del corpo infantile o, meglio, un periodico accentuarsi di un processo costante di stiramento, perché tutta la crescita è rappresentata in fondo da un processo di stiramento, per cui dalla forma goffa e quasi sferoidale del neonato si giunge infine alla forma alta, elegante e slanciata del giovane efebo.
Lo Stratz distingue nettamente i varî periodi dell'accrescimento, e ammette un periodo di turgor primus (dai due ai cinque anni), un periodo di proceritas prima (dai 5 ai 6 anni), poi un periodo di turgor secundus (dai 6 ai 10 anni), seguìto da una proceritas secunda (dagli 11 ai 15 anni), periodo pre-pubere, al quale fa seguito un periodo post-pubere di graduale aumento del peso, non accompagnato che da un modico aumento della statura. Questo, che da alcuni viene indicato come turgor tertius, continua poi ininterrotto fino allo sviluppo completo dell'età adulta.
Molti aspetti speciali che assume il bambino durante la crescita non si possono spiegare, se non si tenga conto del fatto di capitale importanza che le proporzioni delle varie parti del corpo si modificano sensibilmente e continuamente durante la crescita. Così la testa, che nel neonato è alta la quarta parte della statura, va rappresentando una porzione sempre minore di essa fino a giungere alla ottava parte. Anche il tronco aumenta in altezza solo due volte e mezzo, mentre la statura aumenta tre volte e mezzo. Crescono invece in proporzione maggiore il collo e, soprattutto, gli arti: l'arto inferiore aumenta più del quadruplo, ed è per questo che, mentre nel neonato la metà del corpo coincide coll'ombelico, nell'adulto viene a cadere sul pube. Studiando l'ordine e il ritmo che si può osservare nell'accrescimento proporzionale delle varie parti del corpo, il Godin ha potuto formulare le sue leggi delle alternanze, le quali si prestano bene a spiegare certe apparenti disarmonie transitorie dell'organismo, che si osservano specialmente nell'età pre-pubere: nella quale il corpo si fa dapprima lungo e sottile, mentre solo in un secondo tempo si ristabiliscono le proporzioni normali. A produrre tali speciali aspetti contribuiscono anche i muscoli, i quali per qualche tempo si trovano come stirati, assottigliati per il rapido accrescimento degli arti, e solo più tardi aumentano la propria sezione.
Ma di tutti questi fatti si può fare uno studio più completo e organico, usando i metodi antropometrici e, specialmente, servendosi del metodo di deformazione del Viola nello studio della crescita. Da tale metodo di studio si può trarre la dimostrazione che il neonato ha in genere un abito a caratteristiche spiccatamente megalosplancniche; che nei tempi successivi tale caratteristica si mantiene dapprima invariata, poi si va a mano a mano riducendo, fino a che ad undici anni non si ha più che una megalosplancnia relativa, dovuta solo al difetto degli arti; ma a tale età le grandi linee proporzionali della fabbrica corporea sono assai vicine a quelle che caratterizzano l'adulto (Barbara). L'intero accrescimento è quindi da interpretarsi come un perfezionamento della struttura corporea, per cui l'organismo va allontanandosi dal tipo megalosplancnico per raggiungere, oltre ad una determinata massa corporea, anche un determinato grado di differenziazione morfologica, che porta alla forma normale propria dell'adulto. Ma tale importante trasformazione non si compie in modo regolare e con moto uniforme: di qui quelle variazioni di aspetto di cui si è parlato, e che, alla luce delle indagini antropometriche, si possono interpretare mediante la legge morfogenetica del Viola, dell'antagonismo fra accrescimento e sviluppo, così formulata: "l'aumento di massa e il cambiamento delle proporzioni durante la crescita sono fra di loro in rapporto inverso; quanto più un organismo si accresce ponderalmente, tanto meno si trasforma, e viceversa, quanto più si trasforma, tanto meno si accresce". L'antaganismo morfologico-ponderale, che si può rilevare negli abiti corporei degli adulti, come risultato finale e definitivo della crescita, si può dimostrare anche durante la crescita stessa nei suoi singoli periodi, in ognuno dei quali si può osservare, a vicenda, un preponderante sviluppo degli organi destinati alla vita vegetativa, oppure di quelli proprî della vita animale.
