ACETO CATTANI, Giovanni Pietro
Figlio maggiore di Giovanni, erede del titolo comitale, nacque, probabilmente intorno al 1810, a Palermo. Nell'agosto 1823 seguì il padre, compromesso nei fatti del 1820, nell'esilio a Parigi. Nel 1829 entrò alunno al Politecnico. Nei giorni 27, 28 e 29 luglio 1830 prese parte alla rivoluzione parigina; ferito alla gamba destra, venne citato nell'ordine del giorno e decorato dal generale Lafayette. In quello stesso anno, entrato in contatto con A. Poerio e L. Naselli Flores ed eletto segretario della Società patriottica unitaria italiana di Parigi, partecipò al progetto di spedizione in Calabria del generale Guglielmo Pepe, per cui, insieme con il Naselli, fu proscritto dal Regno delle Due Sicilie.
Per queste vicende egli potrebbe forse essere identificato con l'Aceto (cfr. A. Saitta, Filippo Buonarroti, I, Roma 1950, p. 188; II, ibid. 1951, p. 198), che fece parte della deputazione della Società patriottica italiana che, fra il marzo e il luglio del 1831, tentò invano di far recedere F. Buonarroti e P. Mirri dalle dimissioni dal "Direttorio liberatore". L'identificazione è, però, molto dubbia.
Nominato intanto sottotenente di fanteria nell'esercito francese, l'A. fu, nel 1831, inviato in Africa; rimastovi fino al 1835, partecipò alle campagne per la conquista dell'Algeria, fu decorato della Legion d'Onore e, nel 1834, promosso tenente. Nel 1835, inviato in Spagna con la divisione ausiliaria francese, fece le campagne del 1835, 1836 e 1837, fu decorato dell'Ordine di Isabella, promosso capitano e ancora decorato dell'Ordine di San Ferdinando. Nel 1838, sposatosi, avendo ereditato tutti i beni dello zio Pietro, si dimise dal servizio, ma non gli fu consentito dal governo borbonico di rimpatriare, per cui affidò l'amministrazione della fortuna ereditata al fratello Pietro Errigo. Poté sistemare i suoi affari quando finalmente, nel 1857, rientrò in Sicilia, ottenendo giustizia anche dai tribunali contro il fratello accusato di avere dilapidato parte dei suoi beni.
Il 22 nov. del 1859, valendosi dell'amicizia stretta in Francia con Napoleone III, indirizzò all'imperatore una lettera per interessarlo alla sorte dei detenuti politici (cfr. Appendice della Stampa autobiografica, cit. in bibl.).
Nel maggio 1860 prese parte alla rivoluzione palermitana quale presidente del comitato di guerra, mentre i suoi due figli, di cui il minore ebbe anche il grado di sottotenente di artiglieria, cooperarono con i Mille alla liberazione dell'isola. Non avendo poi ottenuto il collocamento cui aspirava, per non stare "inoperoso" in un ufficio del ministero della Guerra del governo dittatoriale, né avendo avuta concessa la direzione delle poste in Sicilia, da lui chiesta perché sempre tenuta dai suoi antenati, l'A. si ritirò a vita privata, non senza avere prima vanamente rivendicato le sue benemerenze patriottiche nella Stampa autobiografica.
Non si conosce la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: Biblioteca comunale di Palermo, Fondo M. Amari, F. 1. n. 24: Stampa autobiografica redatta da G. P. Aceto per appoggiare la sua richiesta d'impiego nel luglio 1860; Arch. d. Società Napol. di Storia Patria, Carte d'Ayala, sub voce; U. De Maria, La Sicilia nel Risorgimento italiano [opera stampata parzialmente, fuori commercio], pp. 151-152.