ACCRESCIMENTO (I, p. 270; App. II, 1, p. 11)
Accrescimento nelle piante. - L'a. si può studiare nelle piante da varî punti di vista, secondo che si prendano in considerazione i suoi aspetti anatomici e morfologici, o fisiologici. Nessun carattere distintivo tra piante e animali è assoluto. Bisogna subito rilevare che la cellula vegetale è avvolta in una membrana rigida che rende più facile esaminarne il comportamento; che, da adulta, è incapace di accrescersi e dividersi; che l'aumento di volume delle singole cellule ha importanza fondamentale per l'accrescimento nella maggior parte delle piante. Il rapido a. delle cellule per assunzione di acqua, vacuolizzazione e distensione è molto diffuso nel regno vegetale, più raro in quello animale.
Come in quello animale, anche nel mondo vegetale si trovano organismi ad a. indefinito o definito, ma in pratica sempre discontinuo. Sono ad a. illimitato le piante perenni in relazione alla presenza del cilindro cambiale e dei meristemi apicali, unici tessuti le cui cellule siano capaci perennemente di moltiplicazione, salvo casi di sdifferenziazione. La precoce differenziazione del meristema apicale è causa, nelle piante ad accrescimento limitato e nelle foglie, di fenomeni di allometria particolarmente evidenti. Ma allometria, cioè a. anisotropo, si ha in tutte le piante - se pure in misura meno spiccata che nella generalità degli animali - sotto il governo di fattori la cui azione varia nel tempo, nello spazio, nell'intensità.
I fenomeni di a. iso- e allometrico, al livello citologico o istologico o in rapporto ai tipi di meristemi e al potere prospettico che dalla loro attività deriva alla pianta, pongono le sedi anatomiche dell'a. vegetale al centro di molti problemi e di acquisizioni che negli ultimi decennî hanno aperto nuove vedute alla comprensione della storia del popolamento vegetale e alla costruzione di una filosofia naturale della morfologia delle piante. Essi lasciano ancora all'indagine, nonostante la copiosità delle ricerche e dei risultati recenti, molte questioni di morfologia casuale a cui sono interessati il botanico, il fisiologo, il biochimico, il genetista, ecc.
La distinzione tra accrescimento e sviluppo è, specialmente nel mondo vegetale, molto disagevole. I due fenomeni non si possono disunire, attesi i costanti e stretti rapporti tra l'uno e l'altro ed il loro interferire con la senescenza. Il ritmo dell'a. è fortemente influenzato dai fattori ambientali, per cui, soprattutto nelle piante, manifesta un andamento ciclico in relazione al periodico variare delle condizioni esterne. L'a., proprio delle fasi giovanili, è generalmente rallentato o arrestato dal raggiungimento dei periodi sessuali e dalla differenziazione delle cellule germinali, come nella fioritura (v. anche fotoperiodismo, in questa App.).
In tutti gli esseri viventi i processi di a., sviluppo e senescenza si manifestano per fatti spesso di per sé intuitivi. Ma nelle piante è più difficile stabilire dove ciascun fenomeno cominci e dove finisca perché l'interferenza di numerosi fattori complica le osservazioni.
È questo un motivo per cui si preferiscono per le esperienze le piante annue, nelle quali è più facile delimitare le fasi del ciclo vitale. Nelle piante perenni si ha la maggiore espressione di un a. a sistema aperto, riservato a gruppi di cellule perennemente embrionali o poco differenziate e a distribuzione ristretta, costituenti i già citati meristemi, i quali aggiungono continuamente nuovi tessuti e nuovi organi a quelli formatisi durante l'embriogenesi, e ciò per tutta la durata della vita individuale. La presenza di meristemi intercalari e, soprattutto, di quelli apicali, che sono la caratteristica della pianta superiore, determina una situazione nuova, che consente l'a. indefinito di organi e rende suscettibili di continuo rinnovamento le parti di una pianta ad ogni ripresa vegetativa dei germogli, ottenendosi così, in pratica, una serie indefinita di ontogenesi ricorrenti, ovvero, secondo Bower, una embriogenia continuata. In relazione a tale comportamento, tipica appare nelle piante l'azione degli organizzatori. Infatti, il meccanismo organizzativo, che nel mondo animale è generalmente tempestivo e in cui da un centro si irradiano organizzatori di grado subordinato che si esauriscono e si bloccano col raggiungimento della maturità dell'individuo, nel mondo vegetale, una volta avviato, funziona ininterrottamente e l'induttore e l'indotto si spostano nello spazio in modo da mantenere costante il reciproco orientamento (Spemann, Messeri).