Durante la crescita si osservano numerose deviazioni dal tipo medio normale. Alcune di esse non sono che variazioni accidentali regolari, e rientrano nell'àmbito della legge degli errori del Gauss, per cui ad ogni valore centrale normale fanno ala dai due lati, in pari numero, delle varianti in più ed in meno. Durante la crescita si vede che l'estensione di queste varianti si fa maggiore nei periodi di più rapido accrescimento, e allora i singoli individui si distanziano maggiormente fra loro nelle proporzioni corporee. È proprio di questa età, per alcuni soggetti, un accrescimento sproporzionato della statura accompagnato da aspetto di gracilità, da pallore notevole, che si riscontra specialmente nelle classi colte (proteroplasia). Si dànno inoltre variazioni che non possono essere ancora considerate come patologiche, e che sono piuttosto in rapporto con quell'antagonismo morfologico-ponderale di cui si è già parlato, e che interviene proprio durante la crescita più attiva. Nel corso di questa quindi, anzi già fino dall'età neonatale, è possibile notare che alcuni individui tendono a prendere una direzione che li porterà verso un abito definitivo ectipico, cioè verso una brachitipia o verso una longitipia: nel primo caso si avrà un ritardo nella evoluzione morfologica, nel secondo un'accelerata trasformazione verso le forme adulte. Il caso più comune o, per lo meno, quello che più facilmente colpisce, è il secondo, che è rappresentato dal cosiddetto abito tisico o astenico, non raro a verificarsi specie nei ragazzi della età pre-pubere (fig. 5).
Ci siamo occupati fino ad ora esclusivamente dell'accrescimento studiandolo nel suo andamento complessivo, e osservando il riflesso che se ne delinea nella forma esteriore del corpo. È ovvio però che lo studio di tale processo deve estendersi con vantaggio anche alle strutture interne, e ciò tanto più in quanto fra la morfologia esterna e la struttura dei visceri vi sono dei legami molto intimi. Indagini di questo genere sono state fatte da Beneke, da De Giovanni e dalla sua scuola, da Thoma, ecc., e, assai recentemente, da Livini e da Castaldi e Vannucci. Dall'insieme di queste indagini, che sono tuttora in via di svolgimento, è già possibile formarsi un concetto approssimativo abbastanza soddisfacente del contegno dei varî organi durante la crescita: alcuni sono già abbastanza avanzati alla nascita e offrono quindi un accrescimento relativamente lento, altri seguono il ritmo di accrescimento generale del corpo, altri ancora iniziano il proprio accrescimento in un'epoca piuttosto avanzata dello sviluppo organico. Si vengono così a creare varî tipi di curve, quando si faccia una seriazione dei pesi viscerali in funzione dell'età. Si ha un tipo particolare (detto splancnico dallo Scammon) per il fegato, i reni e in parte anche per la milza e la tiroide; ad un sottotipo di esso appartengono le curve del cuore e dei polmoni, organi i quali presentano la particolarità di una diminuzione dell'accrescimento nei maschi dell'epoca pre-pubere e successivo rapido accrescimento nel quarto quinquennio. Curve di tipo speciale sono quelle encefalica, surrenale, ipofisaria, gonadale. Per alcuni organi endocrini si verifica una caduta del peso dopo la nascita. È da notare che la crescita degli organi interni cessa per alcuni nel terzo decennio, mentre per altri può protrarsi ancora oltre tale epoca.
In rapporto con lo sviluppo ponderale e volumetrico dei varî organi sta l'estrinsecarsi più o meno rapido e progressivo delle corrispondenti loro attività funzionali. Anche lo studio dello svolgersi di tali attività fa parte dello studio della crescenza, come ne fa parte, naturalmente, lo studio delle attività funzionali dell'intero organismo, della forza muscolare, della capacità lavorativa e, soprattutto, delle attitudini psichiche del giovane organismo.
