ACHAIA (᾿Αχαία)
Col nome di A. i Romani designarono i paesi che avevano opposto l'ultima resistenza attorno al golfo di Corinto, e quelli più a mezzogiorno, la cui occupazione fu facile ai Romani dopo la fine della guerra acaica. I presupposti della riduzione della Grecia meridionale e di gran parte dell'insulare sotto un governo provinciale autonomo si hanno nel 146 a. C., quando quelle regioni furono definitivamente assoggettate ai Romani, dopo la sconfitta della lega achea. Riunita alla Macedonia, l'A. divenne provincia autonoma solo nel 27 a. C., con Augusto, che ne affidò il governo a un magistrato di rango pretorio, dipendente dal senato.
Appartennero alla provincia di A., oltre ai paesi attorno al golfo di Corinto, tutto il Peloponneso e le isole tra questo e Creta (Cithera) nonché le Cicladi, l'Attica, la Beozia e l'Eubea: sicché l'economia della provincia si accentrava sull' Istmo, dove fu la capitale, Corinto, e si sviluppava nell'orizzonte tradizionale dell'Arcipelago tra l'Argolide, Milo, Paro, Nasso e Atene. Solamente nel riordinamento dioclezianeo gran parte dell'Arcipelago fu staccato dall'A. e costituì la provincia Insularum, mentre l'A. stessa, inclusa nella diocesi macedonica, conservava sino al VI sec. singolari prerogative nella persona del suo governatore, che spesso era un proconsole. I confini dell'A. sono piuttosto incerti a settentrione, almeno sino all'età di Antonino Pio, perché perdurano gravi dubbi sul momento della costituzione della provincia dell'Epiro, avvenuta forse con Traiano, che tolse all'A. pure l'Acarnania e le isole Ionie. Altrettanto incerto il periodo nel quale la Tessaglia fu unita all'A., se mai questo avvenne. A partire dalla metà del II sec. i confini settentrionali dell'A. sono certamente stabiliti all'Acheloo, verso occidente, e sui monti tra l'Etolia e il golfo Maliaco, sulla catena dell'Oeta.
Nessuna grande via di comunicazione terrestre attraversava l'A., poiché essa era fuori dall'asse delle grandi strade ed era invece al centro di un vitale sistema di rotte marittime, che facevano capo al Pireo, ai porti delle Cicladi, e agli approdi sull'Istmo, di cui Nerone imprese il taglio. Tuttavia, partendo dalla via Egnazia, una strada scendeva lungo la costa epirota sino a seguire il bordo settentrionale del golfo e si congiungeva a Platea con un'altra proveniente da Tessalonica e dalla Tessaglia, attraverso il valico delle Termopili. Da Platea, al centro di una fitta rete di strade minori per l'Attica e la Beozia, la via si dirigeva su Atene. Da Atene, una strada, per Eleusi e Megara, si dirigeva su Corinto e proseguiva per Patrasso, Elide e Olimpia. Le valli dell'Inaco, dell'Eurota e del Parmiso erano percorse da strade minori che si incrociavano nei nodi di Argo e di Megalopoli e che collegavano le lingue meridionali del Peloponneso con le vallate dell'Alfeo e del Peneo e con il golfo di Corinto.
Non si può parlare di un vero e proprio piano di urbanizzazione e di colonizzazione romana in Grecia: tuttavia si distinguono agevolmente una fase cesariana, cui risalgono le colonizzazioni di Corinto e di Dyme (Pompeo), e una augustea, con le colonie di Patrasso e ancora di Dyme, nonché di Azio e Nicopoli, che in quel periodo appartenevano certamente all'A., e di Buthrotum, che pure forse vi appartenne. Nelle età di Tiberio e Caligola l'A. perse l'autonomia provinciale e fu aggregata alla Macedonia; reintegrata la provincia con Claudio, una notevole fioritura si ebbe con Nerone che nel 67 compì il gesto spettacolare di restituire ai Greci la libertà e la esenzione dai tributi, privilegi di dubbia consistenza, comunque abrogati poi da Vespasiano. L'ultima e più fiorente fase della urbanizzazione si ebbe con Adriano, e ne beneficiò soprattutto Atene. La condizione politica in cui erano tenute le diverse città nei rapporti con Roma, influì certamente sulla prosperità civile. Ovunque rette con costituzione timocratica, in qualche caso con istituzioni di tipo romano, più spesso conservando le magistrature tradizionali, più floride erano le città libere, tra cui la stessa Atene, e Sicione, Delfi e Tespie. I centri di convegno nazionale dei Greci, i santuari e gli stadî, mantennero il loro ruolo, e tra essi primeggiarono quelli dell'Istmo. Vi si aggiunsero Azio e Nicopoli, ove Augusto istituì giochi celebrativi, e l'anfizionia panellenica di Atene, di fondazione adrianea.
Bibl: G.-F. Hertzberg, Die Geschichte Griechelands unter der Herrschaft der Römer, 3 voll., Halle 1866-75; Th. Mahaffy, The Greek World under Roman Sway, Londra 1890; W. Miller, The Romans in Greece, in Westminster Review, XIII, 1903, pp. 186-210; L. Friedländer, Griechenland unter den Römern, in Deutsche Rundschau, C, 1899, pp. 251-274 e 402-430; G. Cardinali, Sulla condizione tributaria della Grecia dopo la conquista romana, in Studi stor. per l'ant. classica, III, 1910, pp. 31-53; V. Costanzi, La condizione giuridica della Grecia dopo la distruzione di Corinto nel 146 a. Cr., in Riv. di Filologia, XLV, 1917, pp. 402-423; E. Groag, Die römischen Reichsbeamten von Achaia bis auf Diokletian, Vienna e Lipsia 1939; S. Accame, Il dominio romano in Grecia dalla guerra acaica ad Augusto, Roma 1946; E. Groag, Die Reichsbeamten von Achaia in spätrömischer Zeit, Budapest 1946.
(G. C. Susini)
La personificazione simbolica di Achaia, intesa come "tutta la Grecia", ha inizio intorno alla metà del V sec. a. C. (v. Hellas), ma soltanto nel periodo ellenistico si precisa su un conio di bronzo della lega achea: sul rovescio di questo una figura femminile seduta tiene una ghirlanda ed un lungo scettro, ed indossa un chitone, un himàtion, e porta la corona. Questa raffigurazione si riferisce non a tutta la Grecia ma a quella parte di essa che cadde sotto il dominio romano.
Nelle monete adrianee (Adriano visitò l'A. tra il 124-125 ed il 128-129, Spart., Vita, 13, 1) appare coperta con un ampio chitone ed un himàtion, inginocchiata davanti all'imperatore; tra essa ed Adriano è un vaso di forma panatenaica dalla cui bocca emerge un gran ramo di palma, simbolo dell'attenzione data da Adriano ai giuochi ginnici durante il suo soggiorno ateniese (Dion., lxix, 16, 2: ᾿Αγῶνα ἐπ᾿ αὐτῷ τῷ Πανελληνίῳ κατεστήσατο; Spart., Vita, 13, 1: pro agonotheta resedit).
Bibl: Moneta della lega achea: J. Toynbee, The hadrianic School, Cambridge 1934, p. 26, tav. X, n. 2; monete adrianee: Mattingly-Sydenham, The Roman Imperial Coinage, II, Londra 1926, p. 377, n. 321; p. 463, nn. 938, 939.
(L. Rocchetti)