L'a. procede nelle piante secondo le seguenti tappe; 1) meresi o a. embrionale, in cui è precipuo l'aumento numerico cellulare e l'aumento del protoplasma; 2) auxesi o a. per distensione, caratterizzato da aumento del volume cellulare per distensione delle membrane, assunzione di acqua, vacuolizzazione, ecc. con limitato aumento di protoplasma; 3) a. con differenziazione, in cui le cellule assumono forma, grandezza e struttura proprî della funzione specifica del tessuto a cui appartengono.
Molte considerazioni hanno indotto a considerare il meristema anche a livello di "organo", da annoverare accanto alla radice, al caule ed alla foglia, che da esso si originano e da studiare sia dal punto di vista morfologico sia dal punto di vista fisiologico, coi relativi problemi di organizzazione e funzionamento, sia nel significato filogenetico. I meristemi si possono considerare in relazione alla posizione, all'origine, alla durata della loro attività, alla struttura istologica. Il meristema apicale è oggi considerato recente, rispetto a quello intercalare (Fritsch, Chiarugi). Mentre il meristema intercalare, per la precoce differenziazione della zona terminale, preclude, ad esempio nelle Cormofite cellulari, ogni possibilità di ampia prospettiva di a.; il meristema apicale schiude alle Cormofite vascolari un potere prospettico illimitato, assicurando un a. che sarà arrestato soltanto dalla differenziazione, in alcune zone meristematiche terminali, di cellule germinali (es.: negli sporoteci delle Pteridofite, negli strobili delle Gimnosperme, nei bottoni fiorali delle Angiosperme). Nelle Briofite (Anthocerotales, Bryales, Jungermanniales, Marchanthiales, ecc.) l'a. resta circoscritto dalla differenziazione, già nell'embrione, delle cellule germinali dell'archesporio nella parte terminale e del piede in quella basale. Permane un meristema intercalare, che può allungare basipetamente lo sporotecio (Anthocerotales) oppure produrre la seta (Muschi); nelle Cormofite vascolari l'accrescimento è illimitato nella fase vegetativa, diviene definito dove le gemme differenziano a fiore.
Il meristema ha proprî organizzatori, identificati nel tessuto cribroso per il cambio e nell'epidermide per il fellogeno. A sua volta, esso organizza la pianta, regolandone e conservandone l'individualità; morfologicamente, per esempio, attraverso l'attività cambiale; fisiologicamente, ad esempio, con meccanismi auxinici che assicurano la dominanza della gemma terminale su quelle ascellari, che ne restano inibite (come per es., in molte piante erbacee).
Contrariamente a quanto correntemente si afferma, il meristema è tutt'altro che un tessuto costituito di elementi embrionali indifferenziati. Le cellule meristematiche hanno sovente forma definita e caratteristica nei singoli meristemi, sono più o meno vacuolizzate, contengono talora inclusi diversi, possono avere una membrana più o meno evoluta, ispessita o punteggiata, possono essere suddivise in zone ben precise ed a caratteri proprî. Di conseguenza non è facile stabilire i caratteri morfologici che distinguono le cellule dei meristemi da cellule adulte e bisogna tener conto di una loro citoistologia comparata abbastanza complessa.