Passando ora a considerare i fattori che determinano l'accrescimento, dobbiamo in prima linea ricordare che anche in tale processo occorre ammettere l'azione di due categorie di fattori: cioè di quelli idiotipici, facenti parte del patrimonio ereditario e che imprimono al processo un carattere di predeterminazione congenita, e di quelli paratipici, per l'azione dei quali il genotipo si trasforma in fenotipo, e che sono in sostanza rappresentati dai fattori esogeni capaci di agire sull'organismo in via di sviluppo. Fra i fattori idiotipici (endogeni) di cui più evidente è l'azione, si devono ricordare quelli che determinano le differenze di accrescimento esistenti fra i due sessi (differenze che si possono notare già nella vita endouterina), le differenze dovute alla diversità della razza, quelle inerenti alle qualità costituzionali del soggetto (diatesi morbose, eredità distrofica, degenerazione ereditaria, ecc.). Non è ancora bene accertato il modo con cui i fattori idiocinetici agiscono sulla crescita. Sembra molto probabile che - oltre alle attitudini speciali che dopo la fecondazione, attraverso le successive divisioni cellulari, vengono trasmesse dalla cellula-ovo a tutte le altre cellule che ne derivano - si debba ammettere in un secondo tempo l'intervento di meccanismi direttivi del processo di accrescimento, di cui uno importantissimo si potrebbe intravedere nell'encefalo, e un altro nel sistema delle ghiandole endocrine (forse a loro volta comandate dal sistema nervoso vegetativo). Quanto all'importanza dell'encefalo, dobbiamo tener presente che esso, già molto voluminoso alla nascita, raddoppia il proprio peso nel corso del 2° semestre e raggiunge verso i 5 anni il triplicamento del valore neonatale, che poi si manterrà, di poco aumentato, fino all'epoca climaterica (Castaldi); ora, seppure dal valore ponderale di un organo è lecito trarre illazioni circa le sue attività funzionali, si può pensare che la precedenza d'integrazione di questo organo, di fronte a molti altri dell'economia, non sia senza importanza riguardo il modo e il ritmo con cui la crescita si potrà compiere, e l'armonia e l'equilibrio che si stabilirà fra le varie parti e i varî organi. Ma a proposito dell'azione dell'encefalo in tal senso le opinioni sono discordi e anzi molti biologi la negano del tutto: è indubbio per altro che la funzione regolatrice e correlazionatrice delle varie fasi dell'accrescimento può essere esercitata anche dalle ghiandole a secrezione interna, le quali possono modificare l'ambiente umorale del corpo, immettendo in circolo sostanze ad azione specifica, gli ormoni, di cui alcuni agiscono regolando i processi della nutrizione e del ricambio organico, altri agiscono proprio regolando la morfogenesi (ormozoni di Gley). Per ciascun individuo, secondo Pende, esiste una formula speciale endocrina, quindi un raggruppamento funzionale degli ormoni rispetto alla morfogenesi. Ma la funzione delle varie ghiandole non è identica in tutte le fasi della vita, sia per quantità sia per qualità degli ormoni, e si deve ammettere che ogni ghiandola attraversi un ciclo fisiologico in relazione con le varie tappe evolutive del soma. Secondo il Castaldi, che ha studiato con indagini biometriche il comportamento delle ghiandole endocrine nelle varie fasi della vita, nel groviglio delle azioni endocrine sulla crescenza del soma domina ora una ghiandola, ora l'altra, poiché ogni ghiandola endocrina ha un proprio ciclo fisiologico. Ma, accanto a queste azioni principali, esiste in ogni fase un corteo di azioni minori dovute ad azioni plurighiandolari svolgentisi con complicate interrelazioni. Secondo il Pende, si dovrebbe ammettere l'esistenza di due diversi aggruppamenti ghiandolari, funzionalmente sinergici, dei quali uno favorirebbe l'evoluzione ponderale del corpo, l'altro la differenziazione morfologica; e, a seconda che prevale l'uno o l'altro, si dovrebbero verificare al termine della crescita le due ectipie opposte, mentre l'euritmia, l'equilibrio fra i due gruppi porterebbe al tipo medio normale.
