ACHERONTE ('Αχέρων, Achĕron e, nel lat. arcaico, Acheruns, con forma attestante la derivazione dal greco attraverso l'etrusco secondo G. Pasquali, in Studi etruschi, I, Firenze 1927, p. 291 seguenti)
Nome antico di molti fiumì della Grecia, tra cui principalmente noto quello della Tesprotide, nell'Epiro, oggi detto Makropotamos, che dopo un selvaggio corso montano divien sotterraneo, e ricompare alla luce a non molta distanza dal mare, formando la palude Acherusiade. Altri analoghi fiumi o paludi portavano lo stesso nome in Trifilia (Strabone, VIII, 344), nel Bruzio presso Pandosia (id., VI, 256), e presso Cuma, dove ebbe luogo un celebre oracolo, come già presso l'Acheronte di Tesprozia. Infatti il carattere orrido di quest'ultimo, unito al mistero del suo corso sotterraneo e alle esalazioni malsane della palude terminale, furono verosimilmente la causa del formarsi della credenza che ivi, come negli altri luoghi consimili, si trovasse un ingresso al mondo degl'inferi. L'Acheronte divenne così il principale dei quattro fiumi dell'Ade: se nell'Iliade esso non è ancora nominato (per quanto ibid., XXIII, 73, sembri al Rohde che già vi si alluda), l'Odissea (X, 513) lo ricorda per la prima volta esplicitamente come la corrente infernale in cui sboccano il Piriflegetonte e il Cocito, che deriva a sua volta dallo Stige. Le anime dei morti dovevano oltrepassarlo, o a nuoto o per mezzo di un traghetto, e lo potevano soltanto se i loro corpi fossero stati sepolti.
Nella caratteristica raffigurazione dell'oltretomba che Platone dà nell'ultima parte del Fedone (v. specialmente cap. LXI seg.) le anime che debbono purificarsi delle loro colpe, vi attendono sulla riva della palude Acherusiade, mentre quelle macchiate di peccati inespiabili vengono senz'altro precipitate nel Tartaro. Personificato, Acheronte fu immaginato come abitante nell'Ade e sposo di Gorgira o di Orfne, o come re mitico di Eraclea sul Ponto e padre di Dardanide, amata da Eracle, il quale sarebbe penetrato nell'Ade per la caverna esistente in quella località, nel promontorio pure detto Acherusio; o anche come figlio di Demetra, cacciato nel mondo degl'inferi per aver dato da bere ai Titani lottanti contro Zeus. Più tardi, e specialmente nel mondo latino, il nome di A. valse a indicare in generale il regno dell'oltretomba.
Bibl.: H. W. Stoll, Acheron, in Roscher, Ausfürliches Lexikon d. griechischen u. röm. Mythologie, I, Lipsia 1884; G. Wentzel, Acheron, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss, I, col. 217 segg.; entrambi riferenti anche ampiamente circa le fonti antiche. Cfr. inoltre: E. Rohde, Psyche, 9ª e 10ª ed., Tubinga 1925, pp. 54 e 214.