ACERRA (A. T., 27-28-29)
Comune della provincia di Napoli, fino al 1927 della provincia di Caserta. Conta 18.200 ab. (1921) e occupa una superficie di kmq. 54,07 in territorio feracissimo, attraversato dalla rete dei Regi Lagni e da altri canali secondarî di scolo, che alimentano molte vasche per la macerazione della canapa. Il clima, pertanto, è umido. Produce soprattutto patate e fagioli, che anche si esportano all'estero, granturco e canapa. Il centro capoluogo (16.248 ab.), sede vescovile, è vicinissimo a Napoli (13 km.) ed è situato a 27 m. s. m. Vi passa la ferrovia Napoli-Cancello-Roma. Possiede alcuni notevoli edifici, quali il duomo, ricostruito nel sec. XIX, e la chiesa dell'Annunziata, con una tavola dell'Annunciazione del sec. XIV. In località Bosco di Acerra si trovano dei resti (torre in muratura e massi di opus reticulatum) dell'antica città di Suessola, distrutta nel sec. IX; in localid Bosco di Calabricito si conservano resti di un'antica necropoli.
Storia. - Acerrae, se è forse una delle città più antiche della Campania, è certo ancora una delle meno note per la sua topografia e per i suoi monumenti. L'omonimia con altra città della valle padana e con un'altra Acerra del paese degli Umbri, fece pensare ad una probabile origine etrusca od umbro-italica, ma tale ipotesi non trova fino ad ora alcun conforto né nella tradizione storiografica né nei resti monumentali. Singolare è peraltro la notizia di Strabone (V, 4, 8) stando alla quale Acerra, insieme con Nola e Nocera, avrebbe fatto capo per il suo commercio a Pompei presso la foce del Sarno, anziché al più vicino e più sicuro porto di Napoli: più che al periodo della colonizzazione greca, questa notizia va forse meglio riferita al primo periodo della dominazione sannitica, quando i Sanniti doverono tentare di sottrarsi alla egemonia marittima di Napoli. Nel 332 a. C., Acerra riceve da Roma la civitas sine suffragio; nella seconda guerra punica, rimasta fedele a Roma, fu messa a ferro e fuoco da Annibale; durante la guerra sociale, nel 90 a. C., vide sotto le sue mura la grave disfatta dell'esercito italico condotto da Papio Mutilo: trovasi infine annoverata fra le colonie di fondazione augustea, ma la testimonianza del Liber coloniarum è stata messa in dubbio (Mommsen, Corpus Inscr. Latin., X, p. 362), e d'altro canto l'estrema scarsezza dei testi epigrafici non ci dice nulla di sicuro sulla sua costituzione interna nel periodo imperiale. Nella ripartizione augustea trovasi assegnata alla regione I (Latium et Campania) ed alla tribù Falerna.
Nelle iscrizioni (Corp. Inscr. Latin., X, 3757, 3759) è ricordato il culto di Ercole e quello egizio di Iside ed Osiride.
Il fiume Clanis che attraversa il suo fertile territorio ricco di messi, ristagnando ed impaludando presso la città, fu, con la malaria, la causa principale del rapido decadimento dell'antica Acerrae: già fin dal tempo di Virgilio la città appariva spopolata (Georg., II, v. 225: vacuis......Acerris) e le pochissime iscrizioni del sec. III d. C. e gli scarsissimi avanzi monumentali stanno ad attestare che la vita imperiale della campana Acerrae non fu pari a quella del periodo greco ed italico.
Meno nota è la storia medievale. Acerra appartenne al ducato di Napoli fino ai tempi del console e duca Bono (826?), quando, per breve tempo, i Longobardi se ne impadronirono. Passò poi di nuovo a Napoli, ma subì spesso in quel secolo devastazioni e saccheggi dai Longobardi. La prima notizia dei suoi vescovi e della sua diocesi rimonta alla seconda metà del sec. XI; e probabilmente essi sono in rapporto con la creazione della contea normanna, governata prima dai de Argentiis, poi dai de Acerris, infine dai de Medania. I suoi conti parteciparono attivamente alle vicende politiche di quel periodo. La contea sopravvisse alla conquista di Ruggero II e si mantenne fedele ai re di Sicilia. Dopo un breve periodo di dominazione del tedesco Diopoldo (1192-1218), Acerra passò in feudo ai conti di Aquino, i quali la possedettero fino agli ultimi anni del sec. XIII. Cadde, quindi, sotto la diretta signoria degli Angioini, che la concessero ora a membri della propria famiglia, ora ad altri nobili del Regno. Per la sua fedeltà alla casa ed al partito angioino, soffrì l'assedio di Alfonso d'Aragona (1421), che tuttavia non riuscì ad espugnarla, per la strenua difesa fattane dal capitano Santo Parente, stipendiato dallo Sforza. Risalgono a quel tempo le Consuetudini acerrane, notevoli per le norme relative ai rapporti collettivi fra i cittadini e i feudatarî locali. Nel 1480, sospettata di complicità nella congiura dei Baroni e cinta d'assedio da re Ferdinando I, Acerra fu costretta a capitolare e ad arrendersi alle truppe regie. Verso gli ultimi anni del sec. XV, fu venduta come feudo da Federico d'Aragona a Ferdinando de Cardenas, alla cui famiglia restò fino al 1806.
La città risorse in epoca moderna con la bonifica del Clanis (Regi Lagni) effettuata sotto Filippo III dal vicere conte di Lemos.
Bibl.: Chr. Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., I, col. 154; E. De Ruggiero, Dizion. epigr., s. v.; J. Beloch, Campanien, 2ª ed., Breslavia 1890, p. 382; E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, I, Milano - Roma 1924, p. 380 seg.; L. Giustiniano, Dizionario geogr. ragionato del Regno di Napoli, I, Napoli 1797, pp. 35-45; A. Giordano, Cenno sullo stato antico e moderno di Acerra, Napoli 1838; G. Caporale, Dell'aria, dell'acqua e di alcuni monumenti acerrani, Napoli 1856; id., Memorie storico-diplomatiche della città di Acerra e dei conti che la tennero in feudo, Napoli 1889-90; id., Ricerche archeologiche, topografiche e biografiche della diocesi di Acerra, Napoli 1892-93.