A questo proposito, appare applicabile nelle piante la classificazione delle cellule proposta da Cowdry, che distingue: 1) cellule intermitotiche vegetative (es.: cellule embrionali dei meristemi); 2) cellule intermitotiche differenziate (es.: cellule dei tessuti in via di differenziazione, come nella giovane struttura primaria della radice e del caule, nei meristemi internodali, ecc.); 3) cellule postmitotiche differenziate reversibili (es.: cellule suscettibili di sdifferenziazione o non completamente differenziate come quelle dei parenchimi capaci di formare cambio secondario, o tessuto cicatriziale, ecc.); 4) cellule postmitotiche differenziate irreversibili (es.: cellule che si differenziano e funzionano dopo aver perduto il nucleo, come i vasi cribrosi; cellule che funzionano dopo aver esaurito il protoplasma, come le fibre, le trachee, ecc. e che sono di regola, perciò, elementi morti.
Le teorie dell'organizzazione citoistologica dei meristemi - teoria della cellula apicale (Hofmeister, Nägeli, ecc.), teoria degli istogeni (Hanstein), teoria tunica-corpus (Schmidt) - nel tentativo di spiegare in termini generali i più cospicui fatti morfologici dell'a. e della forma delle piante, rivelano una eccessiva generalizzazione, che non permette di spiegare esaurientemente i varî modelli di differenziazione degli organi e dei tessuti della pianta adulta, ed ha richiesto la formulazione di classificazioni più complesse in relazione ai tipi sensibilmente diversi di apici che si trovano nelle piante. La teoria tunica-corpus è stata recentemente confermata da molti autori per le Angiosperme.
Nei germogli caulinari e radicali si distinguono zone di proliferazione (meresi), di allungamento (auxesi) e di differenziazione, a cui corrispondono tipi diversi di accrescimento.
Nella meresi si ha intensa attività mitotica, non uniformemente distribuita nello spazio: più accentuata all'apice dei meristemi terminali e progressivamente decrescente in direzione della loro base. In questo stadio dell'a. domina la sintesi delle proteine, che ha il suo primo motore nella capacità insita nella macromolecola vivente di autoriprodursi secondo il modello inerente alla costituzione specifica di ciascun organismo (v. proteine). Nella costruzione di nuove cellule sono necessarî anche glucidi, sali minerali e sostanze organiche attivatrici, o biocatalizzatori. Si tratta del complesso Bios: mesoinosite, biotina, vit. B1 (o aneurina o tiamina); dell'acido pantotenico; della vit. B2 (o riboflavina); dell'acido p-aminobenzoico; dell'acido ascorbico, ecc. Questi fattori sono sintetizzati dalla pianta verde e, quando manchi un'efficiente apparato sintetizzante, come nei semi, debbono, specialmente il Bios, trovarsi nelle riserve, altrimenti l'embrione, nelle prime fasi dello sviluppo, dipende da apporti esterni o dalla collaborazione di un organismo simbionte. Un intervallo relativamente breve separa la meresi dall'auxesi, la quale segna il graduale passaggio della cellula alla fase adulta. Qui il fatto più evidente è la distensione della membrana. La cellula si accresce per assunzione di acqua e si nota una progressiva vacuolizzazione. In questo stadio diviene preponderante la sintesi e la traslocazione di glucidi, materie prime per l'accrescimento della membrana per intercalamento (intussuscepzione) di nuove micelle. Su questi aspetti dell'accrescimento importanti informazioni sono state raccolte dalle ormai copiose ricerche di struttura submicroscopica.