Tra i fattori esterni che possono agire sulla crescita sta in prima linea l'alimentazione, la quale dev'essere quantitativamente e qualitativamente appropriata. Per ciò che si riferisce alla qualità dell'alimento, è da tener presente che l'organismo in via di accrescimento abbisogna di un quantitativo maggiore di albumina per poter fabbricare nuovi tessuti. Recentemente si è constatato che anche certi fattori accessorî dell'alimento (vitamine) sono indispensabili per una regolare crescita. Oltre all'alimento, agiscono su di questa i fattori ambientali (anche le condizioni di vita endouterina hanno molta importanza), le condizioni sociali, le abitudini di vita, le stagioni dell'anno, la frequenza della scuola, ecc.
L'esercizio muscolare sotto forma di ginnastica o di sport favorisce l'aumento della massa corporea, dei diametri trasversali, frenando la crescita staturale, la quale invece si compie in modo troppo rapido, o sproporzionato, in soggetti che fanno vita inattiva e sedentaria.
La patologia della crescenza può essere studiata sotto due aspetti, cioè possono essere considerate quelle cause morbose varie che possono alterare o arrestare il processo della crescita, oppure possono essere prese in esame quelle manifestazioni morbose che colpiscono il soggetto in via di sviluppo precisamente per il fatto che esso sta crescendo. Quanto alle prime, sono da ricordare la prematuranza e gracilità congenita che in alcuni soggetti (ma non sempre) portano ad un'alterazione della crescita, le malattie della nutrizione, il rachitismo, la sifilide congenita, la tubercolosi contratta precocemente, le malattie del sistema nervoso centrale, le gravi malattie viscerali, ecc. Ma le malattie che producono più gravi e più tipici disturbi della crescita, sono quelle che colpiscono gli organi endocrini (v. endocrino, sistema). Sembra anzi probabile che alcune, se non tutte le malattie che abbiamo prima rammentate, agiscano non direttamente sulla crescita, bensì indirettamente, cioè attraverso una primaria lesione di organi endocrini; e ciò sia detto specialmente per la sifilide. Le lesioni di alcuni di tali organi portano un nocumento così grave al processo dell'accrescimento, che si produce talora un vero arresto della crescita, quindi un nanismo (per es., per lesioni della tiroide; v. fig. 6). Per contro, una iperplasia di tali organi (per es., della tiroide) può portare ad un accrescimento più vivace e, in definitiva, superiore al normale. Anche l'ipofisi può agire in senso opposto sulla crescita e dar origine a nanismi o gigantismi; le ghiandole genitali, che normalmente segnano col loro sviluppo il termine dell'accrescimento, se vengono lese nella loro funzione precocemente, dànno origine ad una crescita eccessiva, e cioè ad un gigantismo eunucoide. Ma le alterazioni di sviluppo non sempre possono riferirsi a lesioni endocrine bene individuate, e talora non si possono spiegare se non ammettendo un errore evolutivo in tutto l'organismo, errore i cui effetti possono apparire già alla nascita, oppure solo dopo qualche tempo da essa.
Qualunque sia la loro causa, le anomalie e le disarmonie dello accrescimento si manifestano sotto forma di microsomie e macrosomie (nanismi e gigantismi), proporzionate o no, d'infantilismi o puerilismi (arresti di sviluppo a stadî che sono proprî dell'infanzia), di pubertà precoci con macrogenitosomia, di obesità o di magrezze eccessive, di sindromi adiposo-genitali, di ipoevolutismi o ipertrofie unilaterali o parziali, ecc. Frequenti sono le distrofie dell'età pubere, che si manifestano o con eccessivo allungamento o con eccessivo accumulo di adipe: il primo fatto è più facile nei maschi dai 14 ai 17 anni, ed è un' esagerazione della aumentata velocità di crescenza pre-pubere (accrescimento sproporzionato); il secondo fatto è più facile nelle fanciulle dai 15 ai 18 anni, ed è una esagerazione del turgor tertius.
Passando ora al secondo aspetto della patologia della crescita, dobbiamo accennare al fatto di portata generale, che l'organismo in via di sviluppo è soggetto più dell'organismo ormai già formato all'azione delle varie cause morbose, e che esiste, oltre a questa predisposizione morbosa generica, anche una predisposizione specifica, cioè una tendenza a certe determinate malattie. Si origina quindi un quadro patologico comprendente malattie varie, ciascuna delle quali ha fissata la propria data di comparsa in rapporto con una determinata fase dello sviluppo. Si dànno cioè malattie del neonato, malattie del lattante, ecc., malattie tutte che sono proprie di quelle età e che non hanno riscontro nell'età adulta (tipico è il caso del rachitismo, vera e propria malattia dell'organismo in via di crescere). Vi è poi un'epoca della vita nella quale la morbilità si fa particolarmente vivace e i quadri morbosi più caratteristici, e questa è la fase pre-pubere. In questa fase d'intensa e rapida crescita staturale non accompagnata, ma solo seguìta da un corrispettivo aumento di massa (adolescenza), si fanno più stridenti i transitorî contrasti morfologici e le passeggere sproporzioni corporee esterne, mentre i muscoli non seguono il ritmo di accrescimento dello scheletro, quindi apparentemente si assottigliano, e, all'interno, alcuni organi importanti, quali i polmoni e il cuore, restano transitoriamente indietro nello sviluppo e divengono relativamente insufficienti, di fronte al maggior lavoro loro richiesto. Per tali ragioni in questa età sono facili l'affaticamento e l'esaurimento, e si presentano con una certa frequenza alcuni quadri morbosi che interessano sia lo scheletro (deviazioni della colonna vertebrale e degli arti), sia i varî apparati viscerali, sia il campo delle manifestazioni psichiche. Basti ricordare le scoliosi, i valgismi, le anemie, le albuminurie funzionali, le manifestazioni nevrotiche, le forme tubercolari del polmone, ecc.
Ad ovviare a quegl'inconvenienti e a prevenire il manifestarsi di questi stati morbosi, provvede l'igiene dell'accrescimento, nella quale tiene un posto predominante la pratica dell'esercizio fisico. Questo non solo favorisce lo sviluppo dei muscoli e attiva le funzioni respiratorie e circolatorie (ginnastica respiratoria), ma può anche favorire un regolare ritmo dell'accrescimento, frenando gli eccessi di una crescita staturale troppo accelerata, e opponendosi, d'altra parte, ad un troppo precoce attivarsi delle funzioni genitali, che poco giova allo sviluppo generale del corpo. Per essere veramente efficace, però, esso deve essere accuratamente graduato con criterî individuali in modo da rispondere esattamente alle esigenze speciali di ogni singolo soggetto. Molto pure si può fare nel campo psichico per favorire il regolare fiorire della mentalità dei giovani soggetti, studiandola prima nelle sue qualità intrinseche e indirizzandola poi con opportuni criterî pedagogici. Le più gravi deviazioni (somatiche e psichiche), nonché le forme morbose vere e proprie rientrano naturalmente nell'àmbito della medicina curativa, la quale per combattere le anomalie della crescita possiede mezzi di varia natura: cioè mezzi alimentari (in ispecie le vitamine), mezzi ormonici (in particolare la tiroide, la ipofisi, le capsule surrenali), mezzi medicamentosi (attivatori del ricambio), mezzi fisici (cure climatiche, ginnastica medica, massaggio, idroterapia, elioterapia, raggi ultravioletti, ecc.).
Bibl.: Per la bibliografia dell'argomento vastissimo si potranno consultare le seguenti opere: E. Apert, La croissance, Parigi 1921; Baldwin, The physical growth of children from birth to maturity in Univ. of Iowa Studies (1921); C. Castaldi, Accrescimento corporeo e costituzioni dell'uomo, Firenze 1928; Friedenthal, Allgemeine und spezielle Physiologie des Wachstum des Menschen, Berlino 1914; P. Godin, Leggi dell'accrescimento in Archivio per l'antropologia e l'etnografia, XLIII (1913); L. Livi, Antropometria militare, Roma 1896-1905; Mac Auliffe, Développement et croissance, Parigi 1923; A. Marro, La pubertà, Torino 1897; L. Pagliani, Lo sviluppo umano, Biella 1913; N. Pende, Le debolezze di costituzione, Roma 1922; Schlesinger, Das Wachstum des Kindes, Berlino 1926; Stratz, Der Körper des Kindes, Stoccarda 1921.