L'a. per allungamento e distensione della cellula è talora diretto nel senso dell'asse dell'organo (es.: negli elementi conduttori dei parenchimi del caule e della radice), talora è pressoché isodiametrico (es.: parenchimi dei frutti). Di estremo interesse è stabilire le cause e le modalità dell'a. e gli effetti ad esso connessi, quali le curvature di organi dovute ad ineguale accrescimento di parti. Per primo Went (1934) dimostrò esaurientemente che sostanze di crescita sono elaborate dall'apice e sono capaci di stimolare l'allungamento cellulare. Sono da citare in proposito il test Avena (v. figura) e il test Pisum. Applicando lateralmente ad un coleottile di avena decapitato un blocchetto di agar nel quale è stata raccolta per diffusione la sostanza di crescita - detta auxina - prodotta da apici recisi di coleottili, si provoca una curvatura, che dimostra l'effetto della sostanza di crescita sulle cellule sottostanti. Analogamente, tratti di caule di pisello sezionato longitudinalmente si ripiegano verso l'esterno, ponendo in evidenza una curvatura determinata dall'epidermide, le cui cellule restano ritardate nell'accrescimento rispetto a quelle dei tessuti interni. Posti in soluzione di auxina i segmenti di fusto si piegano verso l'interno in conseguenza della ripresa dell'accrescimento dell'epidermide. L'angolo di curvatura permette di valutare la quantità dell'auxina e di farne il dosaggio biologico. La sostanza di crescita presente nelle cellule è stata identificata con l'acido β-indolacetico (IAA), che è stato trovato in molti tessuti ed è l'auxina naturale, derivata dal metabolismo del triptofano (v. fitormoni, in questa App.). Oggi sono noti molti composti indolici, fenossilici, naftalenici e naftossilici con attività auxinica, talora molto superiore a quella dell'IAA. L'IAA può essere preparato anche per sintesi ed è sostanza stabile, lungamente conservabile e di facile applicazione.
Tutte le auxine contengono nella molecola un anello ciclico con un doppio legame, in corrispondenza del quale si inserisce il ramo alifatico della catena laterale, la cui lunghezza agisce sull'attività della sostanza. Posseggono inoltre un gruppo acido −COOH, od un gruppo funzionale sostitutivo; l'attività è minore o nulla nei composti trans (es.: acido cis-cinnamico, attivo; ac. trans-cinnamico, inattivo) e, per le auxine aventi isomeria ottica, nelle forme levogire (es.: acido naftossiisoproprionico, attivo nella forma destrogira, fino a 1000 volte meno attivo in quella levogira). L'attività risulta anche sensibilmente variata dalla modificazione dell'anello ciclico per sostituzione di uno degli −H con −Cl e −CH3 (aumentata) o con −OH o −NO2 (diminuita). L'azione delle auxine è molto varia ed i meccanismi di azione non ancora del tutto chiariti. In generale esse provocano: assunzione di acqua con effetti di auxesi e conseguenti movimenti per accrescimento, soprattutto nelle piante vascolari; stimolo alla differenziazione dello xilema; stimolo alla radicazione; stimolo all'ingrandimento normale o patologico di elementi cellulari per ipertrofia e accrescimento isodiametrico; stimolo alla meresi e alla formazione di iperplasie tumorali; stimolo alla partenocarpia; modificazioni nei processi di correlazione dell'a., come arresto di sviluppo di gemme laterali o risveglio di gemme dormienti; stimolazione dei processi di ricambio, della circolazione protoplasmatica, dell'attività respiratoria, della viscosità del plasma, della sintesi di ATP, del rapporto glutatione ridotto/glutatione ossidato (GSH/GSSG), ecc.
Le auxine sono prodotte in parti diverse della pianta (zona di auxesi, sottostante a quella di proliferazione dell'apice vegetativo; polline; ovuli, dopo la fecondazione, ecc.) la cui localizzazione è essenziale per la ripartizione dell'a. ed i processi di induzione istogenetica.
Il movimento dell'IAA avviene in senso polare e sul trasporto influisce la gravità. Esso è poco diffusibile e ciò spiega la sua forte azione locale, come nel test Avena. Dosi sub-tossiche di auxina possono annullare la polarità. La distribuzione dell'auxina è sensibile alla luce; essa non si accumula verso la parte basale della pianta, ma viene gradualmente distrutta per opera di reazioni enzimatiche ossidative. Alcune sostanze hanno azione sinergica con quella delle auxine (es.: ac. 2-3-5-triiodobenzoico, ac. fenilbutirrico, ecc.), altre, spesso di costituzione chimica simile a quella delle auxine, si comportano come antiauxine, secondo un processo competitivo, che è posto in evidenza anche provocando reciprocbe inibizioni tra auxina e antiauxina. In dosi elevate la stessa auxina diviene inibitrice dell'accrescimento. L'auxina è necessaria per ottenere vere colture, non organotipiche, dai meristemi cambiali, ma inibisce la meresi del meristema radicale. Molto importante anche l'acido gibberellico, la cui attività è oggetto, oggi, di molte ricerche (vedi gibberellina, in questa App.).
Le esperienze sulle proprietà delle auxine hanno aperto la via ad applicazioni pratiche (radicazione di talee, conservazione di tuberi per inibizione dell'accrescimento di gemme dormienti, controllo della fioritura, ecc.).
Molte ricerche fisiologiche tendono a chiarire l'azione delle auxine nel senso di ottenere risposte regolari in rapporto all'influenza delle condizioni esterne e del substrato. A ciò è legata anche l'interpretazione dei fenomeni di correlazione, come quelli della dominanza della gemma apicale su quelle ascellari, dell'influenza della pianta madre e del polline sull'a. dell'ovario, degli ovuli sulla formazione del frutto, dei rapporti tra impollinazione, fecondazione e appassimento della corolla, ecc.
Negli ultimi anni importanti contributi allo sviluppo delle conoscenze sull'a. sono state date, oltre che dai moderni metodi biochimici, dalla tecnica della coltura dei tessuti in vitro (sviluppata, dopo il 1939, dal Gautheret) e da quelle per il controllo e la regolazione dell'a. La coltura di tessuti ha fornito molti dati sia sui fenomeni di morfogenesi che presentano i tessuti in vitro (modificazioni della morfologia esterna durante la proliferazione, manifestazioni di istogenesi, fenomeni di polarità vegetale, ecc.) sia sulla fisiologia della cellula, in particolare sui suoi bisogni nutritivi (fabbisogno di sostanze organiche carbonate, di minerali, di regolatori dell'accrescimento, di auxine, di vitamine, di derivati di acidi nucleici, ecc.) e sul suo metabolismo. Sono da citare, a questo proposito, i contributi della scuola italiana di Tonzig, Marrè e colleghi per le ricerche sulla fisiologia dell'acido ascorbico e dei rapporti di esso con l'auxina, il glutatione, il metabolismo energetico ed ossidativo e la crescita.
Le esperienze sull'a. in ambienti a condizioni controllate hanno permesso di seguire molte particolarità del comportamento della pianta intera e le sue reazioni alle variazioni dei fattori edafici ed ambientali; le stesse esperienze condotte a livello citologico, su parti di piante, hanno dimostrato che bisogna scendere ancora al livello delle unità subcellulari fino alle singole macromolecole di autosintesi per cercare di analizzare il fenomeno di crescita e di differenziazione nelle sue tappe metaboliche, toccando, nel cuore della vita della cellula, sistemi e meccanismi la cui funzione è ancora largamente inesplorata.
Bibl.: E. Sinnot, Plant morphogenesis, New York 1960; G. Levi, G. Negri, A. Chiarugi, Accrescimento degli organismi, in "Problemi attuali e cultura", n. 28, Roma, Acc. Lincei, 1952; E. V. Cowdry, Problems of ageing, Baltimora 1942; F. O. Bower, Size and forms in land plants, Londra 1930; A. Messeri, in Nuovo Giornale Bot. Ital., LVI (1949); F. E. Fritsch, in Ann. of Bot., VII (1943), p. 63; G. Levi, Accrescimento e senescenza, Firenze 1946; F. W. Went, The experimental control of plant growth, Waltham 1957; R. J. Gautheret, La culture des tissus végétaux, Parigi 1959; S. Tonzig, in Nuovo Giornale Bot. Ital., LVII (1950), p. 468; E. Marrè, in Nuovo Giornale Bot. Ital., LXVI (1959); J. Bonner e A. W. Galston, Principles of plant physiology, San Francisco 1952.